The Wave

Dopo aver parlato di mostri giganti, passiamo a un altro genere cinematografico che mi ha sempre incuriosito: il genere catastrofico. Incuriosito, sì, ma non sono mai stato un grande fan di questa tipologia di film. La maggior parte delle volte in cui incappavo in questo genere era sempre una delusione: milioni spesi in effetti speciali che molte volte non sono neanche così curati, personaggi che sono stereotopi di stereotopi e una sceneggiatura imbarazzante oltre ogni dire.
Fortunatamente non è sempre così, ci sono film che sono riusciti a prendere questo genere e a raccontare sotrie molto umane come ad esempio il bellissimo These Final Hours. In quest’ultimo caso però la componente catastrofica era utilizzata per narrare questioni umane ed era messa in secondo piano.
Cercando in giro giro volevo trovare una pellicola catastrofica che potesse essere bella avendo come tema principale la catastrofe (che fosse naturale o meno) e alla fine ho trovato questo The Wave (Bølgen), pellicola del 2015, diretto da Roar Uthaug.
Si è dimostrato un ottimo film? Scopriamolo insieme.

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Trama:
Il geologo Kristian Eikjord (Kristoffer Joner) si sta preparando per trasferirsi nella città di Stavanger con sua moglie Idun (Ane Dahl Torp) e i suoi figli Sandre (Jonas Hoff Oftebro) e Julia (Edith Haagenrud-Sande). Passa la sua ultima giornata a fare le valigie e a salutare i suoi colleghi che monitorano costantemente l’Åkerneset che si trova nei pressi della cittadina di Geiranger e il cui crollo è un potenziale pericolo. Durante la festa d’addio i sensori di controllo indicano una diminuzione del livello dell’acqua, Kristian si preoccupa ma viene subito tranquillizato dai suoi amici. Purtroppo questo dettaglio sarà il primo passo verso la catastrofe.

Il film parte con dei documentari che monstrano eventi catastrofici avvenuti in Norvegia dove grandi frane cadute nei laghi causarono enormi tsunami e un gran numero di vittime. Informandomi meglio dopo la visione di The Wave, ho scoperto molte cose interessanti riguardanti questi rischi e ho scoperto anche che quello mostrato nel film è una catastrofe che potrebbe realmente accadere alla cittadina di Geiranger.

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Parlando del film dopo i documentari ci viene mostrato il protagonista, Kristian, la sua famiglia e la sua attuale situazione. Si affronta la tematica del trasferimento e tutto ciò che ne comporta e quello che si presenta davanti ai nostri occhi è il ritratto di una famiglia comune che affronta problemi e situazioni che possono capitare a tutti. Facciamo la conoscenza anche dei loro amici e in special modo dei colleghi di lavoro di Kiristian.
E’ un inizio molto tranquillo ma le cose cambiano quando notano una diminuzione dell’acqua. Da quel momento in poi il protagonista avrà un brutto presentimento e, raccogliendo informazioni inizierà a formulare una teoria sul vero motivo per cui l’acqua diminuisce e cosa porterà ciò: una frana e quindi allo tsunami. E qui arriviamo a un momento che detesto in molti film catastrofici: colui che scopre l’evento futuro condivide le informazioni con gli altri e nessuno gli crede. Questa è una cosa che succede spesso e di solito il protagonista appare come un pazzo furioso mentre gli altri come degli irresponsabili nullafacenti. Qui invece non ma così, anzi, assistiamo a un po’ di buona sceneggiatura. L’idea di uno tsunami spaventa a morte Kristian e ovviamente va su di giri e inizia ad andare nel panico. I suoi colleghi invece cercano di calmarlo e gli spiegano perché non possono dare l’allarme con così pochi dati e uno dei motivi più importanti è che, se danno l’allarme e non succede niente, quando poi accadrà veramente nessuno darà retta al segnale. Comunque non se ne stanno con le mani in mano e fanno i controlli che devono. A descriverli sembrano dettagli piccoli e ovvi ma in tanti film catastrofici ho visto una superficialità imbarazzante in queste situazioni e quindi fa piacere vedere che in questa produzione si siano impegnati anche in questi campi e non solo negli effetti speciali.

Ed ecco uno dei lati postivi della pellicola. Il film è scritto molto bene a partire dai personaggi. Come ho detto il protagonista e la sua famiglia sono persone normali e la stessa cosa vale per tutti i personaggi secondari. Si ha la sensazione di aver a che fare con prsone di tutti i giorni, persone che puoi incontrare in qualsiasi momento e con cui ci si può anche immedesimare. Non ci sono personaggi sopra le righe o strane, sono persone comuni ma è in ciò che risiede la forza del film e le azioni che compiono sono comprensibili e mai insensate o fuori contesto. Sono azioni normali che tutti compiono, molto umane e soprattutto azioni che possiamo capire o fare se ci troviamo in determinate circostanze.

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Il film è diviso in due parti: tutta la prima parte riguarda ciò che succede prima della catastrofe, la seconda invece dalla catastrofe in poi.
Nella prima metà il film tende a presentarci i personaggi, le loro relazioni e il luogo circostante e fa bene a prendersi del tempo. L’unico difetto che presenta è che forse si prende un po’ troppo tempo. Si potevano benissimo tagliare dieci minuti buoni dato che in qualche punto qui il film rallenta e che certe tematiche sono riuscite a spiegarle molto bene e non c’era bisogno di ripeterle.
Nella seconda metà assistiamo alla tragedia e qui vediamo anche un ottimo utilizzo della CGI per ricreare lo tsunami. Questo sarà uno dei pochi momenti in cui sarà presente il digitale, per il resto si cercherà sempre di utilizzare effetti artigianali. E qui il regista riesce a fare una cosa che pochi film catastrofici riescono a fare: darti la sensazione di aver assistito veramente a una tragedia e farti empatizzare con i vari personaggi. La cosa peggiore che può accadere in questi casi è rimanere indifferenti davanti alla morte di tantissime persone. Qui non succede, si sente la tensione che sale quando lo tsunami si avvicina sempre di più e ci si preoccupa non solo per i protagonisti ma anche per le persone che li circondano.

Quando lo tsunami termina e assistiamo alla distruzione che ha causato, risuciamo ad avvertire il senso di desolazione e smarrimento del protaognista e anche questo è un punto a favore del film. Riuscire a empatizzare in queste pellicole è veramente difficile ma qui ci sono risuciti così come è successo nell’ottimo The Impossible.
Nell’ultima parte del film chiunque sia rimasto rinchiuso negli edifici dovrà trovare un modo per sopravvivere e in questo caso sarà una sfida contro il tempo visto che, anche se lo tsunami è finito, i danni continuano a peggiorare.

Da sottolineare anche come il film utilizzi molto bene la bellezza della zona facendo vari campi lunghi e riprese in elicottero, oltre che fare riprese magnifiche quando il sole è basso. Sono davvero dei luoghi stupendi che lasciano a bocca aperta per la loro bellezza.

Un’ultima cosa che vorrei aggiungere prima di chiudere è che il film è costato veramente poco, 6 milioni di dollari (poco se contiamo anche le piccole produzioni americane ma un costo non indifferente per la Norvegia). Eppure con quei pochi soldi hanno messo in scena un’ottima pellicola catastrofica in grado di mostrare molto bene una possibile catastrofe naturale, con una sceneggiatura molto buona e degli attori all’altezza. Non è un film perfetto, qualche cosa nella prima parte poteva essere resa meglio e anche in questo caso si cade in uno o due cliché. Se siete interessati, vi consiglio di dargli un’opportunità.

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Inoltre so che hanno fatto il seguito, The Quake, che ancora non ho visto ma che sono curioso di visionare (anche se con un po’ di timore).

Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

13 pensieri riguardo “The Wave

  1. Il genere catastrofista, anche quando è accompagnato da un budget miliardario e strepitosi effetti speciali, non è proprio nelle mie corde ed in genere rifuggo questi film: dopo una serie di visioni, fatte in gioventù, di aluni titoli classici del genere, tra disastri aerei, terremoti ed incendi pazzeschi, ho finito con il tempo di non vederli nemmeno quando venivano offerti in un passaggio televisivo gratuito… Insomma, per me guardare quelle pellicole era davvero tempo perso, da impiegare meglio in altre visioni o nella lettura o anche solo per fare una passeggiata…

    Tuttavia la tua recensione mi aveva molto incuriosito: sei un blogger molto partecipe di quello che vedi ed in genere parli solo di ciò che ti ha davvero colpito e così, quando ho scoperto che il film veniva dato in libera visione a tutti gli abbonati Sky (quale io sono da tempo immemore), mi sono accomodato in poltrfona e me lo sono guardato l’altra sera ed ora posso finalmente dirti GRAZIE!

    Il film è come prima cosa scritto davvero bene e questo è già una cosa sorpredente, in più la regia è straordinariamente attenta a non travalicare mai il limite della verosimiglianza, evitando le noiose e ripetitive spacconate all’americana, quindi ne consegue che anche il ritmo è godibilissimo (a differenza del molto più brutto Tomb Raider realizzato tre anni dopo dallo stesso Uthaug, ma là era solo un direttore del traffico, in un film deciso a tavolino da altri).

    Mi piace quando regali a noi lettori queste utilisisme segnalazioni, amico!

    1. Sono molto contento! Purtroppo capisco molto bene il tuo pensiero per quanto riguarda i film catastrofici. Molte volte sono film rumorosi che non dicono nulla e di cui ci si dimentica subito dopo. È difficile vedere in giro film catastrofici fatti bene ma The Wave mostra ciò che bisogna fare per creare un buon film di questo tipo: personaggi principali e secondari realistici e scritti bene, un buon ritmo e soprattutto creare un buon pathos.
      Sono contento di averti fatto conoscere questa pellicola.

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