Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo abbiamo deciso di parlare di un film horror francese con una storia vista molte volte ma inserito in un contesto interessante ossia La casa in fondo al lago. La storia parla di una coppia che riprende luoghi presumibilmente infestati e li postano in rete. Si dirigono un giorno nel sud-est della Francia, sperando di trovare un luogo stregato sotto il lago, ma scoprono che quella località è molto conosciuta e un’ottima meta turistica. Sembrano lasciar perdere, almeno fino a quando un abitante della zona non mostra ai due una casa sommersa oltre la foresta. La coppia si immerge per visitare l’edificio, ma scoprono che è effettivamente infestato dai precedenti proprietari, proprietari che praticavano riti orrendi.
Adoro le pellicole ambientate negli abissi o che comunque hanno come ambientazione mari o laghi e non potevo farmi sfuggire questa. La storia è qualcosa vista milioni di volte in un horror, una casa infestata piena di presenze malefiche. Il punto è che il tutto è ambientato sotto il lago e qui la cose cambiano parecchio. Ho trovato interessante anche il modo in cui è stato diretto, in parte con una regia classica e in parte come un mockumentary, attraverso varie telecamere che avranno addosso i protagonisti e perfino un drone. Il tutto riesce a essere comprensibile in un ambiente davvero molto complesso da gestire e con una costruzione della tensione intelligente, una tensione che cresce lentamente e in maniera continua fino alla parte finale in cui tutto esploderà. Un film non perfetto, ma davvero valido e ottimo a livello tecnico di cui consiglio la visione.
Tornando all’articolo attuale, ho deciso di tornare a parlare di uno dei miei registi preferiti in assoluto ossia John Carpenter. L’ultima volta ci eravamo lasciati con Il seme della follia, una delle sue opere più belle a mio avviso e che riesce sempre a stupirmi. Lui è sempre stato un regista incredibile e lo ha dimostrato fin dagli inizi e così ho deciso di portare il suo secondo lungometraggio.
Ecco a voi Distretto 13 – Le Brigate della morte (Assault on Precinct 13), pellicola azione e thriller del 1976 scritta e diretta da John Carpenter.
Trama:
Siamo a Los Angeles, nel ghetto di Anderson. In questa zona ci sono violenti scontri tra la polizia e le gang locali. Un giorno la polizia fa fuori numerosi membri di una gang e alcuni capi giurano di vendicarsi su di loro. Qui conosciamo Ethan Bishop (Austin Stoker), tenente di polizia da poco tempo, che dovrà supervisionare il trasloco del tredicesimo distretto. Il luogo infatti è esposto molto agli assalti delle gang e per questo hanno deciso di muoverlo al centro di Anderson. Nel frattempo tre detenuti, accompagnati dal poliziotto Starker (Charles Cyphers), devono essere trasferiti e tra di loro c’è il condannato a morte Napoleone Wilson (Darwin Joston). Uno dei tre detenuti si sente molto male e decidono di fermarsi al primo distretto che trovano ossia il tredicesimo. Da l’altra parte Lawson Richards (Martin West) viaggia per quelle strade insieme alla figlia piccola Kathy (Kim Richards) per convincere la figlia maggiore a tornare a casa, ma la gang del luogo arriva e uccide la bambina. Lawson, fuori di sé, uccide il capo e i membri restanti lo seguono fino al distretto tredici. Ed è qui che inizierà una furiosa lotta tra i pochi membri rimasti e i folli e numerosi membri delle gang.
Provo un profondo rispetto per le opere di Carpenter, opere rivoluzionarie che hanno lasciato il segno e che tuttora ispirano diversi artisti. I questo caso ho deciso di partire dalle origini, soprattutto dopo Dark Star, con un film che ho sempre apprezzato e che, con pochissimi soldi, è riuscito a creare qualcosa di molto interessante e curato.
Dopo Dark Star Carpenter scrisse due sceneggiature, una era questa e l’altra Occhi di Laura Mars (quest’ultima venduta la produttore Jon Peters). A provare interesse per Distretto 13 furono J. Stein Kaplan e Joseph Kaufman. Kaplan diede un budget di 100 mila dollari per fare la pellicola, promettendo a Carpenter completa libertà artistica. Carpenter sperava di poter fare un film simile a El Dorado di Howard Hawks ma, visto il poco budget, prese ispirazione da Rio Bravo, sempre dello stesso regista, ma in chiave moderna, come affermò lo stesso Carpenter. E infatti possiamo vedere diversi tributi a Hawks in questo film e anche degli elementi western ben inseriti.
In questo caso vorrei partire da come è strutturata la storia. Il film è corale, ci sono tanti personaggi e tante storie diverse che alla fine si uniranno proprio al distretto tredici. Sotto questo punto di vista ho apprezzato parecchio come il film mostra ognuno di loro e li approfondisca. Bishop ad esempio è diventato tenente da pochissimo tempo e viene affidato al distretto solo per quel giorno, in cui chiuderà i battenti in quella zona. Fin da subito apparirà come un personaggio gentile e disponibile e, con l’andare della pellicola, si dimostrerà un buon poliziotto, pronto a difendere gli altri e preoccupato per le loro vite, perfino per i prigionieri, che tratterà con umanità.
Per quanto riguarda i carcerati, i personaggi più interessanti saranno sicuramente Wells (Tony Burton) e Napoleone Wilson, quest’ultimo uno dei personaggi migliori del film, uno spirito ribelle con una forte ironia e con alcune delle battute più simpatiche di tutta la pellicola, come la sua iconica “Hai da fumare?”. Il suo personaggio è stato condannato a morte per aver ucciso diverse persone e, alla domanda perché lui l’abbia fatto, risponde così: “Perché odiavo la gente”. Un personaggio misterioso per certi versi, che sembra quasi un villain ma che nel corso della storia assumerà il ruolo di anti-eroe e aiuterà parecchio Bishop, stringendo in quel breve tempo un forte legame di amicizia.
Un’altra sorpresa però l’avremo con il personaggio di Leigh (Laurie Zimmer), una delle due donne che lavorano al distretto tredici. Quello che colpisce di lei è che non si comporterà come n personaggio secondario da salvare e proteggere, avrà un ruolo importante nella storia, sarà molto attivo e anche lei combatterà contro la gang locale, mostrando intraprendenza e sangue freddo. Ed è una cosa stupenda, soprattutto pensando che è un film degli anni ’70.
Tutta questa presentazione dei personaggi e delle varie storie occuperà tutta la prima parte del film, più o meno quaranta minuti, e ammetto di aver apprezzato ciò, ho avuto modo di affezionarmi a loro e soprattutto il regista ha così modo ci costruire una grande tensione. La prima parte può essere definita come la calma prima della tempesta, si avverte il pericolo incombente che rischia di esplodere e tutto questo accadrà quando il capo della gang morirà. La seconda parte sarà più movimentata e la situazione critica e le sparatorie avranno un sapore western, così come il modo in cui interagiranno tra di loro personaggi così diversi.
Distretto tredici è un film d’exploitation e più per la precisione uno shoxploitation. Per chi non lo sapesse, quest’ultima categoria riguarda certi B-movie in cui sono presenti scene scioccanti (detta in maniera molto sbrigativa), scene molto crudeli. Il caposaldo di questo sottogenere dell’exploitation è probabilmente L’ultima casa a sinistra di Wes Craven e anche in questo film c’è qualche scena cattiva. Il sangue che si vede ha un rosso acceso e le morti sono tante, ma la scena che sicuramente ha sconvolto di più è la morte di Kathy. Primo perché vediamo una bambina colpita da un’arma da fuoco, qualcosa che ai tempi non si vedeva quasi per niente al cinema (e lo stesso vale per i giorni odierni). Secondo perché è una scena molto fredda e veloce, il capo della gang non la guarda neanche in faccia quando le spera, per lui è solo un mezzo per vendicarsi della polizia. Una scena davvero coraggiosa che ai tempi venne molto criticata. Nonostante tutto, la pellicola ha anche dei momenti ironici, si sente l’ironia di Carpenter, specialmente grazie a Napoleone Wilson e tutto ciò non va a rovinare la tensione che si crea nel frattempo.
Per concludere, Distretto 13 – Le Brigate della morte è un film costato veramente poco ma con tante idee ottime messe perfettamente su schermo e che non annoia mai. Si nota una certa influenza del western e di Hawks, ma Carpenter riesce a prendere quegli elementi e a renderli suoi, creando un’ottima tensione e delle scene d’azione ottime. Un film che adoro e che consiglio assolutamente.
Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!
[The Butcher]
[…] lo è la colonna sonora. La cosa più affascinante è come questo film assomigli a un remake di Distretto 13 – Le brigate della morte ma in chiave sci-fi e horror, con personaggi puramente antieroi tipici di Carpenter, che si trovano […]