Meander

Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo siamo tornati a parlare di uno dei miei registi preferiti in assoluto, un artista che è sempre riuscito a sorprendermi, John Carpenter, e l’abbiamo fatto con Distretto 13 – Le brigate della morte. La storia parla di una gang criminale che sta causando panico ad Anderson, un quartiere di Los Angeles. Per vendicarsi di un raid della polizia, uno di questi gruppi decide di andare in giro nel territorio per uccidere delle persone, facendo fuori una bambina. Il padre della piccola si vendica uccidendo il capo e trova rifugio nel Distretto 13, un distretto di polizia che stava chiudendo proprio quella sera per trasferirsi in una zona migliore. Qui un giovane tenente di polizia, dei prigionieri e due segretarie dovranno combattere contro questa folle gang per sopravvivere.
Secondo lungometraggio di Carpenter, questo è un film d’exploitation davvero ben fatto, un western ambientato in tempi moderni che funziona in ogni cosa. Si prende i propri tempi per farci conoscere i personaggi, con una prima parte di tensione che prepara il pubblico per il caos che arriverà e che esploderà nella seconda parte, decisamente più action. Il montaggio è ottimo, le musiche di Carpenter sono splendide e, nonostante la sua violenza, riesce anche a essere ironica. Un’opera che non è invecchiata di un giorno e che consiglio a tutti di recuperare.
Con l’articolo di oggi torniamo nuovamente in Francia. Lo so, nell’ultimo periodo sto parlando spesso di cinema francese, ma questo perché alcune loro pellicole hanno toccato temi a me cari  e lo hanno fatto molto bene (dovrei tornare a parlare di qualche bel film italiano, soprattutto qualche opera recente). Da un po’ di tempo avevo adocchiato una pellicola horror che aveva elementi molto interessanti e che, per la trama, mi ricordava un cult movie che ho sempre adorato. Alla fine, con molta calma, sono riuscito a vederlo.
Ecco a voi Meander (Méandre), pellicola horror fantascientifica del 2020 scritta e diretta da Mathieu Turi.

meander-méandre-film-movie-2020-mathieu-turi

Trama:
Lisa (Gaia Weiss) è una donna che ha perso da poco sua figlia Nina (Romane Libert). Si sente persa e non sa dove andare. Mentre si trova per strada, accetta un passaggio in macchina da parte di Adam (Peter Franzén). Ascoltando la radio, la protagonista sente la descrizione di un assassino a piede libero che corrisponde proprio ad Adam. L’uomo l’aggredisce e Lisa perde i sensi. Quando si risveglia si ritrova all’interno di uno strano tubo, con una tuta addosso e un’enorme bracciale legato al polso. Il bracciale le mostra il tempo limite che ha per uscire da quella zona. Lei non sa come è finita lì e perché, ma deve fare di tutto per uscire da lì, superando numerose trappole.

Uno dei motivi che mi ha avvicinato a questo film è la sua natura. Ci troviamo infatti di fronte a un trap-movie. Con trap-movie si intende un sottogenere dell’horror (non avete idea di quanti sottogeneri abbia l’horror) in cui il protagonista è intrappolato in uno spazio angusto e limitato (detta in maniera molto semplice e sbrigativa). Un tipo di categoria che vedo raramente nell’ultimo periodo, per questo sono felice di averlo visto. Un altro elemento che mi ha portato a vederlo è l’ispirazione che ha preso da The Cube di Vincenzo Natali. Le due opere condividono molte cose e qualcuno potrebbe perfino arrivare a dire che Meander abbia copiato, ma non è così. Si è ispirato a quel film e ha creato qualcosa di suo, qualcosa di unico (tra l’altro si consiglio assolutamente di vedere The Cube).

Nei primi cinque minuti ci viene mostrata la protagonista e il suo dolore. Sembra quasi che voglia mettere fine alla sua vita dopo aver perso la figlia, ma qualcosa la trattiene. Dall’inizio, nonostante il dolore della perdita, vediamo il suo spirito combattivo e veniamo a sapere anche della situazione. Poi, dopo essere stata stordita, si ritroverà in questa sorta di tubo, una galleria metallica nel quale il film verrà ambientato per tutto il tempo. Realizzare un lungometraggio in uno spazio così angusto è molto complesso, specialmente qui dove la protagonista sarà costretta a strisciare per la maggior parte del tempo. In questo caso, per non annoiare, ci devono essere molti elementi a supportare ciò, come ad esempio una buona regia, un buon montaggio, molte idee riguardanti le trappole e anche un minimo di mistero. Tutti elementi che vengono rispettati appieno.

Il film riesce in uno degli aspetti più importanti ossia creare tensione e, in special modo, claustrofobia. La nostra protagonista dovrà muoversi per dei cunicoli veramente stretti e soffocanti e in molti casi questi tunnel diventeranno talmente stretti da costringerla a sforzarsi molto di più, rischiando di farsi male. In tal modo il regista riesce a creare delle inquadrature sicuramente ottime, che ci fanno percepire questa mancanza di spazio. Nonostante ciò, riesce a riprendere la situazione da diverse angolazioni, creando un’ottima messa in scena e momenti davvero stupendi. In questo caso il montaggio è il montaggio ad aiutare molto la pellicola. Il montaggio è ottimo, dà grande ritmo alla storia e riesce così a interessare lo spettatore, con Lisa che affronta trappole su trappole.

Anche se ci troviamo in dei tunnel stretti e soffocanti, la fotografia si dimostrerà molto ricca e variopinta. In alcuni punti le luci filtreranno in quei tunnel, luci di diverso colore. Si passa dal blu, il colore predominante, al rosso quando ci saranno le fiamme, al verde e anche al giallo dato dal bracciale. In questo senso c’è veramente grande varietà e ho molto apprezzato certi giochi di luce che mostrano una grande cura. E le trappole ovviamente saranno molto interessanti e diverse le una dalle altre, in certi casi riuscendo a sorprendermi in più punti. Su questo punto certamente non può annoiare.

Quello che ho trovato davvero affascinante è la storia che ruota intorno a Lisa. Infatti tutta questa specie di prova verte su di lei, la riguarda personalmente. Non posso dire tante cose a riguardo perché rischierei di fare spoiler, ma questi tubi, questi tunnel assumo la forma di una metafora. Attraverso tutte queste prove Lisa dimostrerà a se stessa di avere ancora voglia di vivere, non importa quanto dure o crudeli possano essere quelle trappole. Lei deve andare avanti. E, sempre attraverso questi tunnel mortali, affronterà il suo passato, affronterà il suo trauma, affronterà la sua perdita. Si potrà anche intuire chi l’ha messa là dentro, ma su altri punti potremo solo fare ipotesi e a me sta bene, dare troppe spiegazioni potrebbe rovinare tutto.

Per concludere, Meander è un horror fantascientifico che si ispira a The Cube, riuscendo però a creare qualcosa di suo. Un film capace di tenere in tensione lo spettatore grazie a un lato tecnico veramente ottimo e curato, con trappole varieggiate e interessanti. Una storia che riesce anche a incuriosire per via di alcune metafore, un viaggio tortuoso e duro per la protagonista che dovrà ritrovare la voglia di vivere e superare i suoi traumi. Un film davvero ottimo che vi consiglio di vedere.

Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

5 pensieri riguardo “Meander

  1. Thank you for the review.
    CUBE is a masterpiece (I saw it once again a few months ago, despite some bad actors it’s still a great movie).
    From Mathieu Turi I saw HOSTILE and it was interesting – even if I did not like the ending. I’ll try to find a way to watch MEANDRE!

    1. Lo spero anch’io! Ormai l’idea di trovare un horror europeo che possa stupirti mi affascina parecchio. Però dai, tempo fa sono riuscito a sorprenderti con Lasciami Entrare. Quello era un horror e anche uno dei migliori film sui vampiri degli ultimi anni.

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