La mia vita da Zucchina

Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo ci siamo concentrati ancora una volta sulla Disney e il suo Periodo di Bronzo, arrivando in questo modo al loro 22° classico animato ossia Le avventure di Winnie the Pooh. Sono cresciuto guardando questo film, da piccolo l’avrò visto svariate volte e temevo, ora che sono cresciuto, che fosse invecchiato male. Invece mi sono dovuto ricredere. Al contrario di Robin Hood qui c’era lo zampino di Walt Disney dato che, in origine, il film era composto da tre episodi mandati al cinema separatamente e nel giro di diversi anni. Il primo venne fatto sotto la guida di Walt, del secondo purtroppo non vide mai la luce per via della sua morte avvenuta nel 1966 e il terzo venne fatto autonomamente dallo studio. Winnie the Pooh è un film per certi versi dedicato ai più piccoli, eppure riusciva a trasmettere una grande dolcezza che gli conferiva personalità e aveva dei momenti davvero artistici e intelligenti, come ad esempio le interazioni tra i personaggi, il libro e il narratore, qualcosa che possiamo definire metacinema, e qualche follia animata come il sogno di Pooh. In parole povere un film davvero divertente e simpatico che sicuramente riuscirà a stupire ancora oggi. Lo consiglio caldamente.
Questa volta la recensione sarà speciale. Dopo tanti anni (parecchi direi) torno a scrivere un articolo a quattro mani. E lo faccio con una persona speciale, ossia Ilbuiodentro. Ormai conosco questo blogger da diverso tempo, provo grande rispetto nei suoi confronti per quello che sta facendo con grande coraggio e lo considero un amico. Sicuramente dirà che non si merita tutti questi complimenti, ma io non sono dello stesso parere e glieli faccio lo stesso. Per realizzare questo primo progetto insieme, ci siamo concentrati su una passione che abbiamo in comune e che ci ha fatto conoscere: l’animazione. Entrambi amiamo quest’arte e ne siamo grandi appassionati. Per la precisione parleremo di un film animato francese. Tempo fa sul blog avevo discusso dell’ottimo Un Gatto a Parigi, sottolineando quanto l’animazione francese tendesse sempre a proporre nuove strade nello stile e nelle storie. Il film che abbiamo scelto segue proprio quel percorso ma il motivo principale per cui abbiamo puntato su quest’opera è per le emozioni che ci ha trasmesso.
Ecco a voi La mia vita da Zucchina (Ma vie de courgette), pellicola animata del 2016 scritta da Claude Barras, Germano Zullo, Morgan Navarro e Céline Sciamma e diretta da Claude Barras.

Trama:
Icare (Gaspard Schlatter) è un bambino di nove anni che vive solo con la madre alcolizzata. Mentre sta giocando con delle lattine di birra in soffitta, Icare le fa cadere tutte, disturbando la madre. La donna sale in soffitta per picchiarlo e Icare le chiude la botola sulla testa, facendola cadere e uccidendola senza volerla. In seguito incontra l’agente di polizia Raymond (Michel Vuillermoz) a cui racconta tutto e sottolinea anche che vuole farsi chiamare Zucchina, il soprannome che le aveva dato la madre. Il poliziotto lo accompagna in un orfanotrofio, dato che no ha più genitori, e conosce gli altri bambini. Dopo i primi difficili momenti, farà amicizia con tutti loro e legherà specialmente con Camille (Sixtine Murat) con cui stringerà un rapporto molto forte.

Ogni volta che nomino questo film, la gente ride per via del nome. Poi racconto la storia e rimangono stupiti. Da come avete potuto capire, non sarà una pellicola infantile o sciocca, ma andrà a toccare diverse tematiche importanti legate ai bambini e lo farà in maniera semplice e matura. Inoltre tra gli sceneggiatori c’è Céline Sciamma, un’artista che adoro proprio per come riesce a parlare di certi argomenti con grande empatia e intelligenza. (e un giorno parleremo sicuramente di lei anche come regista).

Come al solito, dire di iniziare dal lato tecnico. Non ne sono sicuro, ma probabilmente questo è il primo film animato in stop-motion che porto sul blog. Grave mancanza, lo so, rimedierò nel tempo lo prometto!
In ogni caso questa tecnica mi ha sempre appassionato. Prendere dei modelli e muoverli frame dopo frame con grande pazienza e attenzione. Solo creare qualcosa come 30 secondi richiede tanto tempo e, in una produzione seria, probabilmente un giorno intero. In questo caso i personaggi sono stati realizzati con la plastilina, quindi possiamo parlare di Claymation. Ciò che mi colpisce molto è lo stile.

Gli ambienti sono molto semplici e volutamente minimalisti, riuscendo comunque a essere affascinanti. Ovviamente il mio maggior interesse è rivolto al character design. Gli occhi e la testa sono molto grandi e hanno anche delle braccia lunghe. Lo stile in questo caso ricorda in parte i modelli di Tim Burton (e ci sta benissimo) ma in parte sembrano ispirarsi perfino a quelli di Jiří Trnka. Per chi non conoscesse questo artista, fu un regista e animatore famoso per le sue opere animate in stop-motion realizzate con marionette e bambole. Vi consiglio caldamente di recuperare qualche suo lavoro anche perché quello stile viene preso in parte da questo film, creando un design bellissimo. Apprezzo anche i colori che sono stati usati per loro, colori che li identificano, colori luminosi e in linea con i vari personaggi. Per non parlare del modo in cui sono stati animati, con una cura e una fluidità impressionante.

Il lato tecnico è stupendo, ma anche la sceneggiatura e i personaggi lasciano a bocca aperta. Come ho già detto, è una storia che parla molto dei bambini, bambini che hanno passato dei momenti molto oscuri. Basterebbe già solo la storia di Zucchina per capire, ma molti di loro sono stati abbandonati dai genitori e alcuni perfino abusati. Sono argomenti molto pesanti, ma affrontati dal punto di vista di un bambino. Nonostante ciò i bambini sanno essere molto più intelligenti e consapevoli di quanto si possa immaginare e questo film sottolineerà questo dettaglio. Ci troviamo di fronte a diversi personaggi molto complessi e tridimensionali. I più caratterizzati saranno sicuramente Zucchina e Camille ma, per esempio, un personaggio come Simon (Paulin Jaccoud) si dimostra incredibile. All’inizio sembra il classico bullo che se la prende con il protagonista, ma in realtà anche lui nasconde una grande complessità ed empatia. E lo stesso vale per tutti gli altri. La cosa veramente sorprendente è che il film dura un’ora e cinque minuti eppure riesce a mettere su schermo tantissimi personaggi meravigliosi, unici e con una grande sensibilità. Li ho sentiti reali, nel loro modo di approcciarsi, nel loro modo di parlare e anche nel loro modo di discutere su certi temi. Vorrei dire molto di più in questa parte, ma penso sia giunto il momento di lasciare la parola a Ilbuiodentro.

Ilbuiodentro:

L’importanza di quest’opera non è soltanto il tema, poco affrontato e difficile da esporre, ma la dignità che viene riconosciuta ai bambini e alle bambine, trattati finalmente come persone.

Vengono presentati diversi personaggi, rappresentati e caratterizzati in maniera eccellente, non stereotipata, ma soprattutto reale, con pregi e difetti.
Zucchina, il protagonista, vive nella fantasia di un padre che l’ha abbandonato, immaginandolo come un supereroe. La madre non si vede mai in volto, ad esclusione di una fotografia di quando erano ancora tutti insieme. Zucchina dovrà convivere con l’ingiusto senso di colpa della morte della madre, che più volte prova a difendere raccontando che a volte era gentile. Le dipendenze portano, purtroppo, a far diventare cattive anche le persone buone.
Raymond, il poliziotto che prende in carico Zucchina, non per questioni di servizio, ma perché vede in lui una persona che ha molto sofferto e si merita molto di più. È il primo che da dignità ai suoi bisogni, senza giudicare o imporsi, dando importanza al nome con il quale vuole essere chiamato.
Simon, proveniente da una famiglia tossicodipendente, è il leader della casa famiglia essendo il più grande. Vive col cuore pieno di amarezza, che sfoga sugli altri abitanti della casa. Usa anche l’ironia e un humor di cattivo gusto, per cercare di mascherare la propria debolezza. Ma sarà lui a salvare la situazione, sia con Camille, donandole il lettore mp3 che smaschererà la zia, che con Zucchina, quando quest’ultimo avrà dei dubbi sul lasciare la casa e il gruppo quando verrà adottato.
Camille, vittima di violenza assistita e testimone dell’omicidio-suicidio di sua madre e suo padre, è l’unica che riesce a tenere testa a Simon. La zia, la vera villain del film, cerca di prenderne la custodia per una questione economica. Non manca di maltrattare Camille ad ogni occasione e i tutori dell’orfanotrofio lo intuiscono, soprattutto quando la bambina esprime la volontà di non andare con lei. Qui arriva una frase della zia cattiva che mi ha toccato profondamente, perché è ancora piuttosto diffusa: “I BAMBINI NON HANNO UNA VOLONTÀ”. Questo declassamento dei bambini a semplice prolungamento degli adulti, è una mentalità molto pericolosa e da cambiare.
Gli altri personaggi minori, sono anch’essi ben caratterizzati. C’è Jujube, cresciuto con una madre affetta da un disturbo mentale. Ahmed, figlio di un rapinatore. Beatrice, separata dalla madre perché espulsa dal paese. Poi c’è Alice, autistica e vittima di abusi sessuali da parte del padre.

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Si potrebbe pensare che quella casa sia un posto triste. Quell’orfanotrofio, gestito da una coppia intelligente ed emotivamente empatica, si trasforma in una vera e propria famiglia, dove riescono a dare ai bambini e alle bambine tutto ciò che non hanno mai avuto.
Ma il distacco di essere diversi viene percepito, soprattutto durante la gita in montagna. Per esempio quando Ahmed fa amicizia con una bambina che non vede in lui un problema, ma solo un coetaneo, mentre viene accusato in malo modo dalla madre. Oppure la scena dove l’intera comitiva ammira, meravigliata e stupita, un bambino consolato dalla madre dopo un piccolo incidente.
Ma i bambini e le bambine di quella casa possono finalmente essere come avrebbero sempre dovuto essere. Tanto che Beatrice, sempre impaziente del ritorno della madre, rifiuta di tornare con lei quando essa si presenta effettivamente all’orfanotrofio.
Il lieto fine esiste? Per Camille e Zucchina si aprono le porte delle casa di Raymond, dove dovranno ricostruire da zero le loro vite. E non è così scontato come sembra. Per gli altri bambini e bambine rimaste nella casa, la storia dei due compagni adottati infonde loro fiducia. Simon, per la prima volta, diventa “solare” nel cartellone del “meteo dei bambini”. L’arrivo del fratellino, figlio della coppia che gestisce quella famiglia allargata, porta buon umore e coesione. Alice, grazie a Camille, ha finalmente cominciato a fidarsi, a parlare e a confrontarsi col gruppo anche dopo la sua partenza.

Quindi c’è il lieto fine? No, questo è solo l’inizio.

The Butcher:

Penso che Ilbuiodentro sia riuscito in maniera incredibile a descrivere la profondità e la meraviglia di questo film e specialmente il modo maturo e sensibile con cui si vanno a toccare tematiche davvero complesse. Dire altro sarebbe superfluo, quindi il massimo che posso fare è di cercare e vedere quest’opera, un film importante e incredibile che come pochi è riuscito a toccare certe corde importanti per me. Forse solo Momo alla conquista del tempo, Wolf Children e La Canzone del Mare erano riusciti a smuovermi in tal modo. Sta di fatto che è un’opera straordinaria e spero che riuscirà a colpire tutti voi.

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Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher & Ilbuiodentro]

39 pensieri riguardo “La mia vita da Zucchina

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