Non avete idea di quanto tempo abbia aspettato prima di parlare di questo film. Provo sempre una certa ansia quando parlo di pellicole che mi hanno lasciato qualcosa perché ho sempre paura di non esprimere bene le sensazioni che ho provato durante la visione e, soprattutto, di risultare troppo formale e rigido. Questo è successo per esempio con The Invitaton, film da me amato ma di cui ho fatto una recensione di cui non vado fiero.
Per questo ho atteso un po’ prima di recensire questo film d’animazione giapponese. Ora credo di essere pronto.
Ecco a voi Wolf Children – Ame e Yuki i bambini lupo, pellicola del 2012 (arrivata in Italia l’anno succesivo), diretta da Mamoru Hosoda.
Trama:
Hana è una studentessa universitaria che si innamora di un ragazzo che frequenta le sue stesse lezioni. Un giorno quest’ultimo le rivela di essere un uomo lupo e, nonostante ciò, Hana non si spaventa e i due si avvicinano ancor di più. Poco tempo dopo la ragazza rimane incinta dando alla luce Yuki (“neve”, dato che è nata in un giorno di neve) e nove mesi dopo arriva Ame (“pioggia”). Entrambi possono trasformarsi in lupi come il padre. Dopo la nascita di Ame il marito scompare e, cercandolo, Hana scopre che è morto in un incidente trasformato in lupo mentre provava a prendere da mangiare per i figli.
Nonostante la dolorosa perdita, Hana si darà da fare per crescere i suoi figli come meglio può.
Mamoru Hosoda è un regista che apprezzo molto. Ha diretto qualche lungometraggio dei Digimon, ha creato, a mio avviso, il miglior film su One Piece (One Piece: l’isola del barone Omatsuri) e soprattutto è stato il regista de “La ragazza che saltava nel tempo” e “Summer Wars”. Questi due ultimi lungometraggi sono stati prodotti dalla famosissima MadHouse.
Per poter invece creare Wolf Children, Hosoda ha fondato il suo studio di animazione, lo Studio Chizu, mentre la MadHouse ha cooprodotto la pellicola.
Questo film è straordinario. E’ una cosa che devo dire assolutamente. Il lato tecnico è curatissimo, ha delle animazioni bellissime e precise. Il character design creato da Yoshiyuki Sadamoto, famoso per aver creato il design dei personaggi di Neon Genesis Evangelion e Nadia – Il mistero della pietra azzurra, da alle persone che popolano questo film dei tratti sottili e delicati.
La messa in scena è stupenda, capace di regalarci delle sequenze che rimangono impresse sia per l’elevato livello tecnico sia per le emozioni che esse trasmettono come ad esempio la corsa sulla neve; in quel punto il regista riesce a farci provare emozioni di gioia ed euforia.
Hosoda sa bene come far sorridere lo spettatore ma sa anche come creare scene struggenti. Nella trama avevo scritto che il marito di Hana (non sapremo mai come si chiama) muore trasformato in lupo. Quando la protagonista scopre il cadavere tutti i rumori di sottofondo spariscono e ciò che si sente è solo la pioggia cadere. Hana non può neanche recuperare il corpo che viene portato subito via dentro un camion della spazzatura. E’ una scena che ho visto molte volte ma che riesce sempre a causarmi una fitta al cuore.
I personaggi principali sono meravigliosi ma colei che risplende più di tutti è sicuramente Hana. Lei si ritrova davanti una responsabilità enorme, crescere due bambini per metà lupi senza che le persone sospettino del loro segreto. Tra l’altro ci sono anche le difficoltà economiche (era un’universitaria che faceva lavori part-time). E, nonostante tutte queste difficoltà, si è rimboccata le maniche e con una forza di volontà straordinaria ha creato una vita e un futuro per se stessa e per i suoi figli, andando a vivere in un paesino di montagna e imparando a coltivare la terra e a essere autosufficiente.
Un personaggio incredibilmente forte e positivo.
Ci si affeziona anche ai suoi figli, Ame e Yuki, il primo un bambino molto timido più improntato al lato umano mentre la seconda è una bambina vivace e vicino alla sua natura selvaggia. Sarà molto bello vederli crescere e scegliere la loro strada.
Quest’ultimo punto è molto importante in quanto tocca i temi principali del film ovvero la crescita e la scelta.
Hana li cresce al meglio delle sue possibilità ma comunque da a entrambi la libertà di essere quello che vogliono e penso che sia una delle cose più belle che una pellicola possa trasmettere.
Per non parlare del finale, perfetto in ogni punto, dove non riesco a fare a meno di commuovermi.
E’ un film che tutti dovrebbero vedere che siate amanti o no dell’animazione. Spero di avervi convinto!
[The Butcher]
…e qui viene fuori il tuo cuore dolce… :)
Grazie :D
Non ne sono certo (anche perché mi sono appena alzato), ma dovrebbe uscire il manga, a momenti, pubblicato dalla Panini.
Ne ho sentito parlare poco, sinceramente, ed ho visto alcune scene in AMV vaganti. Purtroppo, come ben sai, sono l’antispettatore (colui che guarda circa 2 film l’anno… e, per ora, sono a 0 XD). Ma, la tua recensione, ispira fiducia, soprattutto in un mercato pieno di tette, culi, vuotezza di trama e fanservice.
Ecco perché adoro questo tipo di film: hanno qualcosa da raccontare e lasciano lo spettatore con qualcosa in più. Comunque il manga che dicevi tu è uscito da un po’ (e io ovviamente ho tutti e tre i volumi :P).
E, anime che lasciano qualcosa, sono ormai molto rari.
Ed avevamo ragione entrambi, sul manga: quello che esce ora, è l’omnibus :D
Oh, interessante. Potrei comprarlo lo stesso visto che gli omnibus mi piacciono parecchio.
Gli omnibus sono ottimi, soprattutto per chi deve ancora conoscere l’opera in questione. Come ho detto, uscirà per la Panini, a 14,90€, 544pp. e con sovraccoperta :) (La Panini, quando vuole, s’impegna :D)
Ultimamente sta facendo uscire delle buone edizioni della Panini. Ciò mi fa piacere.
Meglio non andare oltre, altrimenti sforerei l'”off topic” XD
Diciamo che, la Panini, ha i suoi meriti e le sue colpe.
Niente tette, culi, fanservice, ecc, qui, tranquillo ;)
Non le disdegno, in verità! XD
Ma, davvero, ormai ci sono troppi fanservice (e troppe tette e culi).
Serviva, un’opera del genere :)
Rispondendo subito alla domanda implicita che hai posto nell’incipit del tuo articolo (ma da te non espressa per pudore), ti dico come prima cosa che la tua recensione è perfetta: la cosa non può stupire chi come me ha imparato a conoscerti e leggerti con regolarità, giàcché sono ormai mesi che hai abbandonato quel velo di ruvidezza iniziale che contraddistingueva alcune tue analisi (quando anch’io rileggo i miei post del passato, non solo i primissimi, rabbrividisco guardando la distonia e la disarmonia con cui erano scritti!), per abbracciare la strada (certamente più impegnativa per te, ma incredibilmente più gratificante per il lettore) del mescolare passione e critica estetica, cosa che è diventata la tua cifra stilistiac e che ti rende oggi un commentatore davvero con i fiocchi.
Insomma, ancora una volta hai scelto un grandissimo film e ne hai fatto una recensione che invoglia a vederlo, senza se e senza ma.
Resta purtroppo sul terreno il problema annoso di come davvero sia possibile parlare nel nostro paese, con cognizione di causa e senza faziosità partigiane o argomentazioni squisitamente di nicchia, dell’amplissimo e variegato mondo dell’animazione giapponese: come di regola fa sempre un vero critico cinematografico, quando vuole far comprendere tutti i collegamenti estetici e storici di un’opera d’arte, anche tu hai giustamente inserito i doverosi riferimenti visivi, citando autori ed opere immense del recente illustre passato della filmografia animata giapponese, ma mentre per un appassionato (come sono io e come siete tu e Shiki) quei nomi suonavano come echi meravigliosi, per molti sono astrazioni esotiche.
Sono cresciuto con il Mare delle Meraviglie di Fushigi no umi no Nadia, ne ho sofferto la castrazione del doppiaggio Mediaset, ma ho anche goduto del suo avermi introdotto ai capolavori della maturità di Yoshiyuki Sadamoto, regista che ho amato in tutti i suoi lavori, con un “chara” dolce e moderno al contempo, emozionandomi soprattutto per la straordinarietà dei suoi personaggi femminili, dall’atlantidea misteriosa, passando per la combattiva eroina Asuka Soryu (la mia preferita, con la sua arroganza, la sua introspezione ed ho davvero sofferto con lei mentre veniva trafitta dalla Spada di Longinus!), senza dimenticare Blackrose, Mimiru, BT e tutte le altre ragazze di .hack//SIGN e piangendo insieme all’incredibile cronoviaggiatrice Makoto… Perciò ho sognato nel leggere la tua accorata descrizione dei personaggi di Wolf Children, che a suo tempo acquistai direttamente in bray per la Dynit (sempre sia lodata!).
Standing ovation per aver citato la sequenza del tentativo di ritrovamentod el cadavere, con quel lavoro di sound design strepitoso! Grazie Butcher!
Ti ringrazio tantissimo per il tuo commento ma adesso ho un piccolo pensiero che mi hai messo in testa e che in questo momento fatico a togliermi. E se parlassi in modo più approfondito dell’animazione giapponese e dei suoi protagonisti? Tipo come il lavoro che sto facendo con gli horror anni ’20-30 dell’Universal. Forse forse…accidenti.
Ti dico subito, a caldo, che ce ne sarebbe un gran bisogno!
L’animazione giapponese è praticamente una divinità misteriosa per la stragrande maggioranza degli utenti di cinema ed in generale delle persone di cultura, figurarsi poi quelli che leggono e vedono poco di tutto!
Al di fuori dei siti specializzati per nerd ed otaku, infatti, gli anime ed i manga godono della medesima considerazione (bassa!) di cui una volta godevano i fumetti europei e statunitensi, ma mentre questi sono stati in qualche modo “accolti” dalla cultura mainstream ed ufficiale, l’animazione giapponese (sia cinematografica che televisiva) è vista sempre come una strana avventura, in bilico tra Heidi e gli Hentai…
Inoltre, con la tua cultura horror cinematografica, potresti fare collegamenti splendidi!!!
Un lavoro immenso, se affrontato con piglio storico oppure più lieve se fatto per grandi film o grandi serie…
In ogni caso, io sarà là a leggere.
Tutto.
Per quanto riguarda l’animazione giapponese sono i giovani ad esserne più affascinato e a saperne di più però anche quest’ultimi in maniera abbastanza superficiale. Tra l’altro anche il modo in cui ne parlano aiuta chi non conosce quest’arte ad apprezzarla. Per esempio io a certi anime non sono riuscito ancora ad avvicinarmi perché alcuni fan parlano solo di qua ti bello è questo o quanto è bella quella e a fare varie battutine che conoscono solo i fan. Se ascoltassi queste persone non credo che avrei mai conosciuto o apprezzato opere come One Piece e simili. Quindi sì, ci servirebbe qualcuno che ne parli in maniera matura e più approfondita anche se qualcuno di molto bravo c’è già in giro.
È da ragionare… Oppure smuoviamo le acque con una bella classificona di soli lungometraggi e scopriamo i gusti della gente e fin dove arrivano… Chi si ferma a Miyazaki e chi arriva fino a Makoto Shinkai…
Ci penserò su. Prima voglio cercare di finire alcuni progetti e poi vedrò come impostare questa cosa.
Giusto. Buon weekend!
Mi ha davvero fatto piacere questa recensione ad uno dei lungometraggi giapponesi che più ho amato.
Io lo guardai e comprai i manga al passo con il loro periodo di uscita, non avviene quasi mai ma per Wolf Children non seppi resistere perché mi conquistò immediatamente!
In particolare, ho amato tutta la sensibilità e la malinconia che caratterizzano la storia.
Il sacrificio di Hana, la sua tenacia ed il modo inaspettato in cui i bambini scelgono la loro strada.
Ho notato anche moltissimi richiami alla natura e alla semplicità che spesso si trovano nelle creazioni giapponesi.
Grazie ancora per la tua bella descrizione!
[…] parte degli studio importanti come la Madhouse (che ha realizzato opere d’arte come Kaiba, Wolf Children, Metropolis), lo Studio 4°C (la trilogia di Berserk) e, ovviamente, la Warner […]
[…] è riuscito a toccare certe corde importanti per me. Forse solo Momo alla conquista del tempo, Wolf Children e La Canzone del Mare erano riusciti a smuovermi in tal modo. Sta di fatto che è un’opera […]