The Lighthouse

Benvenuti o bentornati sul nostro blog. L’andamento delle recensioni horror sta procedendo in maniera piuttosto curiosa. Siamo passati dal recensire un horror mediocre come The Grudge, per poi passare a una pellicola leggera e con i suoi difetti ma pur sempre godibile come Case 39, per arrivare infine a quella perla cinematografica che è Hagazussa, un horror stupendo e intelligente che avrebbe certamente meritato un successo maggiore da parte del pubblico. In realtà c’era un altro horror di cui volevo parlare, ma ho lasciato perdere quasi subito. Il film era Jukai – La foresta dei suicidi, una pellicola dell’orrore talmente brutta da fare quasi tenerezza e che per un attimo mi ha fatto rivalutare The Grudge, ma solo per un attimo. In ogni caso sto continuando a recuperare molti film (e anche alcune serie televisive. Questa sì che è una sorpresa!). In particolar modo sto cercando di recuperare altri horror. Ormai lo sa il mondo intero che apprezzo veramente tanto il genere horror e che mi cimento in qualsiasi pellicola di questo tipo. Non potete immaginare quanto è divertente cercare film dell’orrore a volte informandosi il meno possibile. Si possono trovare delle bellissime sorprese come appunto Hagazussa, dei B-movie incredibilmente divertenti e ben fatti a livello tecnico (qui mi riferisco a un film che mi tengo in serbo per l’anno nuovo. Voglio iniziare il 2021 parlando proprio di quella pellicola) oppure lavori terrificanti (in senso negativo) come Jukai. L’horror è un mondo fantastico. In ogni caso tra tutti i film che ho recuperato ce n’era uno che attendevo con trepidazione, un film che è stato rimandato troppo a lungo e che non vedevo l’ora sia di poterlo vedere che di poterne parlare. Spero solo di essere in grado di recensirlo come si deve.
Ecco a voi The Lighthouse, pellicola horror del 2019 scritta da Robert e Max Eggers e diretta da Robert Eggers.

Trama:
Siamo nel 1890 e due uomini vengono portati su un’isola al largo delle coste del New England. I due uomini sono Ephraim Winslow (Robert Pattinson) e Thomas Wake (Willem Dafoe). I due si sono recati su quell’isola come guardiani del faro di cui devono occuparsi per ben quattro settimane. Thomas è il custode del faro da moltissimo tempo, sa cosa bisogna fare e il suo compito sarà quello di supervisionare l’operato di Ephraim. Thomas si dimostra fin da subito irascibile e molto severo nei confronti del giovane Ephraim, facendogli fare parecchi lavori e tutti molto pesanti. Sull’isola Ephraim inizia a vedere cose molto particolari come ad esempio il comportamento dei gabbiani, considerati importanti da Thomas perché sarebbero le anime dei marinai morti, sogni dov’è presente una sirena e infine il vecchio Thomas stesso che ogni notte deve controllare la luce del faro ma sembra che su quest’ultimo punto ci sia nascosto dietro molto di più. Più passa il tempo e più Ephraim vede cose particolari, ma inizia anche a trovare una specie di equilibrio con Thomas verso gli ultimi giorni di permanenza. Ma proprio quando arriva il giorno in cui devono partire, una tempesta terrificante colpisce l’isola e i due sono costretti a rimanere nel faro. Ed è a questo punto che entrambi inizieranno a cadere nella follia più pura.

Aspettavo con grande trepidazione questo film è il motivo è molto semplice: Robert Eggers. Robert Eggers è un regista che sorprese il mondo intero nel 2015 con il suo primo lungometraggio, The VVitch, film che tra l’altro ho recensito tantissimo tempo fa qui sul blog in una maniera che oggi considero molto ingenua. Avrei sicuramente potuto dire di più nei confronti di quel capolavoro. Dopo quel film però sono rimasto molto incuriosito da questo regista che è finito nella mia lista insieme ad altri registi dell’horror di questo periodo come Jordan Peele, Ari Aster, Mike Flanagan (adoro questo regista anche se in molti non saranno d’accordo e soprattutto so bene che non è agli stessi livelli delle persone che sto citando) e Jennifer Kent (mi divertii molto a recensire Babadook anni fa ed è una delle vecchie recensioni che ancora apprezzo).

Qui in Italia The Lighthouse è arrivato con più di un anno di ritardo e in parte questo è dovuto all’ondata di virus che ci ha colpito ma non solo per quello. In realtà le persone volevano che The Lighthouse uscisse nelle sale, soltanto che non so per quale motivo hanno deciso di portarlo direttamente in home video. Poi l’uscita in home video è stata posticipata parecchio per colpa del virus, il film è stato disponibile (fortunatamente) su Amazon Prime e poi è finalmente uscito in home video. Questo era un film che meritava assolutamente di finire sul grande schermo e mi dispiace che abbia faticato così tanto per arrivare nel nostro Paese.

Come nacque l’idea del film? L’idea partì dal fratello del regista, Max Eggers, che voleva scrivere la sceneggiatura di un horror partendo da un racconto incompiuto di Edgar Alla Poe, Il faro, un racconto scritto sotto forma di diario. Max fece vedere la sceneggiatura a Robert ancor prima che iniziasse a lavorare a The VVitch e lì il regista iniziò a modificare completamente la storia, differenziandola del tutto dal racconto di Poe. Inoltre per la nuova storia si ispirarono a una storia vera avvenuta nel 1901 dove un guardiano del faro morì mentre l’altro impazzì del tutto.

Una cosa che bisogna assolutamente dire di questo film è il modo particolare in cui è stato girato. La pellicola è in bianco e nero ma non si limita solo a questo, infatti è anche girato in 35 mm e con un aspect ratio di 1.19:1, ossia un formato stretto e lungo. Molte volte non apprezzo quando certi registi fanno questa scelta, soprattutto per quanto riguarda l’aspect ratio. Il motivo è molto semplice: nella maggior parte dei casi questa è una scelta stilistica che non ha un vero e proprio senso, in molte occasioni mi è sembrata una decisione presa per dare unicità tecnica al film che però è fuori contesto con il film stesso. In The Lighthouse però questa scelta non è stata solo vincente ma fondamentale per il tipo di storia che racconta e per il modo in cui lo racconta. Il modo in cui è stato girato si basa sull’espressionismo tedesco: fotografia, ambientazioni ed eventi sono puramente espressionisti, il film mostra le stesse caratteristiche delle pellicole degli anni ’20 tedeschi (come ad esempio Nosferatu) e più si fa avanti più si proveranno sensazione simili ai film di quei tempi ma unita a una storia horror fantascientifica che ricorda molto le pellicole dei mostri della Universal. Ed è questa una delle tante cose che adoro del film, questo formato particolare e l’uso del bianco e nero hanno un senso logico e riescono a creare un’atmosfera impossibile da ottenere attraverso i colori.

Bisognerebbe parlare in maniera approfondita anche della fotografia e per farlo dobbiamo anche discutere dell’ambientazione. Il film si svolge in quest’isola e principalmente dentro questo faro. La costruzione, nonostante all’inizio possa sembrare molto grande, in realtà è veramente piccola e stretta e appena i due protagonisti entrano al suo interno riusciamo a percepire subito quel senso di claustrofobia e soffocamento, un luogo tremendamente piccolo in cui i due però devono vivere per un periodo di tempo indefinito. Dell’isola vedremo solamente il faro e alcune delle sue zone ma niente più. Ciò che riesce a colpire lo spettatore è che oltre al faro e all’isola non si riesce a vedere altro, lo sfondo è completamente nascosto dal cattivo tempo, dalle nuvole e dalla pioggia, dando l’impressione che i due protagonisti si trovino in un mondo a parte. Di giorno lo sfondo sarà per lo più grigio, quasi disturbato, mentre di notte sarà completamente scuro ed è proprio in questo momento che la fotografia raggiunge il proprio apice. C’è un forte oscurità soprattutto dentro il faro e le uniche luci che illumineranno l’ambientazione saranno le lanterne dei protagonisti dentro al faro mentre all’esterno saranno da una parte la luna e dall’altra la luce del faro. Questa particolare oscurità è tipica dell’espressionismo, le ombre riescono a creare delle forme particolari che contribuiscono ad accrescere quel senso di claustrofobia e inoltre tendono a marcare ancor di più i volti dei nostri personaggi, mettendogli in risalto gli occhi e la bocca e tendendoli in questo modo più minacciosi. La regia di Eggers farà sempre in modo da riprendere Ephreim e Thomas con la luce che colpisce i loro volti e si concentrerà per lo più su il loro rapporto di amicizia-odio. Inoltre è stato intelligente l’uso del bianco e nero per il modo in cui si riesce a creare un’atmosfera anche surreale dove le ombre sembrano vive e dove a volte si perde la percezione dello spazio.

In questo caso la regia di Eggers aiuta parecchio. Eggers decide di mostrare questa storia senza alcuna accelerazione, facendoci vedere con molta calma la discesa dei due verso la follia e senza neanche un’inquadratura esagerata o esasperata. Le scene e le sequenze del regista sono molto precise e studiate, la messa in scena è quadrata e ben strutturata e in moltissimi casi Eggers è riuscito a creare delle scene e delle inquadrature magnifiche che con ogni probabilità entreranno a far parte della storia del cinema come ad esempio quell’immagine ormai famosa di Thomas nudo e della luce che viene proiettata dal suo viso verso quello di Ephraim, una scena che sembra uscita fuori da un quadro (piccola curiosità: la scena in questione è effettivamente ispirata a un dipinto del 1904, Hypnosis, del pittore tedesco Sascha Schneider. Vi consiglio di leggervi la biografia di Schneider, che è molto interessante, e di recuperare le sue opere). Inoltre Eggers utilizza in maniera sapiente le carrellate. Ci sono diverse carrellate che accompagnano i nostri protagonisti, in particolar modo il personaggio di Ephraim, e saranno utili anche per farci capire la grandezza e la profondità di certi posti. Una carrellata che però mi ha affascinato è stata quella verso l’alto in cui, con l’utilizzo dei dolly, ci viene mostrata la grandezza del faro e in questo modo il regista riesce a trasmetterci quel senso di inquietudine ma anche di mistero e curiosità che proveremo dall’inizio alla fine.

Oltre al lato tecnico il film è anche ben fatto per il modo in cui decide di mostrarci la storia e i suoi personaggi. Nella prima parte vedremo i due protagonisti lavorare nel faro mentre cercano entrambi di sopportarsi. In questa prima parte verremo introdotti a degli elementi misteriosi e oscuri che ci faranno fare diverse domande, come ad esempio i sogni di Ephraim, perché lui è restio a parlare del suo passato, i gabbiani, perché Thomas non vuole che Ephraim vada a controllare la luce e soprattutto la luce, questa luce che incanta e che sarà il mistero principale di tutta la storia. Sono tutti misteri e domande molto interessanti, che mettono curiosità, ma quando si arriverà alla seconda parte, dopo un certo evento, si entrerà nella vera follia e nel caos puro. Con caos però non intendo che ci sarà confusione per come si svolgono gli eventi ma per quello che ci verrà mostrato. Da quel punto in poi proveremo in molti momenti un senso di dissociazione, gli eventi si faranno sempre più assurdi e grotteschi e lo stress aumenterà sempre di più. In questa parte si perderà perfino la nozione del tempo e i due non sapranno più dire da quanto tempo sono bloccati su quell’isola, se da poco oppure da molto, troppo tempo. I due avranno non solo dubbi sulle azione dell’altro ma anche sulle loro stesse azioni, non sapranno chi dei due ha commesso determinati atti e noi spettatori avremo le loro stesse incertezze, i misteri dell’isola si faranno sempre più grandi ma sempre senza spiegazioni. Cosa c’è nell’isola? Perché succede tutto questo? Cos’è quella luce? Tutte domande che porteranno i due al crollo.

Oltre ciò c’è anche un altro elemento importante che darà fastidio e che aiuterà lo spettatore a immedesimarsi nei personaggi: i suoni. Su questo lato il film è stato molto curato. I rumori presenti in questa pellicola saranno molto forti, rumori che a lungo andare farebbero perdere la testa a chiunque. Basta pensare al suono profondo ed echeggiante che fa ogni volta il faro oppure allo sferragliare senza sosta dei macchinari. In certi casi il suono aiuterà lo spettatore a provare quel senso di dissociazione che provano i protagonisti. L’esempio migliore lo abbiamo con la scena della sirena (Valeriia Karamän), dove Ephraim incontra questa creatura e quest’ultima lancia quell’urlo acuto. In questa scena tutti gli altri suoni saranno completamente ovattati, sembrerà quasi che non ci sia il sonoro, ma l’urlo della sirena si sentirà perfettamente ed entrerà nella nostra testa.

Come non parlare poi dell’incredibile prova attoriale di Willem Dafoe e Robert Pattinson? Due attori mostruosi che riescono a gestire perfettamente l’intera pellicola, immedesimandosi alla grande in due ruoli molto ambigui con Thomas, un vecchio custode che racconta storie e che sembrerebbe sapere qualcosa sull’isola, ed Ephraim, che invece nasconde il suo passato e inizia pian piano a perdere la percezione della realtà. Su Willem Dafoe non ho niente da dire. Lui è semplicemente un attore incredibile che in tutti questi anni non ha fatto altro che dimostrare la sua bravura in tantissimi ruoli e qui non fa altro che sottolineare questa cosa. E lo fa in grande stile. Su Robert Pattinson invece fare un discorso analogo a quello che feci su Kristen Stewart su Underwater. Purtroppo Pattinson viene ancora ricordato per il ruolo di Edward Cullen e molte persone continuano ad associarlo a quel personaggio. Invece Pattinson è un incredibile, molto capace e professionale che nella sua carriera ha scelto ruoli molto interessanti e ha sempre dimostrato la sua bravura e con The Lighthouse ciò si vede alla perfezione.

Il rapporto tra i due è molto ambiguo, c’è una forte tensione tra i due protagonisti fin dall’inizio anche se ci sono stati dei momenti in cui sembrava esserci un punto d’incontro o quantomeno una sorta di rispetto. Ma i segreti, le bugie, i misteri non faranno altro che alimentare i dubbi di entrambi e allora arriverà la sfiducia, la paura, l’odio e i due si scontreranno più volte fino ad arrivare al finale. Praticamente assisteremo allo scontro tra due grandi attori.

Per concludere The Lighthouse è con ogni probabilità uno degli horror più belli di questi ultimi anni, un horror puramente espressionista con uno stile unico che riesce a essere in linea con quello che vuole essere la pellicola e capace di creare claustrofobia, paura e fascino. Una storia che in certi punti ricorda quasi un racconto lovecraftiano e riesce a disturbare lo spettatore. Una pellicola imperdibile non solo per i fan dell’horror ma anche per tutti gli appassionati di cinema.

Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

11 pensieri riguardo “The Lighthouse

  1. Non sarei riuscito a leggere la recensione di nessun altro per un film come The Lighthouse, perché solo tu o meglio un vero appassionato di cinema quale tu sei, poteva rendere il giusto omaggio ad una pellicola che penso verrà nei prossimi anni studiata nelle scuole di cinema, visto che contiene un concentrato tutto ciò che rende bella la settima arte: una direzione della fotografia da manuale, in cui il tecnicismo si esprime per dare significato alle intenzioni del regista di narrare una storia di questo tipo (Jarin Blaschke ha scelto l’abbinata della ratio quadrata di 1.19:1 da te citata e lenti sferiche Bausch & Lomb Baltar, come ha riferito nelle interviste, proprio per ottenere quell’effetto portrait particolarmente potente dove il personaggio e l’ambiente non sovrastano mai l’uno sull’altro, in un perfetto equilibrio, con il senso di oppressione di inquadrature in cui i protagionisti sembrano quasi schiacciati dentro la cornice del film, in sintonia con la verticalità del faro che a questo punto diventa ovviamente metafora visiva), un sound design pazzesco (il lavoro fatto da Mark Korven e Mark Amicucci è molto simile qualitativamente e sensorialmente a quello impiegato da Coll Anderson per il Mother! di Darren Aronofsky), una regia incredibilmente coerente e decisa ad alzare l’asticella qualitativa di tutto il genere horror (se vogliamo, per Eggers è stata la conferma di un talento ovvero un’opera seconda persino artisticamente più bella del già meraviglioso ed indimenticabile esordio di VVitch), una recitazione mostruosa, ma non sopra le righe (nel senso che non pecca di quel overacting a cui purtroppo ultimamente ci hanno abituato alcuni mostri sacri del cinema come Servillo o come la da me amatissima Toni Collette), bensì miracolosamente in parte, al servizio dell’evoluzione metafisica dei characters da umani a semi-umani.

    Hai fatto benissimo a citare l’espressionismo tedesco (da tempo tua cifra culturale e formativa) e mettere questo film in linea con quel modo di narrare per immagini ed insisto che solo tu potevi osare questo in una piattaforma generalista come WordPress ed uscirne non solo indenne ma anche con la leggerezza spensierata di chi sembra aver spiegato un film semplice: sei impagabile e dannatamente bravo!

    1. Non sai quanto io sia felice di poter leggere un tuo commento qui sul blog. Le tue argomentazioni mi affascinano tantissimo, riescono a divertirmi e dimostrano l’enorme conoscenza che hai del cinema, una conoscenza veramente ampia. Attendevo da molto tempo questo film e ora lo custodisco con gelosia in blu ray. È stata un’esperienza bellissima, un film che attraverso alcuni tecnicismi è riuscito a creare uno stile unico senza però dimenticarsi della storia e del lato umano. La caduta nella disgrazia di due poveretti che alla fine non hanno veramente capito cosa stava succedendo lì. È veramente un film che colpisce in ogni suo aspetto e sono felice che Eggers si sia confermato come un regista straordinario e spero di rivederlo ancora in azione.
      Grazie mille per il tuo commento e ti auguro una buona serata!

  2. Nulla da dire, concordo con ogni singola parola: un film bellissimo, potente, disturbante perché capace di scuoterti nel profondo dove stanno in agguato le parti più oscure del tuo inconscio. Oltre all’espressionismo ci ho trovato tanto anche del Romanticismo ottocentesco nei temi che vengono sviluppati: l’irrazionale, la follia, il desiderio e il terrore che suscita l’assoluto (la luce del faro, che sembra rappresentare quasi il divino che l’uomo osa voler guardare in faccia con un atto di hubris atrocemente punito)… insomma, gli spunti sono infiniti, e sono sicuro che possiamo aspettarci ancora grandissime cose da Eggers!

    Anche a me piace molto Mike Flanagan, ma non credo abbia nulla da invidiare agli altri che hai citato; anzi, per il momento preferisco molto di più lui a Jordan Peele (Get Out ancora ancora, ma Us a me non è piaciuto quasi per niente, salvo solo l’interpretazione di Lupita Nyong’o che è stata straordinaria).

    1. Ben detto! Oltre all’espressionismo ci sono anche caratteristiche romantiche che si possono benissimo riallacciare al gotico. Anch’io non vedo l’ora di vedere cos’altro fare il nostro Eggers. Con questo film comunque si è superato.

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