Dumbo (film 2019)

Non apprezzo per niente i remake live-action che la Disney sta facendo basandosi sui propri cartoni. In primo luogo perché molti di questi tendono ad essere quasi identici al cartone originale ma senza i colori e l’energia dell’originale e soprattutto perché tendono ad aggiungere cose che non riescono ad amalgamarsi con il resto (poi quando invece provano a fare qualcosa di diverso tipo Maleficent creano un casino con la sceneggiatura). Il secondo motivo per cui non mi piacciono è che tendono a far leva sull’effetto nostalgia a tutti i costi. Questa cosa della nostalgia tende a piacermi sempre di meno. Per me la nostalgia è qualcosa di personale e unico, ricordi ed emozioni uniche della nostra infanzia che non possono essere emulati in maniera così scialba e superficiale. Se almeno questi film li facessero bene non mi lamenterei per niente.
Ed è qui che parte la recensione di uno dei pochi live-action Disney che è riuscito a incuriosirmi veramente per due motivi: prima di tutto il regista che continuo ad apprezzare ancora nonostante stia ricevendo moltissime critiche nell’ultimo periodo (e alcune di queste sono molto ingiuste) e l’altro è che questa storia ha effettivamente molto potenziale per aggiungere nuovi personaggi e nuovi contenuti.
Sto parlando di Dumbo, film del 2019 diretto da Tim Burton.

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Trama:
Siamo nel 1919, la prima guerra mondiale è finita da poco e Holt Farrier (Colin Farrell), ritorna al circo Medici, la sua casa, per riabbracciare i suoi due figli Milly (Nico Parker) e Joe (Finley Hobbins) e ricominciare così una nuova vita. Ci sono però dei problemi: lui ha perso il braccio sinistro in guerra e quindi ha difficoltà nelle acrobazie e soprattutto i suoi amati cavalli sono stati venduti. Il direttore del circo, Max Medici (Danny DeVito) dà un lavoro a Holt: occuparsi degli elefanti e in particolar modo di un’ elefantessa incinta che dovrà dare alla luce il suo piccolo tra non molto. Medici spera che il piccolo elefantino possa portare un maggiore pubblico ma, quando finalmente nasce, si scopre che ha delle orecchie enormi che lo rendono ridicolo e, per evitare che venga deriso dal pubblico, tentano di nasconderle. Saranno Milly e Joe a preoccuparsi per lui e soprattutto a scoprire di cosa è capace di fare il piccolo Dumbo: volare.

Adoro Tim Burton e, nonostante alcuni alti e bassi, penso che sia ancora un ottimo regista, capace di dare ancora molto al cinema e Dumbo era il film perfetto per mettere in scena le sue tematiche. Su questo punto ci tornerò dopo. Ciò che mi preoccupava maggiormente era che Burton potesse ricadere negli stessi errori commessi con Alice in Wonderland, dove tutta quella CGI soffocava la pellicola e dove Burton, la sua regia e il suo pensiero, si vedevano solo all’inizio e alla fine mentre nella parte centrale si svolgevano vicende abbastanza piatte e in certi casi vuote. Avrà imparato dai suoi errori? Direi decisamente di sì.

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Una cosa interessante di questo remake è la presenza di persone protagoniste. Nel film animato erano presenti delle persone me erano messe in secondo piano e si dava molto più risalto agli animali parlanti. Qui non solo le persone hanno un ruolo principale ma non c’è nessun animale parlante e questo cambia parecchio l’approcio del film. Quindi la cicogna e il topolino Timoteo appariranno per pochissimo tempo (quasi dei cameo) e non avranno ruoli importanti e soprattutto non ci saranno i corvi (io adoro quel film animato ma a riguardarlo ora quei corvi semvrano veramente uno stereotipo degli afroamericani).
Ciò che apprezzo parecchio dei personaggi umani è che sono tutti scritti veramente bene e sono personaggi con cui si può empatizzare molto. Prendiamo per esempio Holt, un’artista circense che è tornato dalla guerra con varie ferite sia nel corpo che nell’anima che cerca di ricominciare una vita con i suoi figli. Ovviamente trova delle difficoltà visto che gli manca il braccio ma nonostante ciò e nonostante i suoi alti e bassi fa del suo meglio per andare avanti per se e per i suoi figli.
Anche i piccoli Milly e Joe sono dei personaggi molto dolci (e non sono i classici bambini che nei film ti fanno venire il latte alle ginocchia): la ragazza vorrebbe essere una scienziata e adora fare esperimenti mentre il ragazzo vorrebbe seguire le orme del padre nonostante la sua goffagine. Inoltre sono quelli che più di tutti riescono a farsi amare da Dumbo e a capirlo, aiutandolo ad affrontare i suoi problemi e a cercare di ricongiungerlo con la madre Jumbo.
Quello che mi ha sorpreso di più è il personaggio di Danny DeVito. Un personaggio divertente e simpatico che a volte tende a volersi fare molta pubblicità e a volere un po’ di successo per se e il suo circo, ma riesce a dimostrarsi molto dolce e attaccato agli artisti circensi che considera parte della sua famiglia.
Molto convincenti anche i ruoli di Eva Green e Michael Keaton, in particolare la prima che sembra essere in tutto e per tutto una vera diva degli anni ’20.

Quello che sorprende ancora di più sono i personaggi secondari, i personaggi che fanno parte del circo. Qui Burton decide di mostrare persone emarginate, respinte dalla società perché diversi, ma che sono riusciti a costruirsi una vita e una casa, che hanno messo in mostra le proprie abilità e capacità, dimostrando di essere migliori di quello che pensa la società di loro. Burton ha sempre messo in scena nelle sue pellicole il diverso e l’emarginato e fa lo stesso in questa pellicola, rimanendo fedele anche alle tematiche del Dumbo originale. Sia nel film d’animazione che in questa pellicola Dumbo è diverso dagli altri elefanti per via delle sue orecchie e per questo viene deriso e allontanato dagli altri. Ed è per questo motivo che i membri del circo si avvicinano e affezzionano all’elefantino, sanno cosa significa essere allontanati per le proprie diversità e perciò tendono ad aiutarlo. Ciò è davvero dolce e reso molto bene. Tutto questo lo capiamo attraverso le immagini e senza l’ausilio di lunghi discorsoni.

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Passiamo adesso al lato tecnico e in particolar modo parliamo degli effetti speciali. Prim di tutto Dumbo l’elefante è reso benissimo in special modo nel design molto simile all’originale ma con un tocco alla Tim Burton, soprattutto se guardiamo bene gli occhi. Una cosa che bisogna sottolineare è che Dumbo non è per niente realistico, primo perché non puoi renderlo realistico con le sue enormi orecchie e soprattutto perché possiamo vedere bene quando è triste o felice, lo vediamo subito nel suo sguardo, riesce a trasmettere le sue emozioni e per questo riesce ad emozionare. Questo per esempio è uno dei motivi per cui il live-action de Il Re Leone non ha funzionato ma è meglio andare avanti.
Burton ha imparato la lezione dopo Alice in Wonderland e infatti non si esagera troppo con gli effetti visivi. Quest’ultimi hanno una grande importanza per quello che vogliono mettere su schermo ma non sono ingombranti e non soffocano tutto il resto. In particolar modo molti set sono stati costruiti e il digitale serve solo per ampliarli e renderli più grandi. Da sottolineare la bellezza delle scenografie curate da Rick Heinrichs che semvrano realmente uscite dagli anni ’20, in particolar modo apprezzo il circo Medici che, nonostante la sua bellezza, mostra i segni del tempo e sottolinea che il circo sta vivendo un periodo difficile.
Bellissimi anche i costumi di Colleen Atwood, storica collaboratrice di Tim Burton, sono curatissimi e ben resi.
Interessante è invece la fotografia di Ben Davis. I colori sono accesi e molto vivaci ma in certi momenti si può notare un contrasto forte con le ombre che aiuta a comprendere le difficoltà del momento. Da notare anche come sia molto luminoso durante le scene nel circo mentre è grigio quando si arriva a Dreamland, nonostante il luogo sia pieno di colori. E, parlando di Dreamland, complimenti a Burton per aver inserito nel film una piccola critica alla Disney stessa e alla sua politica.

Dumbo per me è uno dei pochissimi remake in live-action della Disney che abbia veramente aggiunto qualcosa senza snaturare o distruggere le tematiche e lo spirito del film originale. Una pellicola fatta su commissione ma dove si sente l’impronta di Burton, il suo stile e il suo pensiero. E’ una pellicola che consiglio a tutti di vedere, sperando che vi intrattenga e vi commuova.

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Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

31 pensieri riguardo “Dumbo (film 2019)

  1. Mi ero completamente scordata fosse uscito. Dovrò recuperarlo a questo punto!
    Addirittura penso di non aver mai visto il cartone o, almeno, non lo ricordo
    Comunque sono incuriosita dai personaggi umani che hai descritto e in generale di vedere l’impronta di burton

    1. Non lo vidi al cinema perché diciamo che la Disney mi stava deludendo tantissimo. Nonostante il nome di Burton, non ero convinto e ora mi pento un po’ di non averlo visto al cinema. Spero tanto che ti piaccia.

    1. Posso capire bene. La Disney nell’ultimo periodo sta guadagnando tantissimo e si sta prendendo tutto e ha una politica che non mi piace per niente. Ma questo film l’ho apprezzato e in un certo senso è un anti-Disney.

  2. L’ho visto al cinema. L’ho trovato molto “manieristico”: si vedeva lo stile di Burton ma ho trovato poco pathos. Hanno necessariamente allungato la sceneggiatura rispetto al cartoon e ho trovato che alla fine il tutto é risultato un pò annacquato. Carino, ma non un capolavoro. Un sacco di elementi interessanti e anche un pò dark alla fratelli Grimm, ma il cartone riesce sempre a farmi commuovere; il film non ha avuto lo stesso impatto. Paradossalmente rivedere il re leone dopo anni invece mi ha fatto più effetto. Chissà, magari é questione di legami personali ^.^

    1. Probabilmente sì, dipende dall’impatto che ha avuto un certo film su di te da piccolo. Perché purtroppo tutti gli animali in Il re Leone non avevano espressioni e quindi non vedevo il loro dolore. Ovvio che sia così visto che hanno deciso di farli ultra realistici. E mi dispiace tanto per il regista, Favreau, un regista molto dotato he però ultimamente non mette in mostra le proprie doti. Dumbo più che allungare il brodo ha proprio cambiato approccio mettendo insieme a Dumbo gli umani. In questo caso non sembra per niente uno scopiazzatura immagini per immagini dell’originale.

  3. Quando si parla di un film marcato Disney, si fa sempre molta fatica a mantenere quel giusto distacco che una disamina critica necessiterebbe, perché il nostro giudizio è quasi inevitabilmente offuscato dal nostro essere o degli stupidi fan sfegatati (ciechi di fronte al marketing dittatoriale) o dei detrattori consapevoli del Moloch ingoiatutto che la casa del topo è da tempo diventato; non solo, anche quando si riesce a mantenere ugualmente quel distacco (come hai fatto tu, tanto per dire e come cerco di fare sempre anch’io), il nostro animo viene letteralmente soffocato dall’enormità dei non-detti, degli aspetti referenziali e derivativi, che poi nel caso dei Grandi Classici tradotti in live action divengono un oceano di onde altissime e considerazioni importanti, tali da farci dimenticare, spesso, lo specifico filmico.

    Ancora una volta tu sei rimasto fermo al timone, barra dritta alla meta ed hai parlato del film, della trama , dei personaggi e del lavoro di Burton con grande lucidità e di questo ti sono grato.

    L’elemento tecnoclogico e visivo è senza ombra di dubbio il tallone d’Achille di questa seconda metà di carriera artistica del geniale Tim Burton, direttore di scena che ha sempre il mio massimo rispetto (ricordo quando misi Miss Peregrine’s Home for Peculiar Children tra i migliori film del 2016, creando non pochi disappunti tra chi lesse la mia classifica): esso è praticamente indispensabile per la necessità di rendere sullo schermo le idee visionarie di Burton, ma è anche a rischio baraccone da attrazione turistica, specie quando è mal gestito, come appunto nel terribile finale del film da me molto apprezzato per il resto e sopra citato.

    Concordo con te sul fatto che in Dumbo il nostro autore non si è fatto (grazie al cielo) prendere la mano e questo gli ha permesso di concentrarsi sulla creazione di un background umano degli addetti al circo che non casualmente ricordava quello presente all’inizio del Oz the Great and Powerful di Sam Raimi: Burton e Raimi sono due registi che con gli anni si sono diretti verso simili forme di espressione, assottigliando le differenze che negli anni precedenti li rendevano dei cineasti di tradizione assolutamente diversissima.

    Anch’io come te non ho visto Dumbo al cinema (mai avrei dato i soldi del biglietto e nemmeno il mio tempo in sala ad un’operazione così smaccata come quella dei live action di questo tipo), ma lo recuperai in streaming 4 k su Rakuten e devo confessare di averlo apprezzato molto, forse anche perché le mie aspettative erano bassissime: a differenza di altri tuoi follower, io ho sempre adorato il cartoon originale (un vero pioniere del cinema d’animazione, realizzato con una sapienza tecnica incredibile malgrado fosse in partenza relegato ad essere nulla più di un cartoon introduttivo e minore, con scene leggendarie) ed avevo letto critiche feroci nei confronti di questa versione di Burton, ma davvero certe volte mi chiedo se vediamo tutti lo stesso film…

    Hai ragione tu quando dici che non solo non ha snaturato il significato profondo del primo film e quel suo senso quasi magico di esaltazione della diversità intesa come risorsa, ma ha anche aggiunto una cura nei personaggi umani che non c’era (non poteva esserci) nel cartone animato di partenza e pensa, Butcher, che proprio il modo con cui sono stati tratteggiati gli umani è stato uno degli elementi più criticati di questo nuovo film da alcuni recensori! Follia…

    Dumbo è forse il film di Burton che, per impianto visivo e volontà artistica, più si avvicina al suo secondo Batman, pur ovviamente non raggiungendolo.

    1. Dumbo è stata una pellicola interessante e sicuramente uno dei pochi live action Disney a colpirmi veramente perché almeno ha veramente provato a fare qualcosa di nuovo. Mi dispiace solo che sia stato criticato tantissimo e che abbia guadagnato poco (non capisco come Aladdin possa essere così apprezzato invece).
      Comunque penso sia normale farsi prendere dalla nostalgia quando si ha a che fare con queste pellicole e capisco che a molti possano piacere perché ricordi la loro infanzia, ma bisogna anche guardare con un minimo di attenzione per capire che di nostalgico hanno poco.
      Spero solo di rivedere presto Burton con un nuovo film e in un contesto interessante.

  4. Non sono una appassionata di Disney e non conosco il Dumbo originale. Ho visto quasi tutti i film di Tim Burton e mi aspettavo qualcosa di più strano. Carino ma non mi ha preso tanto.

    1. Diciamo che il suo stile, la sua regia e il suo pensiero non sono stati oppressi dalla Disney e che quindi la sua presenza è stata visibile al contrario di quanto successo ad altri registi che hanno lavorato a questi live-action. Non è uno dei suoi migliori film, ma è stata una bella sorpresa.

  5. Ti dico dei remake in live action Disney ho apprezzato solo Cenerantola di Branagh, perché i protagonisti erano due attori molto bravi e perché se mi dai un mega vestito di tulle con gli swarovski sono perdutamente tua. Dumbo mi ha sorpreso perché amavo alla follia l’originale, con la storia dell’elefantino emarginato perché diverso, e ho apprezzato davvero tanto come Burton ha saputo rielaborare quel capolavoro. Il tema dell’handicap, della mutilazione, che si tratti della perdita di un braccio o di una mamma. E di come il diverso venga poi messo in vendita al miglior offerente. Come dici tu i personaggi di contorno sono tutti molto belli e per una volta i bambini non sono degli esseri irritanti (si sto parlando con te, Ritorno di Mary Poppins). Secondo me il prossimo di Burton sarà davvero una grande cosa, sebbene questo film non abbia incassato quanto gli altri remake disney, tipo quell’orrore del Re Leone.

    1. Il film su Cenerentola non mi ha detto nulla anche se ho apprezzato la fotografia e la regia. Dumbo tocca le corde giuste di Burton perché ha sempre trattato di emarginati con la giusta sensibilità e se l’è sempre cavata con la descrizione dei personaggi. Il Re Leone… Il vuoto cosmico. Avrei tanto da dire su quel live action ma preferisco evitare.

        1. Il problema di quella scelta registica era che i personaggi non trasmettevano alcuna emozione. A questo punto, se volevi farlo simile a un documentario, non renderlo con gli stessi dialoghi emotivi dell’originale e le stesse scene ma fatte peggio.

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