Alice nel Paese delle Meraviglie (1951)

Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo siamo tornati a parlare di classici della Disney dopo diverso tempo e l’abbiamo fatto con un film fondamentale per questa casa cinematografica: Cenerentola. Un ritorno ai lungometraggi per la casa di Topolino dopo diversi anni di pellicole antologiche. Possiamo anche definirlo un ritorno alle origini con una nuova principessa dopo Biancaneve. Una favola famosa che Disney riprende in maniera molto interessante. La cosa che sicuramente colpisce di più sono gli sfondi, molto curati e fiabeschi, perfetti per questo tipo di storia, specialmente se parliamo degli esterni come quando riprendono il giardino oppure il castello. Nonostante le animazioni non siano ai livelli del Periodo d’oro, sono comunque curate e realizzate molto bene, con un bel character design e dei momenti che sono rimasti nella storia. Certamente un film di cui bisogna riconoscere la sua importanza e apprezzarlo anche come opera.
Cenerentola fu una scommessa per Walt Disney. Dopo tanto tempo e dopo essere finalmente riuscito a guadagnare qualcosa con film animati antologici, lui decise di giocare il tutto per tutto con questa pellicola. Se avesse fallito, non ci sarebbero stati altri lungometraggi. Fortunatamente Cenerentola fu un grande successo e ciò ridiede vita e lustro alla casa di Walt Disney. Fu veramente importante, grazie a esso certi progetti che erano stati pensati anni prima finalmente videro la luce e poterono creare nuove opere interessanti. Infatti da molto tempo Disney stava progettando di portare sul grande schermo due classici della letteratura inglese di grande importanza e valore che, personalmente, ho sempre apprezzato. Ma probabilmente è questo quello a cui sono più legato.
Ecco a voi Alice nel Paese delle Meraviglie (Alice in Wonderland), pellicola d’animazione del 1951 scritto da Winston Hibler, Ted Sears, Bill Peet, Erdman Penner, Joe Rinaldi, Milt Banta, William Cottrell, Dick Kelsey, Joe Grant, Dick Huemer, Del Connell, Tom Oreb e John Walbridge, diretta da Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred Jackson e basato su Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll. Come al solito lascio la recensione di Chest of Tales (QUI).

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Trama:
Alice (Kathryn Beaumont) è una ragazzina che sta ascoltando la lezione di storia della sorella su Guglielmo I. Lei però si sta annoiando molto e si distrae facilmente. La sorella per ciò la rimprovera perché sogna ad occhi aperti, ma Alice continua a desiderare di vivere in un mondo senza alcun senso, una specie di paese delle meraviglie. E proprio in quel momento lei vede passare un Bianconiglio (Bill Thompson) vestito in modo elegante, con un enorme orologio da taschino che continua a ripetere di essere in ritardo. Alice, incuriosita, decide di inseguirlo fino ad arrivare alla sua tana. Mentre la ragazzina si sporge, cade nel buco e precipita in un mondo alquanto bizzarro, dove niente sembra avere la minima logica. Alice, affascinata da questo luogo, inizierà la sua ricerca del Bianconiglio, che la porterà a incontrare personaggi molto folli e particolari.

Non vedevo l’ora di poter finalmente parlare di Alice nel Paese delle Meraviglie. Mi sono divertito molto a parlare di Cenerentola perché quello fu un film fondamentale per la Disney, mentre penso che mi divertirò in quest’opera perché il 12° classico animato della Disney è uno dei miei film preferiti. Ho sempre adorato la storia di Lewis Carroll, la sua geniale follia e a mio avviso questa pellicola animata riesce perfettamente a riproporne certe aspetti, ma ogni cosa a suo tempo.

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Walt Disney conosceva bene la storia di Alice nel Paese delle Meraviglie e anche di Attraverso lo specchio e quello che Alice vi trovò (nel film in questione ci sono personaggi del secondo libro). Questo però non fu il suo primo tentativo nel portare su schermo quest’opera. Uno dei primi tentativi venne fatto negli anni ’20, quando esisteva ancora la Laugh-O-Gram Studio, il primo studio di animazione fondato da Walt Disney. Esatto, la Walt Disney Company non fu il suo primo studio.
Non vedevo l’ora di arrivare a questo punto perché volevo proprio discutere di questa piccola casa di produzione.

Tutto iniziò nel 1919, quando Walt Disney e Ub Iwerks trovarono impiego in un’agenzia pubblicitaria del Kansas, la Kansas City Film Ad. Disney nel 1920 o nel 1921 conobbe Frank L. Newman, il proprietario di una catena locale di cinema, e gli propose un accordo: trasmettere nei suoi cinema delle brevi sequenze animate che parlavano delle notizie locali. Newman fece una prova, proiettando in sala il filmato di Disney che ebbe una buona accoglienza. Newman allora ne richiese altri e Walt pubblicò un annuncio per la formazione di nuovi animatori. Il primo a rispondere fu Rudolf Ising (quest’ultimo famoso per essere stato in seguito fondatore degli studio d’animazione della Warner Bros. e della Metro Goldwyn-Mayer insieme a Hugh Herman).
Questi filmati vennero chiamati Newman Laugh-O-Gram ed ebbero un buon successo. Disney però voleva realizzare qualcosa di più grande e così, raggruppato un gruppo di animatori e indebitandosi per avere i soldi, realizzò nel 1922 Cappuccetto Rosso, un corto di 6 minuti. Quando poi venne fondato lo studio, venne aggiunto il sonoro e chiamato Grandma Steps Out.
Il 22 maggio infine Disney fondò la Laugh-O-Gram Studio e produsse corti come I musicanti di Brema e Jack and the Beanstalk, ma i problemi finanziari si fecero sentire e inoltre il Pictural Club, un gruppo di distribuzione con cui avevano un contratto, non pagò quanto pattuito per alcuni corti che erano stati commissionati. Ma è proprio quando lo studio era sull’orlo del fallimento che Disney diede vita a Il Paese delle Meraviglie di Alice.

Laugh-o-gram-Disney

Questo era un corto ispirato al libro di Carroll e mostrava una ragazzina in live-action, Alice (Virginia Davis), che entrava in un mondo completamente animato. Un cortometraggio realizzato attraverso la tecnica mista. Purtroppo non venne distribuito perché la Laugh-O-Gram fallì il 23 luglio del 1923.
Walt venne invitato dal fratello, Roy O. Disney, a Hollywood e decise di usare quel corto come episodio pilota di una futura serie. Margaret J. Walker si offrì di distribuire questa serie, che venne chiamata Alice Comedies e Disney, sempre insieme al fratello, chiamò tutti i collaboratori del Kansas (Ub Iwerks, Hugh Herman, Rudolf Ising e Carman Maxwell) per fondare i Disney Bros. Studio, per poi diventare Walt Disney Productions (nel 1986 diventerà la Walt Disney Company). Le Alice Comedies iniziarono nel 1924 e finirono nel 1927.

Nel 1932 intanto Disney pensò di fare un lungometraggio su Alice nel Paese delle Meraviglie sempre utilizzando la tecnica mista. Il progetto però venne accantonato in favore di Biancaneve e inoltre venne battuto sul tempo con l’uscita dell’omonimo film del 1933 diretto da Norman Z. McLeod.
Dopo il successo di Biancaneve, Walt decise di riproporre di nuovo il film e incaricò l’art director David S. Hall si sviluppare la storia e il concept art. Disney però non fu contento dei risultati perché i disegni era simili a quelli del grande John Tenniel (le illustrazioni che fece per il libro sono famosissime) e la storia era troppo cupa e grottesca. Come se non bastasse, lo scoppio della Seconda guerra mondiale e i flop di Pinocchio, Fantasia e Bambi fecero rimandare la produzione del film.
Nel 1945 Disney ripropose ancora una volta il progetto e rimase soddisfatto degli sfondi e dalle ambientazioni che gli vennero presentati da Mary Blair, famosissima disegnatrice e illustratrice, che ebbe un approccio più moderno, ma ne parlerò al tempo opportuno.
Walt era ancora aggrappato all’idea della tecnica mista, ma alla fine si rese conto che se voleva rendere giustizia all’opera di Carroll doveva realizzare il film completamente animato.
E dopo questo lungo discorrere della Laugh-O-Gram e della produzione della pellicola, parliamo di quest’incredibile opera.
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Certamente non è un’impresa semplice trasporre un’opera come quella di Carroll, i suoi personaggi bizzarri, le ambientazioni, i giochi di parole, le atmosfere, è tutto molto più complesso di quello che si può immaginare. Visto che la Disney è comunque una casa di produzione incentrata su pellicole dedicate a tutti quanti, sia piccoli che grandi, decise fin da subito di dare alla storia quel tocco disneyano che conosciamo bene: quindi ci saranno diversi momenti comici, un buon ritmo e anche delle canzoni (tra le altre cose molto belle. Questo è uno dei film Disney a detenere il più grande numero di canzoni, ben 30, anche se molte di esse non vennero inserite). Ciò ai tempi venne criticato perché si allontanava dalle atmosfere del romanzo, ma a mio avviso fu una critica esagerata. Certamente la storia in questo caso tende volutamente ad allontanarsi dai momenti cupi, grotteschi e anche filosofici (anche se in realtà qualcosa a riguardo è rimasto), era sempre dedicato a un ampio pubblico, ma una cosa che rimane invariata dall’inizio alla fine è la meraviglia che si prova esplorando questo mondo folle, senza un senso logico e paradossale, un sogno che cambia in continuazione e non si ferma mai.
Tutto ciò è sicuramente dovuto a un grande insieme di elementi che riescono ad armonizzarsi perfettamente tra di loro: animazione, fondali, ritmo, colori.

Nel film ci sono diversi personaggi e tutti con un character design decisamente varieggiato e ispirato.
Alice è ispirata alle fattezze della sua doppiatrice (che, tra le altre cose, dovette imitare certi movimenti affinché gli animatori riuscissero a disegnarla bene, e venne perfino messa dentro una casa in miniatura per creare la famosa scena in cui Alice diventa gigante e rimane intrappolata nella casa del Bianconiglio). Ciò che è rimasto più impresso a tutti però è il suo vestito, un abito azzurro con la gonna ampia e sopra di esso un grembiule bianco. Un design entrato nell’immaginario collettivo e che è stato riutilizzato in tantissime altre versioni.
Ci sono molti altri personaggi che sono diventati indimenticabili, come lo Stregatto (Sterling Holloway) con il suo ampio sorriso e il colore viola e porpora, la Regina di Cuori (Verna Felton), che in questo caso è l’unione di due personaggi del romanzo ossia la Regina di Cuori e la Duchessa e rimane impressa per le sue espressioni esagerate e comiche che ha ogni volta che perde la pazienza. E come non parlare del Cappellaio Matto? Quest’ultimo è stato disegnato in modo che il suo aspetto fosse in sintonia con la voce di Ed Wynn (tra le altre cose alcuni dei suoi dialoghi folli e improvvisati piacquero talmente tanto a Disney che disse agli animatori di trovare un modo per animarli e inserirli nel film).
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Ci sono tanti personaggi davvero ben fatti, ma non possiamo parlare di tutti e in questo caso vorrei passare agli sfondi. I paesaggi di Alice nel Paese delle Meraviglie sono molto vari e colorati e buona parti del loro design è merito, come avevo scritto in precedenza, di Mary Blair, che qui utilizzò uno stile moderno e soprattutto bizzarro.
Il primo ambiente che vediamo è il parco dove Alice e la sorella stanno studiando, l’unico luogo “normale” della pellicola, dettagliato e preciso, con dei colori accesi e vivi. Poi passiamo alle ambientazioni del Paese delle Meraviglie che possiamo definire astratte, oniriche, con linee volutamente imprecise e composte da sfumature di colori che passano dal blu, al rosso, al verde, al viola, dando quell’impressione surreale. La Blair diede veramente una grande mano nel rendere unico questo film anche se molte delle sue idee purtroppo non vennero messe nella pellicola (non sapete quanto avrei voluto vederle). Sta di fatto che probabilmente questo è il lavoro migliore che abbia fatto nei film Disney.

Ora arriviamo a un punto che alcuni potrebbero considerare un difetto del film: la narrazione. Disney voleva cercare di essere il più fedele possibile al romanzo originale e quindi gli incontri che fa Alice sembrano più degli episodi messi insieme che non si ricollegano a una trama lineare. È anche questo uno dei motivi per cui le scene e le sequenze sono così folli. Qui gli animatori hanno avuto modo di sbizzarrirsi, di dare vita e delle animazioni puramente oniriche, folli quanto la scena degli Elefanti Rosa di Dumbo, se non di più.
Molte scene sono entrate nella storia e sono difficilmente dimenticabili: L’ora del thè con il Cappellaio Matto, la caduta di Alice, la marcia delle carte (sequenza piena di colori creata sempre da Mary Blair), tutte scene in cui l’animazione raggiungeva il culmine nella propria libertà.

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Nonostante ciò è sbagliato definire questo film come un collage di scene senza un fine perché, così come il libro, questa è una storia di formazione. Tutto il viaggio che compie Alice è una metafora della crescita e del cambiamento. Lo si può notare benissimo nella scena in cui il Brucaliffo (Richard Haydn) quando viene posta la famosa domanda: “Chi essere tu?” e Alice non sa come rispondere perché è cambiata molte volte nel corso di questo bizzarro viaggio (come il fatto di essersi rimpicciolita e ingigantita in più occasioni). E anche verso la fine Alice arriva alla conclusione che questo suo mondo ideale non era poi così ideale come credeva. Alla fine si dimostrò una storia più sorprendente e matura di quello che si può immaginare.

Quando il film uscì, purtroppo venne accolto abbastanza freddamente dal pubblico e dalla critica. Non lo capirono. Un po’ come successe per Fantasia, questa era un’opera molto avanti per quegli anni. Al cinema non ebbe successo ma fi rivalutata e riscoperta nel corso degli anni, arrivando al suo massimo splendore negli anni ’70 e venne perfino riproposto al cinema. Oggi viene considerato come un’opera importante a straordinaria per il mondo dell’animazione ed è un film che continua a essere fonte di ispirazione per tantissimi artisti.

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Per concludere, Alice nel Paese delle Meraviglie è un film particolare e unico, una storia che cerca di puntare moto di più sulle musiche e sulla commedia, ma allo stesso tempo riesce a rimanere fedele alla romanzo di Lewis Carroll, a prendere le tematiche della crescita e del cambiamento e a rappresentare benissimo il mondo di Alice (che tra le altre cose è una protagonista veramente simpatica). Un’opera in cui le animazioni e l’art director hanno dato vita a qualcosa di surreale e onirico, creando una sorta di sogno con colori sgargianti. Un film che adoro tantissimo e che bisognerebbe recuperare a tutti i costi.

Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

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[The Butcher]

42 pensieri riguardo “Alice nel Paese delle Meraviglie (1951)

    1. I love this movie with all my heart and recognize how much Disney animated films have contributed historically and how incredible they still are today (Snow White has impressive animations that make even Disney animated films today pale). This Alice is amazing and I’m glad I introduced you to some interesting information.

  1. Una storia davvero originale, non facile da comprendere, ma se ci entri dentro trovi un mondo fantastico di personaggi e con una morale tutta da leggere.
    A me piace molto.

    1. Anch’io l’adoro. Amo il libro e amo moltissimo questa trasposizione animata. Può non piacere appunto per la sua particolarità, però bisogna ammettere che è molto coraggioso e intelligente sia in ciò che racconta che nella messa in scena.

    1. Penso che l’abbia fatta bionda prendendo come ispirazione i meravigliosi disegni di John Tenniel. Alla fine tra quei disegni è l’opera animata, nella cultura generale Alice è diventata bionda. Non è qualcosa che mi crea fastidio, però mi piace sempre spiegare o cercare di capire il motivo legato a certe scelte. Grazie per il commento!

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