The Nun – La vocazione del male

Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo abbiamo parlato di animazione, arrivando a introdurre sul blog Blue Sky Studios, uno studio che purtroppo non esiste più ma che riuscì a realizzare opere di un certo interesse e una di queste era certamente Robots. Rodney Copperbottom è un giovane robot che ama inventare e vorrebbe incontrare il suo idolo, Bigweld, un robot che ha sempre aiutato i più bisognosi e anche lui è un inventore. Per questo decide di andare a Robot City, ma qui scopre che le industrie di Bigweld sono sotto il controllo di Ratchet, uno spietato robot che vuole smettere di produrre componenti di ricambio per i robot più poveri e mettere sul mercato componenti costose che non tutti possono permettersi, eliminando così i robot che considera obsoleti. Rodney, insieme a un gruppo di robot chiamati Rusties, tenterà di fermarlo. Un film che ha qualche piccolo problema come scene comiche slapstick un po’ troppo lunghe, ma che per il resto riesce a convincere benissimo grazie a un design convincente, curato e armonioso, un ottimo ritmo e dei bei personaggi. Inoltre tenta, e riesce, di lanciare un bel messaggio sociale veramente profondo, che non mi sarei mai aspettato, e che riesce a funzionare grazie alla storia. Lo consiglio assolutamente!
Questa volta torniamo a parlare di cinema e riprendiamo, dopo non so quanto tempo, a parlare del The Conjuring Universe. Io amo i due capitoli diretti da James Wan ma diciamo che gli spin-off spesso si sono dimostrati deludenti. E oggi parliamo di uno spin-off particolarmente deludente.
Ecco a voi The Nun – La vocazione del male (The Nun), pellicola horror del 2018 scritta da Gary Dauberman e diretta da Corin Hardy.

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Trama:
Siamo in Romania nel 1952 e in un monastero una suora si suicida, impiccandosi, e il cadavere viene ritrovato giorni dopo da Maurice Theriault (Jonas Bloquet). Il vaticano viene a sapere dell’accaduto e, sospettando che ci sia qualcosa di più sotto, fa convocare Padre Burke (Demián Bichir) per indagare e quest’ultimo decide di portare con sé suor Irene Palmer (Taissa Farmiga), una giovane donna che tra non molto prenderà i voti. I due viaggiano così verso l’abbazia in questione, accompagnati da Maurice, e incontrano la Badessa (Gabrielle Downey). Quest’ultima li informa che le suore presenti nell’abbazia osservano un periodo di silenzio durante la notte e potranno parlare con loro il giorno successivo. Così Irene e Burke rimangono lì per la notte, ma è proprio allora che si rendano conto che un male antico e oscuro si aggira tra le mura di quel luogo, un demone che assume le sembianze di una suora demoniaca (Bonnie Aarons). Sarà l’inizio di una lunga lotta.

Il personaggio della suora demoniaca era apparsa in The Conjuring 2 – Il caso Enfield e fin da subito era riuscita a spaventare e a farsi amare da molti, in parte dovuto al suo design che rimane impresso fin da subito.  Ed era ovvio che, dopo Annabelle, lei sarebbe stata la prossima ad avere un film tutto suo. L’idea mi piaceva ma purtroppo il risultato finale lascia veramente con l’amaro in bocca.

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Partendo dal lato tecnico, vorrei parlare dei pregi della pellicola ossia l’atmosfera e le ambientazioni. Quest’abbazia antica con le sue ampie stanze e i suoi lunghi corridoi sicuramente si dimostra un luogo perfetto per la storia e l’atmosfera viene sfruttata bene, dando alla pellicola quasi l’aspetto di un gotico anche attraverso la fotografia, dove vedremo di tanto in tanto un buon uso del blu e a volte del rosso. Niente di estremamente complesso o curato, ma sicuramente è resa bene. Qui però finiscono gli elementi positivi. Il resto è un disastro.

La regia di Hardy ad esempio cerca di imitare molto quella di James Wan ma fallisce del tutto. Questo per il semplice fatto che non riesce a costruire la tensione o, se ci prova, la fa scemare subito con qualche prevedibile jumpscares. Proviamo solo a pensare com’erano diretti i The Conjuring di Wan. Nel primo la tensione era data dall’atmosfera e dal tempo in cui il tutto veniva costruito. Nel secondo capitolo invece si basava sui jumpscares ma anche questi erano resi bene perché quando si credeva che stava per arrivare lo spavento, la tensione si rompeva all’improvviso, arrivando a un momento di calma ed era lì che arrivava il jumpscare, riuscendo effettivamente a sorprendere. Qui non si riesce ad avere nessuno dei due. Troppi jumpscares messi abbastanza vicini gli uni dagli altri e senza che sappiano sorprendere o arrivare quando meno te lo aspetti. La cosa peggiore però è la messa in scena. Penso che un delle sequenze peggiori sia quella della tomba, dove Burke segue letteralmente l’apparizione di un ragazzo morto tempo addietro che non era riuscito a salvare e che si teletrasporta da un punto all’altro (e onestamente se un ragazzo morto chiama il tuo nome e ti attira verso un cimitero e tu lo segui pure, significa che devi rivedere le tue priorità e che la Chiesa deve inviare persone più competenti ad affrontare il demonio). E il tutto finisce con Burke che viene intrappolato dentro una bara e con una lapide personalizzata con il proprio nome. Non so come sia possibile, ma il ritmo e la costruzione della scena hanno reso questo momento abbastanza divertente. Non ho avvertito l’orrore, la tensione, l’ansia, ma mi sono ritrovato a ridere di gusto. Solo che questo non era il loro obiettivo. E la sceneggiatura non migliora le cose.

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Uno dei problemi riguarda certamente i personaggi a cui non riusciamo veramente ad affezionarci. Ci provano un minimo all’inizio, ma poi lasciano perdere per concentrarsi su altro (i jumpscares in pratica) e alla fine ci ritroviamo davanti a personaggi che sembrano freddi. Non riusciamo ad affezionarci a Irene, così come non riusciamo ad affezionarci agli altri. Inoltre Burke si dimostra abbastanza inutile e anche sciocco nelle sue scelte. Lui pratica esorcismi da tempo e inoltre è una persona che viene chiamata dal vaticano quando la situazione è molto seria. Per questo è tremendo vederlo cadere nelle trappole del demone con così tanta facilità, trappole che tra l’altro sono parecchio evidenti. Inoltre i nostri protagonisti riescono a scoprire le cose per pura caso, come ad esempio i libri che parlano del demone, nascosti proprio nella tomba in cui era stato intrappolato Burke. Certo, forse qui la colpa è pure del demone che si è praticamente auto-sabotato. Ovviamente abbiamo anche diversi buchi di sceneggiatura o comunque spiegazioni che ci lasciano più confusi che altro. La scelta peggiore è stata quella di mostrare troppo spesso la suora demoniaca. In The Conjuring 2 appariva veramente poco, ma quelle poche volte le ricordavi assolutamente. Qui invece è presente troppo spesso, perdendo la sua aria minacciosa e inquietante e perfino lei alla fine riesce a fare due scemenze. Sono riusciti a sprecare un personaggio simile e questo mi dispiace profondamente.

Per concludere, The Nun – La vocazione del male è un horror che non riesce a costruire la tensione e che tedia con la presenza di jumpscares prevedibili, oltre che far ridere invece che spaventare. I personaggi sono dimenticabili e la storia non ha niente che possa colpire.

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Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

35 pensieri riguardo “The Nun – La vocazione del male

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