Lilo & Stitch

Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo abbiamo deciso di mettere momentaneamente in pausa gli articoli inerenti al mondo del cinema e tornare a parlare di fumetti e nello specifico a discutere di quella serie fantasy italiana che continua a essere molto interessante, Kalya con il suo volume 9. Dopo essersi riappacificati con gli orchi, Kalya e il suo gruppo sono riparti insieme al nano Bael per continuare il loro viaggio. Per arrivare a Hobur, sono costretti a passare per una città gjaldest, una città costruita sottoterra. La situazione qui però si farà molto difficile e dovranno affrontare vari pericoli tra trappole e mostri. Questo volume aveva probabilmente tra i disegni migliori dell’intera serie (finora), con i personaggi e le ambientazioni ricchi di dettagli e costruiti con cura, un uso sapiente del chiaroscuro che crea la giusta atmosfera e delle sequenze molto scorrevoli e capaci di essere anche molto affascinanti nella loro costruzione. Nella storia vengono aggiunti nuovi personaggi anche molto divertenti e inoltre si parla di argomenti inerenti l’intera Theia. Un ottimo volume che consiglio!
Come avevo detto la scorsa volta, torniamo nel mondo del cinema e dell’animazione ma soprattutto, dopo non so quanto tempo, torniamo a parlare della Disney!
Sì, me ne rendo conto, è passato veramente tanto tempo dall’ultima volta che ho scritto di un loro classico animato. Penso che il motivo sia dovuto alla mia costante delusione per quello che la Disney è diventata adesso, ma ciò non toglie quello che è stata in passato e soprattutto non dovrebbe impedirmi di parlare di un’opera valida. Anche perché il film di cui parlerò oggi è tra i miei preferiti in assoluto della Disney.
Ecco a voi Lilo & Stitch, pellicola animata del 2002 scritta e diretta da Chris Sander e Dean DeBlois.

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Trama:
La Federazione Galattica si riunisce per processare il dottor Jumba Jookiba (David Odgen Stiers), accusandolo di aver fatto sperimentazioni genetiche illegali e, come prova, portano la sua ultima creazione, l’Esperimento 626 (Chris Sanders). La Federazione considera 626 come un essere violento e pericoloso per gli altri, in quanto Jumba lo ha creato per distruggere centri abitati, così decidono di esiliarlo su un asteroide deserto mentre il dottore viene messo in prigione. 626 però è anche molto intelligente e riesce a fuggire dalla sua prigionia e finisce sul pianeta Terra, atterrando nell’isola hawaiana di Kauai e venendo investito da un camion. Intanto nell’isola la piccola Lilo Pelekai (Daveigh Chase) e sua sorella maggiore Nani (Tia Carrere) stanno cercando di far funzionare le cose nella loro piccola famiglia. Hanno perso i genitori e Nani deve occuparsi di Lilo, ma fa grande fatica a gestire sia la casa sia il lavoro e inoltre Lilo ha diversi problemi perché viene considerata strana dagli altri e per questo non ha amici. Il loro assistente sociale, Cobra Bubbles (Ving Rhames), non apprezza questa situazione precaria e se Nani non migliora le cose, sarà costretto a portare via Lilo. Nani allora, visto che Lilo ha bisogno di amici, decide di portarla al canile e qui si trova anche 626, portato dai camionisti che l’hanno scambiato per un can. 626 decide di approfittare della situazione, nascondendo le sue fattezze aliene e fingendosi un cane. Lilo rimane subito colpita e decide di adottarlo, chiamandolo Stitch.

Ho un rapporto molto stretto con questa pellicola. Da piccolo l’avrò vista innumerevoli volte per quanto mi ero affezionato ai suoi personaggi e inoltre mi ero anche appassionato alla serie animata che avevano fatto in seguito e che veniva trasmessa su Rai2, dove dovevano recuperare tutti gli altri esperimenti di Jumba, Di quest’ultima ricordo bene che per me era una fonte di sollievo, visto che la trasmettevano quando tornavo dal catechismo, un’esperienza tremenda che mi stancava soltanto e non ha accresciuto la mia conoscenza. Sono molto legato a Lilo & Stitch ma, come sempre, cercherò di essere oggettivo a riguardo.

Questa volta, invece che iniziare dalla produzione, vorrei parlare brevemente di una cosa che non avevo mai introdotto prima nelle altre recensioni animate: la campagna marketing. Lo faccio per il semplice motivo che quelle pubblicità da piccolo mi divertivano un mondo e le trovavo geniali. Le conobbi per la prima volta con una videocassetta della Disney (penso che il film in questione fosse Dinosauri). In un primo momento nelle pubblicità venivano trasmesse le immagini dell’iconica scena del ballo de La bella e la bestia e pensavo fosse un modo per parlare di quel classico. Poi, all’improvviso, vedo questo esserino blu che fa cadere il lampadario, rovinando il momento romantico tra Belle e la Bestia. Grazie a ciò scoprii il film. L’idea di portare Stitch in altri classici Disney e rovinare scene iconiche era un’idea magnifica e penso che la mia pubblicità preferita sia quella in cui Stitch convince Jasmine a salire sulla sua auto volante, lasciando Aladdin da solo sul tappeto volante (penso che qui il mio giudizio sia contagiato dall’antipatia che provo per il personaggio di Aladdin). Era una cosa simpatica di cui volevo parlare e, ora che ho finito, possiamo partire con la sua produzione.

Diciamo che l’idea del film, o per meglio dire del personaggio di Stitch, risale perfino al 1981. Il regista e sceneggiatore del film, Chris Sanders, a quei tempi stava lavorando a una storia per bambini che aveva come protagonista questo mostro orfano. Purtroppo non riuscì a scrivere il progetto e decise di accantonarlo. Fu lì che creò il design della creatura, un design molto lontano dallo Stitch che conosciamo, visto che era molto più grande, con una coda molto lunga e pesante, quadrupede e con dei denti molto aguzzi. Nonostante le differenze, ci sono alcuni elementi simili come ad esempio gli occhi, il naso e le antenne sparse sul corpo.

In ogni caso, dopo aver lasciato il progetto, nel 1987 venne assunto dalla Disney dove lavorò per Bianca e Bernie nella terra dei canguri, a La Bella e la Bestia, Il Re Leone e anche per Mulan (ricordiamoci che in quest’ultimo caso è grazie a lui se il film non si è trasformato in una commedia romantica). Nel 1997 i produttori esecutivi della Disney si riunirono per parlare dei futuri film animati e il vice presidente di allora della divisione animata, Thomas Schumacher, suggerì di fare un lungometraggio che fosse come un Dumbo per l’attuale generazione e decise di prendere Sanders come regista. Fu allora che Sanders si ricordò del disegno del mostro fatto molti anni prima, così lo riprese e lo modificò, dandogli l’aspetto che conosciamo. Ovviamente all’inizio la storia era diversa. Nelle prime bozze infatti, quando Stitch atterrava sulla Terra, incontrava degli animali che lo trattavano con diffidenza. Schumacher però voleva che Stitch interagisse con gli umani, in modo che le loro differenze fossero maggiori e quindi Sanders riscrisse tutto, aggiungendo un ragazzino che poi divenne una ragazzina, in modo che il conflitto tra i due fosse più evidente. Tra l’altro in quei giorni si trovava a Palm Springs, in Florida, e nella sua stanza d’hotel c’era una mappa delle Hawaii. Sapendo poco a riguardo, il regista decise di informarsi di più su quella cultura (e lì riprese il concetto di Ohana che tratteremo in seguito). E sempre guardando varie mappe turistiche delle Hawaii trovò i nomi di Lilo e Nani. Così iniziò a prendere forma la storia anche se c’erano ancora delle differenze rispetto al prodotto finale. Infatti Stitch doveva essere il capo di una banda intergalattica mentre Jumba era al servizio della Federazione e doveva catturarlo. Il tutto poi è stato trasformato nel modo che conosciamo perché il rapporto tra i due non funzionava bene. E dopo aver parlato di tutto ciò, passiamo al lato tecnico.

Questo film fu il primo lungometraggio a essere diretto sia da Sanders che da DeBlois ma entrambi dimostrano grande abilità nel dirigere quest’opera e soprattutto a imporre la loro autorialità, in particolar modo Sanders che, possiamo dirlo tranquillamente, ebbe abbastanza libertà per una produzione simile e fu più il suo film che il film della Disney. Nel lato tecnico di sono tante scelte interessanti che prese e il primo che salta all’occhio riguarda i tratti del disegno. Dopo Atlantis, che aveva tratti squadrati e spigolosi, qui si ritorna a uno stile più morbido e rotondeggiante come in alcune pellicola animate precedenti della Disney, aggiungendo però il tocco personale dello stesso Sanders. Questo tipo di tratto verrà applicato sia ai personaggi umani sia a quelli alieni e perfino ai vari macchinari e astronavi. Ad esempio ho apprezzato il design dell’astronave della Federazione, con la parte anteriore molto grande e arrotondata quasi a ricordare l’aspetto di una balena. Tra l’altro la cosa interessante del design degli alieni è che sono tutti ispirati a creature marine, per questo l’aspetto di Stitch stona con loro visto che, di base, assomiglia a un koala (ci fanno anche una battuta a riguardo). Anche i personaggi umani riescono a essere unici e riconoscibili, dimostrando come questo stile sia stato studiato molto bene, rendendo il film unico nel disegno.

C’è però un altro elemento che mi ha sempre stupito ossia la scelta di colorare i fondali con l’acquerello. Una scelta coraggiosa e molto autorevole, una scelta che non veniva fatta dai tempi d’oro della Disney. Infatti questa tecnica venne usata per film come Biancaneve e i sette nani, Fantasia, Bambi, ma purtroppo venne abbandonata quando la Disney si ritrovò in crisi e, vista la difficoltà d’uso e la complessità, venne sostituita dalla tecnica a guazzo. Grazie a questa scelta sono riusciti a realizzare dei colori molto caldi e delicati, le cui tonalità riuscivano a creare un’atmosfera stupenda, come se stessimo guardando un libro di favole per bambini, proprio come voleva Sanders. Inoltre le sfumature erano usate in maniera eccellente, dando al tutto grande equilibrio. Adoro ad esempio alcune scene di notte, specialmente quella in cui Stitch si sente perso e si ritrova da solo. Qui l’uso del colore blu e le sue pennellate delicate riescono a sottolineare la drammaticità e la malinconia del momento.
Tutti questi ottimi elementi vengono inoltre valorizzati dalla regia di Sander e DeBlois, capaci di equilibrare i vari momenti tra scene d’azione dinamiche, momenti comici con un ritmo azzeccato e sequenze drammatiche dolci, delicate e mai melense. Quindi il livello tecnico di quest’opera è davvero ottimo, ma anche la sceneggiatura si dimostra ben scritta e anche molto matura.

Come avevo accennato in precedenza, la tematica principale di quest’opera è Ohana, famiglia.

Ohana significa famiglia. Famiglia significa che nessuno viene abbandonato. O dimenticato.

Con queste parole Lilo spiega la profondità di quella parola e quanto sia un caposaldo sia per lei che per sua sorella Nani. Inoltre Ohana è interessante perché non si riferisce esclusivamente ai legami di sangue ma anche a relazioni molto strette, come gli amici, e anche il concetto di adozione. Penso che questo sia uno di quei film che parlava di famiglia in maniera davvero più ampia e moderna, riuscendo a far capire l’importanza dei legami anche tra persone molto differenti e di come sia importante sostenersi l’un l’altro. Non è la prima volta che la Disney parla di queste tematiche, ma mai l’aveva fatto in questo modo e con tanta maturità. Il film però non si ferma qui e mostra ulteriormente un enorme coraggio perché qui viene rappresentata una famiglia disfunzionale. Lilo e Nani si vogliono molto bene e il loro rapporto è stato mostrato benissimo, con naturalezza, sia quando litigano sia quando si sostengono l’un l’altra,. Però hanno i loro problemi e, di base, per una giovane donna come Nani, che si ritrova improvvisamente orfana a gestire la sorella minore, le cose non sono sono affatto facili. E nonostante l’umorismo aiuta molto a non rendere l’intera situazione troppo pesante, le difficoltà che affrontano si sentono eccome. Tutti questi elementi sono gestiti bene e ciò è dovuto anche all’enorme cura che hanno messo nella scrittura dei personaggi.

Partiamo ad esempio da Stitch. Inizialmente il suo scopo è solo quello di portare distruzione e caos, una cosa che prova a fare ma, trovandosi in una piccola isola senza grandi città, gli risulta quasi impossibile, limitandosi a quello che trova. Però è anche grazie a ciò che inizia la sua crescita. Non ha un passato, non ha dei ricordi a cui aggrapparsi e l’arrivo di Lilo in questa famiglia particolare lo sconvolgerà. Non a caso lui rimane colpito dalla storia de Il Brutto Anatroccolo di Hans Christian Andersen, dove si rispecchia molto nel protagonista che, all’inizio, è solo. Quindi inizierà a provare affetto e cercherà di imparare a vivere con loro, fallendo molte volte e mettendo Lilo e Nani in guai seri. La sua crescita sarà gestita molto bene ma in realtà il personaggio che più di tutti stupisce e che sicuramente è quello più complesso e maturo nella sua scrittura è Lilo.

Da piccolo provavo una profonda empatia per lei e in realtà ancora oggi sono affezionato al suo personaggio e continuo a rivedermici. Lilo è una bambina che va fuori da qualsiasi canone, non solo quello della Disney. Ha una personalità veramente forte e spiccata e inoltre molti la considerano strana, un’outsider. Possiede perfino delle passioni molto peculiari, come quella di fotografare le persone grasse (sono sicuro che lei avrebbe apprezzato i dipinti di Fernando Botaro), oppure la sua bambola con una storia particolare e tanti altre hobby bizzarri (per non parlare del suo enorme amore per le musiche di Elvis Presley, musiche che tra l’altro vengono usate benissimo). Inoltre è un personaggio sfaccettato e anche pieno di difetti che arriva a litigare con la sorella o perfino a picchiare una sua coetanea, Mertle (Miranda Paige Walls), quando questa la chiama stramba. Tutte componenti che la rendono realistica e molto umana. C’è poi anche un altro elemento trattato benissimo che vede protagonista Lilo ed è la gestione del trauma. Lilo sente molto la mancanza dei genitori e per questo motivo cerca affetto e anche i suoi comportamenti rispecchiano questa caratteristica. Il tutto è gestito in maniera delicata e profonda, evitando di cadere nella retorica da quattro soldi e regalandoci un personaggio bellissimo che si arriva ad amare per i suoi difetti, la sua complessità e la sua umanità.

Il film non costò tanto, non arrivò alle enormi cifre delle pellicole precedenti come Atlantis o Il pianeta del tesoro ma, nonostante tutto, possiede una qualità e una tecnica elevata e, dopo diversi flop (anche un po’ immeritati) della Disney, fu un grande successo di pubblico oltre che di critica dal quale tirarono fuori diverse opere tra cui la già citata serie animata, tre film per l’home video, uno spin-off giapponese prodotto dalla Madhouse e perfino uno spin-off cinese (quest’ultimo è l’unico che non ho visto). Nonostante ciò quello di cui sono veramente felice è che, a distanza di anni, questo film venga ricordato con affetto e soprattutto che perfino oggi rimane incredibilmente moderno.

Per concludere, Lilo & Stitch è un’opera magnifica con un lato tecnico molto curato, caratterizzato da linee morbide e rotonde, un design originale e un uso dell’acquarello che è una gioia per gli occhi. Inoltre la storia è veramente coraggiosa nel trattare tematiche come il trauma e la famiglia disfunzionale, facendolo con maturità e delicatezza.

Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

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