Gli Aristogatti

Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo siamo tornati a parlare di cinema italiano e lo abbiamo fatto con un’opera recente che merita sicuramente molta attenzione, Il mostro della cripta. Un film horror comico italiano costato molto poco ma realizzato con enorme impegno e passione, una pellicola ambientata negli anni ’80 che vede come protagonista un ragazzo appassionato di horror che, leggendo uno dei suoi fumetti preferiti, scopre inquietanti analogie tra gli eventi del fumetto e quelli che stanno accadendo nel suo paesino. Un film che cita molte opere horror del periodo sia in maniera ovvia che con sottigliezza ma riesce comunque a creare una storia originale, con battute spassose, un ottimo ritmo e degli effetti artigianali ottimi. Un’opera piena di personalità e passione che vi consiglio assolutamente di recuperare.
Questa volta torniamo a parlare di animazione e lo facciamo di nuovo con la Disney. Dopo la breve parentesi con il divertente e stupendo Un gatto a Parigi, torniamo a parlare della casa di Topolino. L’ultima volta ci eravamo fermati con Il libro della giungla, la pellicola che chiudeva il Periodo D’Argento della Disney (tra le altre cose uno dei miei periodi preferiti a livello personale), ma anche l’ultimo film a cui partecipò Walt Disney attivamente prima della sua morte nel 1966. Questo fu certamente un evento molto pesante per il mondo del cinema e soprattutto per la Disney stessa. Che piaccia e no, Walt Disney si dimostrò un artista molto intelligente e artistico, capace di guidare persone talentuose e realizzare opere tuttora immortali. Con la sua morte viene così a mancare una guida capace di trascinare lo studio con progetti ambiziosi. Per la Disney questo nuovo periodo, il Periodo di Bronzo, sarà una vera e propria sfida, una sfida che proveranno ad affrontare e inizieranno proprio con questo film.
Ecco a voi Gli Aristogatti (The Aristocats), pellicola d’animazione del 1970 scritta da Larry Clemmons, Vance Gerry, Ken Anderson, Frank Thomas, Eric Cleworth, Julius Svendsen e Ralph Wright e diretta da Wolfgang Reitherman.
Come al solito, ecco la recensione di Chest of Tales (QUI).

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Trama:
Siamo nella Parigi del 1910 e nell’enorme casa di Madame Adelaide Bonfamille, una cantante lirica, vivono dei gatti: la madre Duchessa (Eva Gabor) con i suoi figli Minou (Liz English), Matisse (Gary Dubin) e Frou-Frou (Nancy Kulp). I gatti vivono una vita lussuosa e agiata e passano il loro tempo ad allenare le loro capacità artistiche come musica, canto e pittura. Nella casa vive anche il maggiordomo Edgar (Roddy Maude-Roxby) che serve Madame e i suoi gatti. Un giorno Madame convoca l’avvocato Georges Hautecourt (Charles Lane) per fare testamento. Non avendo parenti in vita, lei decide di lasciare tutto quanto ai suoi gatti e poi, quando saranno morti, l’eredità passerà a Edgar. Il maggiordomo sento tutto e, non essendo disposto ad aspettare così tanto, decide di sbarazzarsi dei gatti ma, mentre si sta dirigendo in campagna con loro, viene attaccato da due cani ed è costretto a fuggire. Duchessa e i figli si ritrovano sperduti nella campagna, ma il giorno dopo incontrano il gatto randagio Romeo (Phil Harris) che li aiuterà a trovare casa.

La morte di Walt Disney fu un brutto colpo ma anche un momento molto importante per lo studio. Adesso dovevano cavarsela da soli e una delle prime cose che fecero fu di continuare sulla falsa riga delle commedie musicali proprio come in questo caso. E se la sono cavata proprio bene.

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Parlando della sua produzione, questo film ha origine nel 1961, quando Disney era ancora in vita. In quel periodo Disney suggerì a Harry Tytle e Tom McGowan delle storie con degli animali da trasformare in due episodi per il programma televisivo Wonderful World of Color. Tra le altre cose in origine doveva essere fatto in live-action. I due autori infine vennero fuori con questa storia che, ovviamente, inizialmente era un po’ diversa in quanto c’era il maggiordomo ma anche una cameriera che volevano mettere le mani su una ricca eredità dopo la morte dell’ereditiera. Tutta la storia si sarebbe incentrata sulla madre dei gatti che nascondeva i figli in vari luoghi di Parigi. La sceneggiatura non venne accettata ma Disney insistette affinché alcune scene venissero cambiare o tagliate e il progetto de Gli Aristogatti venne spostato da film in live-action a lungometraggio animato. L’unica cosa che Disney riuscì a vedere del film prima di morire furono gli sketches preliminari.

Che cosa si potrebbe dire del film? A livello tecnico è veramente un buon prodotto che continua a usare la xenografia davvero bene, usando questi tratti sporchi, dove gli schizzi non si separano dal disegno finale, un tipo di stile che ho sempre amato e che rende il tutto più “umano”. Infatti in questo caso ho apprezzato molto le linee imperfette che riempiono i personaggi, come ad esempio sui gatti, cui dà l’impressione di avere un pelo disegnato in maniera più complessa, ma soprattutto negli umani, dove le linee sporche e imprecise creano rughe e solchi che rendono il character design più complesso e interessante. Anche qui, come succederà spesso, ci saranno varie scene che verranno riutilizzate. La più ovvia di tutti è quella di Matisse che tenta di essere minaccioso. A livello tecnico si dimostra un ottimo prodotto ma è la sceneggiatura il vero punto d’interesse dell’opera.

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A livello di storia non brilla certo per originalità e certi elementi ricordano molto altre pellicole Disney, come ad esempio la storia d’amore tra la Duchessa e Romeo (simile a quella di Lilli e il Vagabondo per quanto riguarda i loro ceti sociali) oppure la storia del rapimento e del ritorno a casa (che ricorda invece La Carica dei cento e uno). La trama è veramente lineare e non ha dei veri elementi che lasciano il segno, come ad esempio dei colpi di scena, ma non è la storia che rende interessante il film ma i suoi personaggi.

Possiamo dire che l’intera pellicola si basa sui personaggi, tutti quanti caratterizzati benissimo. Basti pensare ai figli della Duchessa, con comportamenti diversi tra loro e capacità artistiche differenti, alla Duchessa stessa, elegante e gentile. I personaggi principali sono ottimi, ma anche quelli secondari lasciano il segno. Prendiamo per esempio l’avvocato Georges, che appare per qualche minuto eppure rimane impresso non solo per l’aspetto ma anche per il suo comportamento esuberante e le sue battute divertenti. Lo stesso di può dire ad esempio delle tre oche. Onestamente la loro presenza non è molto utile ai fini della trama e poteva anche essere tagliata, eppure non si può fare a meno che apprezzarli per il loro modo di comportarsi, le loro interazioni con i protagonisti e la loro naturalezza.

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I personaggi di questo film riescono a lasciare il segno e quello migliore di tutti è sicuramente Romeo, un gatto randagio che ci prova con la Duchessa ma che alla fine decide di aiutare quella famiglia in difficoltà con ogni mezzo possibile. La cosa migliore è che in italiano il suo personaggio acquisisce ancor più valore e più caratterizzazione per via dell’accento romano che hanno deciso di dargli. A mio avviso una scelta vincente.
Vorrei adesso sottolineare un personaggio che mi ha sempre sorpreso molto, il villain, Edgar. Lui non viene ricordato come un villain Disney iconico, probabilmente anche perché assomiglia per certi versi a una persona comune sia nell’aspetto che nei modi. Ed è questo il punto importante. Nonostante il suo gesto sia sbagliato e da condannare, in un certo senso il pubblico capisce perché lo abbia fatto. Provate a mettervi nei suoi panni, un maggiordomo impeccabile che ha fatto sempre bene il suo lavoro, che si è sempre impegnato e, quando la padrona decide di fare il testamento, i gatti vengono prima di lui. Ammetto che il gesto di Madame mi è sempre sembrato ingiusto nei suoi confronti, voglio dire avrebbe potuto lasciare tutto in eredità ai gatti E ad Edagar, invece che mettere il maggiordomo in attesa. All’inizio è una persona ligia al suo dovere e viene rappresentato anche positivamente poi, dopo l’ingiustizia e il sogno di diventare ricco, cambia e decide di fare quel gesto. Onestamente mi ha sempre sorpreso, tutto ciò lo rende molto più maturo di quel che sembra.

Per concludere, Gli Aristogatti è una pellicola d’animazione molto divertente e simpatica dove a sorprendere lo spettatore non è la storia ma i personaggi, numerosi e tutti con una personalità e una caratterizzazione ben definita. Un ottimo film che riesce a funzionare bene anche senza la guida di Walt Disney e che consiglio di vedere.

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Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

42 pensieri riguardo “Gli Aristogatti

  1. Probabilmente uno dei miei preferiti dell’infanzia. Ricco di personaggi iconici (tutta la banda jazz, Napoleone e Lafayette, le oche e lo zio) e di gag/battute che rimangono impresse (“Fanfalucche”, “crema di crema alla Edgar”, la camminata delle oche, ecc) per non parlare di “Tutti quanti voglion fare jazz” una delle migliori canzoni dei classici Disney secondo me.
    Eppure non avevo mai pensato al fatto che Edgar come villain non viene mai considerato. Come gesta siamo dalle parti di Crudelia (anche se lei anche solo per nome e/o aspetto fisico diventa iconica immediatamente) con la differenza che lui in effetti è capibile. Le sue azioni sono comunque sbagliatissime (da villain appunto) però in effetti gli hanno fatto un bel torto.

    1. Alla fine provi veramente pietà per lui. In un certo qual modo Madame è stata molto cattiva nei suoi confronti e non era qualcosa che lui si meritava visto che all’inizio lo mostrano come un ottimo maggiordomo, gentile e sempre pronto a compiere il suo dovere. E ammetto che quello che gli succede alla fine è anche un po’ troppo per quello che ha fatto. Per il resto è un film che ha un grande ritmo grazie ai suoi personaggi e a delle musiche stupende. Grazie mille per il commento!

  2. proprio un bel film, è uno dei Classici che guardo con più frequenza (ma niente batte Le follie dell’imperatore, l’unico portato sul blog)
    secondo me il maggiordomo la prende troppo sul personale: secondo me poteva benissimo restare come tutore dei gatti e sarebbe rimasto con l’eredità in ogni caso

    1. Le follie dell’imperatore è un Buddy Movie straordinario che mi fa morire dal ridere ogni volta che lo riguardo. In ogni caso Edgar non avrebbe percepito assolutamente nulla dell’eredità. A lui sarebbe spettata dopo. E comunque posso anche capire il risentimento, voglio dire, lavori come un dannato dalla mattina alla sera, vivi in uno scantinato, fai bene il tuo lavoro, sei responsabile e tutto e vieni messo in secondo piano da dei gatti. Come ho detto, Madame avrebbe fatto meglio a dare l’eredità a entrambi, sia ai gatti che ad Edgar, non prima a uno e poi l’altro.

        1. Ammetto che quella come punizione è stata veramente severa. Voglio dire, Crudelia voleva scuoiare dei cuccioli di cani per farsi delle pellicce e alla fine non le succede niente, Edgar che al massimo voleva sbarazzarsi dei gatti senza fargli male viene sbattuto a Timbuktu. Lui ha sbagliato, ma non posso fare a meno di provare pietà per quell’uomo. Sono stati troppo cattivi con lui.

  3. Adoro scoprire sempre cose nuove sulla lavorazione di questi grandi classici della mia infanzia. E’ stata una gioia rivedere questo in lingua originale e scoprire che Romeo era in realtà irlandese. Ma, come dici tu, non si superano Adelina e Guendalina e lo zio Reginaldo, ancora oggi sono divertentissimi come personaggi!

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