Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo parlato di Maledetto Sortilegio, un film horror a basso costo che nel tempo è diventato un piccolo cult del trash involontario. Ci sono molti errori evidenti nella pellicola tra cui un montaggio impreciso e confusionario, dei dialoghi a volte abbastanza imbarazzanti e tanti altri errori legati agli effetti speciali. Però ha anche dei pregi, nonostante tutto il film scorre bene, la storia principale non è neanche male e certe scene sanno essere convincenti. Ma anche così rimane un film pieno di difetti, tanti difetti che lo rendono involontariamente comico e strappa delle belle risate. Però ha anche dei momenti horror niente male, che mostrano comunque una certa passione da parte del regista per questo progetto. Dopo aver visto il film, ho capito perché questo lungometraggio nascosto ha un piccolo seguito ed è considerato un cult. Mi ha divertito tantissimo, aveva anche una bella atmosfera. Vi consiglio di dargli una possibilità. Potrebbe piacervi anche a voi.
Per il nuovo articolo ho deciso di riprendere qualcosa che amo tantissimo: Edgar Allan Poe. Lui è uno dei miei scrittori preferiti in assoluto e le sue opere riescono a impressionarmi e a emozionarmi ogni volta che le rileggo. L’ultima volta che ho fatto qualcosa legato alla sua figura è stato con il recente The Raven, pellicola thriller in cui John Cusak interpretava lo scrittore e doveva scovare un assassino che si ispirava alle opere di Poe per i suoi omicidi. Un film tutt’altro che perfetto ma comunque divertente, che prova a fare un’interessante tributo al famoso scrittore. In questo caso però vorrei discutere di un film tratto dalle sue opere. Ci sono state diverse trasposizioni nel corso del tempo basate sui suoi scritti, ma c’è stato un periodo ben preciso in cui un regista ha deciso di portare sul grande schermo quegli scritti. Il regista in questione è Roger Corman, uno dei miei registi preferiti in assoluto e un’artista che rispetto con tutto me stesso per tutto ciò che ha diretto e prodotto nel corso della sua lunga carriera. Un regista che ha realizzato film di genere e di serie B veramente stupendi e che ha ispirato tantissimi artisti. Un vero e proprio caposaldo. In questo caso ho deciso di parlare della primissima pellicola che Corman ha diretto basato sulle opere di Poe. Quindi, senza troppi indugi, iniziamo subito con la recensione.
Ecco a voi I vivi e i morti (House of Usher oppure conosciuto anche come The Fall of the House of Usher), pellicola horror-gotica del 1960 scritta da Richard Matheson, diretta da Roger Corman e basato sul racconto La caduta della casa degli Usher di Edgar Allan Poe.
Trama:
Il film inizia con il protagonista, Philip Winthrop (Mark Damon), che sta viaggiando per arrivare alla casa degli Usher, un castello isolato dal resto del mondo in una palude acquitrinosa. L’obiettivo di Philip è quelli di incontrare la sua fidanzata, Madeline Usher (Myrna Fahey) che aveva conosciuto a Boston e che vuole sposare. Quando arriva alla casa Philip nota il decadimento del luogo e viene accolto da Bristol (Harry Ellerbe), l’unico maggiordomo della casa. Entrando nell’edificio, nota come anche l’interno stia cadendo a pezzi e soprattutto nota il comportamento strano che deve tenere, come ad esempio parlare a bassa voce o indossare scarpe che facciano poco rumore. Philp incontra così Roderick Usher (Vincent Price), il fratello maggiore di Madeline. Roderick consiglia al protagonista di tornarsene a casa, di non mettere mai più piede in quella casa e di lasciarli stare. Philip non capisce il motivo di tanta ostilità e chiede spiegazioni al capo della casa. Roderick tenta di fare il vago, ma alla fine decide di rivelare a Philip perché vuole che se ne vada: la famiglia Usher è maledetta e quella generazione si trasferisce di generazione in generazione e teme che molto probabilmente anche lui e Madeline cadranno vittima della stessa sorte. Inoltre Roderick è spaventato dal matrimonio di Philip con Madeline perché questo evento potrebbe dar vita a una nuova generazione maledetta degli Usher e lui vuole che gli Usher muoiano con lui e la sorella. Philip però non vuole cedere e cercherà di tutto per salvare Madeline e portarla al sicuro.
Sono davvero felice di poter parlare di questo film, principalmente perché è una pellicola diretta da Roger Corman, un grande artista su cui hanno detto tante cose (tra cui il fatto che abbia scoperto tanti registi in gamba) ma di cui sento parlare molto poco in veste di regista. Se leggo qualcosa riguardante Corman, è sempre legato al suo ruolo di produttore. Un altro motivo per cui sono contento di parlare di questo film è che I vivi e i morti è il primo degli otto film dedicati a Poe che Corman dirigerà ed è anche la prima pellicola che vede il regista accanto al leggendario Vincent Price e allo sceneggiatore Richard Matheson (con cui collaborerà per molto tempo). E non finisce qui.
Infatti il film fu un vero e proprio salto nella carriera di Corman ma soprattutto per la casa di distribuzione American International Pictures (AIP). Il motivo è semplice: Corman aveva sempre lavorato con dei budget molto miseri e la AIP invece era una casa di distribuzione e produzione specializzata in film poco costosi e soprattutto in bianco e nero. Fu proprio Corman a insistere affinché il film costasse di più e soprattutto venisse girato a colori, un’impresa per nulla semplice, ma Corman riuscì a farsi valere e I vivi e i morti divenne uno dei progetti più ambiziosi per la AIP in quel periodo. E il fatto che di quel progetto facesse parte anche Vincent Price, che già in quel periodo era molto conosciuto, la dice lunga.
Il film si differenzia dal racconto in alcuni punti e soprattutto aggiunge alcune informazioni molto interessanti. Portare Poe al cinema è un’impresa non da poco e penso che sia assolutamente necessario cambiare in qualche punto le sue storie ma soprattutto ampliare i racconti. Un cambiamento significativo fatto in questo film riguarda sicuramente il protagonista. Nel racconto non aveva un nome, era praticamente il narratore che andava a trovare il suo vecchio amico Roderick mentre qui invece ha un nome, Philip, e ha delle caratteristiche interessanti: è un giovane uomo molto serio e maturo, arrivato fin lì per poter sposare Madeline e che non crede alle parole di Roderick, anzi vorrebbe salvare la ragazza da un destino così oscuro e senza via d’uscita che crede sia tutta una fantasia di quell’uomo.
Nel film inoltre vengono aggiunte delle informazioni molto interessanti sugli Usher non presenti nel racconto, come ad esempio buona parte della loro dinastia e soprattutto certi parenti e avi che si sono macchiati di crimini orrendi. In questo punto ci tengo a sottolineare la scena in cui Roderick mostra a Philip i quadri di quest’ultimi famigliari, quadri distorti con dei colori in netto contrasto e che ammetto di aver apprezzato tantissimo.
Una cosa che invece è rimasta invariata è l’ambiguità. In questo caso l’ambiguità riguarda se gli Usher sono veramente maledetti oppure tutto ciò fa parte della follia di Roderick, che si è lasciato influenzare dalle storie della sua famiglia e a cui la solitudine ha fatto solo male. Quest’ambiguità sarà il tema centrale di tutta la vicenda e non sapremo a chi dare ragione. Nonostante le sue strane paure, Roderick sarà essere molto convincente, lui crede fermamente in tutto quello che dice, la sua paura è reale, ma anche i discorsi di Philip saranno molto più solidi perché pieni di razionalità, nonostante alcuni eventi che accadranno, e lui cercherà di in ogni modo di far ragionare Roderick ma, fallito ciò, cercherà di convincere Madeline, combattuta dai dubbi.
Il personaggio di Madeline è molto interessante appunto per questa sua indecisione sulla situazione che sta vivendo. Lei vorrebbe fuggire da quella casa e dal suo oscuro destino, ma rimane comunque bloccata per via del fratello, che continua a ripeterle della maledizione e dell’impossibilità di fuggire dalla rovina imminente. E lei non saprà a cosa credere se all’ineluttabilità del destino o alla possibilità di una scelta. Ed è proprio qui che notiamo l’attaccamento morboso di Roderick verso la sorella, anche se con minor evidenza (ai tempi la censura era ancora spietata), ci sarà una certa ambiguità nel loro rapporto, un’ambiguità sottile, ma che si potrà percepire e ci farà capire quanta volontà Roderick abbia su Madeline.
Altri elementi ottimi sono sicuramente l’ambientazione e la fotografia. Il luogo scelto per ambientare la vicenda è perfetto, una palude acquitrinosa nascosta agli occhi del mondo e putrida. La casa, sia dall’esterno che dall’interno, mostra chiaramente i segni del decadimento e di come manchi veramente poco prima della sua definitiva distruzione. Nonostante ciò possiamo notare benissimo che quel luogo un tempo era fatiscente e pieno di bellezza. Questi segni li possiamo notare sia nell’edificio stesso che dall’enorme quantità di opere d’arte presenti all’interno.
La fotografia ha dei colori accesi che creano dei contrasti interessanti e funziona benissimo in questo contesto, anche se non sono così accesi come lo saranno nelle future pellicole di Corman dedicate alle opere di Poe e soprattutto non si spingeranno troppo oltre. Su questo Corman migliorerà in futuro.
Per concludere possiamo dire che I vivi e i morti è una trasposizione veramente ottima dello scritto di Poe, una pellicola che riesce a trasmettere perfettamente l’atmosfera del racconto e quel forte senso di ambiguità, cambiando alcune cose e aggiungendone altre con grande intelligenza. Inoltre è un film realizzato molto bene a livello tecnico, con degli attori veramente ottimi. Questo è stato l’inizio di una serie di film sulle opere di Poe dirette da Corman, che l’hanno fatto conoscere, e che sapranno sorprendere tutti. Questo è un film che vi consiglio.
Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!
[The Butcher]
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