Sei donne per l’assassino

Nell’ultimo articolo abbiamo parlato di una pellicola parecchio trash e l’ho fatto anche per divertirmi un po’. Con questo invece torniamo un attimo seri e riprendiamo a parlare di film realizzati da registi che apprezzo particolarmente. E questa volta non posso fare a meno di discutere del grande Mario Bava. Chi segue il nostro blog da un po’ di tempo lo sa bene, io adoro Bava. Non posso fare a meno di ammirare e rispettare questo regista che nel nostro Paese viene ingiustamente sottovalutato e dimenticato, quando invece grazie al suo genio ha introdotto in Italia generi cinematografici interessanti e ne ha dettato perfino i canoni di alcuni, canoni che poi in molti hanno portato avanti nel cinema nostrano. Ed è un’enorme peccato che una figura simile, riconosciuta e rispettata all’estero, abbia così poco credito da noi. Quindi cercherò sempre come posso di parlare dei suoi lavori e dell’enorme importanza che hanno avuto. Di Bava abbiamo parlato in passato attraverso il gotico, il peplum e il giallo all’italiana. Con questo articolo torniamo a parlare di quest’ultimo genere.
Ecco a voi Sei donne per l’assassino (conosciuto all’esterno con il nome di Blood and Black Lace), un giallo/thriller del 1964 diretto da Mario Bava.

Trama:
Isabella (Francesca Ungaro) è una giovane donna che lavora in un atelier di moda e si sta dirigendo lì per lavorare quando all’improvviso viene attaccata da una persona con il volto completamente coperto da un cappuccio bianco. La donna cerca di combattere ma viene sopraffatta e uccisa dall’assassino. Il cadavere viene nascosto e in seguito ritrovato nell’atelier da uno dei suoi proprietari ovvero la Contessa Cristiana Cuomo (Eva Bartok). Arriva subito la polizia e tra questi spicca l’investigatore Silvestri (Thomas Reiner) che inizia subito a interrogare tutto il personale ed è così che conosciamo i vari protagonisti della pellicola, partendo dall’altro proprietario dell’atelier, Massimo Morlacchi (Cameron Mitchell), Marco (Massimo Righi), l’antiquario Franco Scala (Dante Di Paolo) e molti altri ancora tra cui diverse modelle. Una di queste, Nicole (Arianna Gorini) trova il diario di Isabella durante la sfilata e in molti si incuriosiscono e si preoccupano per questo ritrovamento. Tutto ciò non farà altro che scatenare una lunga serie di omicidi in cui nessuno ptrà fidarsi di nessuno e dove in tanti mostreranno di aver dei segreti da proteggere a ogni costo.

Mario Bava con La ragazza che sapeva troppo ha dato il via al giallo all’italiana mettendo degli elementi che sarebbero diventati veri e propri canoni e che in molti avrebbero utilizzato, come ad esempio il fatto che il protagonista è uno straniero che viene in Italia e viene coinvolto in un caso di omicidio. Nonostante ciò La donna che sapeva troppo aveva degli elementi hitchcockiani al suo interno (non a caso il titolo del film ricorda quello di L’uomo che sapeva troppo) che si mischiavano a quelli aggiunti da Bava.
Con Sei donne per l’assassino invece i canoni del giallo all’italiani si delineano perfettamente e da quel momento in poi verranno rispettati da tutti i registi che si cimenteranno nel genere. Questi elementi sono diversi e primo fra tutti troviamo l’elevato numero di vittime presenti in quest’opere (e anche qui ci saranno parecchie vittime uccise per mano dell’assassino), in seguito troviamo il sadismo e la crudeltà utilizzati per commettere questi omicidi. Basti pensare alla prima vittima dove la ragazza viene picchiata, sbattuta ripetutamente contro un albero e infine soffocata. E questa non è neanche la morte peggiore di tutto il film. Questo particolare venne molto criticato quando la pellicola uscì in sala e molti ne rimasero sconvolti. L’ultimo elemento che contraddistingue il giallo all’italiana riguarda l’aspetto dell’assassino. Vedremo molto spesso quest’ultimo in azione e apparirà con sempre più frequenza sullo schermo, ma non riusciremo mai a capire chi è per via del suo travestimento. L’assassino di questo film indossa un grande cappotto scuro, dei guanti neri, un cappellaccio anch’esso nero e infine una maschera bianca che annulla ogni connotato del suo volto e ammetto che questo design riesce a suscitarmi un certo timore perché si ha quasi l’impressione di avere a che fare con un essere mostruoso oppure con una specie di manichino vivente.

Tutti questo elementi verranno in seguito ripresi in altre pellicole e uno degli esempi migliori che posso citare è L’uccello dalle piume di cristallo di Dario Argento. Argento ha creato delle opere straordinarie, ma molte volte è stato erroneamnete considerato il creatore del giallo all’italiana per via delle sue prime pellicole (la trilogia degli animali). Guardando attentamente L’uccello dalle piume di cristallo si possono scorgere tutti i vari elementi che rimandano all’opera di Bava e in particolare quella pellicola eredita parecchie cose da Sei donne per l’assassino.
In definitiva possiamo dire che questa pellicola ha un grande valore per quanto riguarda il cinema italiano, visto l’eredità che ha lasciato, ma non è questo l’unico motivo per cui apprezzo parecchio questo film. Non è solo importante per le radici che lascia nel nostor cinema, ma è anche un film stupendo per quanto riguarda il lato tecnico.

Già solo con i bellissimi titoli di testa possiamo capire che il film avrà un approcio originale per questo tipo di storia. I titoli di testa ci mostrano i vari personaggi che appariranno nella pellicola, immobili e con lo sguardo per nel vuoto come se sembrassero dei manichini e alcuni da loro saranno effettivamente affiancati da dei manichini. Inoltre la cosa interessante è il tipo di fotografia e colori usati in questo caso, che descriverò in maniera più approfondita in seguito, dove si nota fin qui che il tutto ha un aspetto quasi fantastico.
Quando inizia il film vediamo ben due elementi di rilievo: il primo, che sarà presente in buona parte della pellicola, è l’atelier, un edificio bellissimo ed enorme, con un grande terreno che pare isolato dal resto del mondo e sembra quasi di entrare in un mondo a parte quando si superano i suoi confini. Il secondo elemento è la scena dell’aggressione che avviene in questo lungo vicolo alberato che porta all’edificio, avvolto nell’oscurità e con una luce forte e centrale che riesce a creare un contrasto tra luce e ombra molto interessante e soprattuto ben reso. Diciamo che in questi primi cinque minuti il film dimostra subito di avere un grande potenziale. Da qui in poi i due elementi che lasceranno di stucco il pubblico saranno la regia e la fotografia. Partiamo proprio con la prima.

Bava ha sempre dimostrato grande abilità con la macchina da presa e qui non fa altro confermarlo e sottolinearlo. Due elementi ottimi che utilizza sono i primi piani e gli zoom. Ci sono alcuni momenti in cui i primi piani degli attori riescono a mostrare un vortice di emozioni contrastanti in scene ben precise. Un esempio perfetto lo ritroviamo quando Nicole scopre il diario di Isabella e le persone lì presenti mostrano uno sguardo preoccupato, incuriosito e spaventato, una sfilza di sguardi che riesce a sottolineare bene la tensione del momento. Gli zoom sono un elemento che in seguito diventerà quasi un marchio di Bava e che userà molto spesso. In questo film lo utilizza di meno e lo utilizza in certe scene chiavi per sottolineare l’importanza di un determinato dettaglio nella scena.
L’elemento però più curato e interessante dell’intera pellicola sono le varie carrellate. Il film è pieno di carrellate che seguono assiduamente i personaggi e riescono con molta intelligenza a fare una panoramica delle varie scenografie, che sia l’atelier, il negozio di antiquari e le case dei personaggi. Qui Bava riesce a muovere la macchina da presa con una fluidità incredibile, riuscendo a creare un ritmo molto interessante e senza alcun intoppo durante i movimenti. Su questo punto vorrei fare una piccola precisazione.
Bava ha sempre lavorato a film con un budget veramente povero e Sei donne per l’assassino non fa eccezione, il budget era veramente basso e il regista nostrano non aveva i soldi per l’attezzatura necessaria a fare le carrellate e così ha optato per una soluzione pratica e originale: per fare le carrellate Bava ha letteralmente montanto la telecamera su un carretto per bambini ed è riuscito in questo modo a creare quelle scene stupende. Un metodo particolare che però ha dato degli effetti straordinari.

Ora passiamoa un altro notevole lato della pellicola ovvero la fotografia. Bava, prima di diventare regista, è stato per molti anni direttore della fotografia e questa cosa la si nota in molte delle sue pellicole. Anche nei suoi film meno riusciti che ha diretto si può essere sicuri che la fotografia sarà molto curata. In questo caso, come ho detto in precedenza, Bava adotta una fotografia particolare per la storia che ci viene narrata. Infatti in moltissimi punti avvengono esplosioni di colori in prospettive completamente impossibili e surreali, colori che vanno dal rosso (che è uno dei colori principali del film), il viola, il verde e il giallo. Tutti questi colori creano un’atmosfera appunto surreale e quasi fantastica e questo contrasta con il tipo di storia, riuscendo a dare un aspetto onirico alla pellicola. Lo spettatore sembra quasi muoversi in un sogno, o meglio in un incubo, dove i personaggi in certi momenti sembrano dei manichini viventi come ad esempio l’assassino.

Oltre a questi colori un’altra caratteristica interessante riguarda i tagli di luce che Bava utilizzerà, tagli di luce tipici dell’espressionismo che daranno un aspetto quasi gotico alle varie ambientazioni e riuscirà a mettere in risalto lo sguardo dei personaggi, facendoci comprendere bene le loro emozioni e i loro intenti e a creare un’atmosfera piena di tensione.

Nonostante non sia molto lungo succedono molti eventi che riescono a rendere avvincente e interessante la pellicola. Tanti personaggi con varie sfaccettature, con i propri obiettivi e i propri segreti. Inoltre i colpi di scena sono molto efficaci e sensati e riescono a sorprendere lo spettatore.

Per concludere Sei donne per l’assassino è un film importantissimo per il cinema italiano e principalmente per il giallo all’italiana visto che definisce molto bene le regole di queste pellicole. Inoltre si dimostra un film realizzato alla perfezione dove, nonostante tutti i limiti dettati dal misero budget, riesce ad avere una regia curata e ben realizzata e una fotografia atipica per la storia ma che iresce a donare al film una sua identità unica e a creare un’atmosfera surreale e onirica. Un film che consiglio con tutto il cuore a tutti quanti sia per capire un momento molto importante per il nostro cinema sia per comprendere meglio quanta importanza ebbe Bava nel nostro Paese.

Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

21 pensieri riguardo “Sei donne per l’assassino

  1. Non ho mai visto niente di Bava, potrebbe essere il punto di partenza!
    Il travestimento dell’assassino potrebbe essere stato d’ispirazione per Halloween? Se non mi sbaglio Bava fu un’ispirazione per codificare il genere slasher in USA, per cui potrebbero aver conosciuto anche questo film.

    1. Molto probabile. C’erano registi come Joe Dante che apprezzavano molto il lavoro fatto da Bava. Inoltre un film che sicuramente è stato d’ispirazione per gli slasher americani è sicuramente Reazione a catena. Di quel film hanno perfino plagiato una scena in Venerdì 13 parte 2.

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  3. […] viola e al verde, un tipo di fotografia simile a quella che poi Bava utilizzerà nel meraviglioso Sei donne per l’assassino. E questo tipo di luci riesce a creare un enorme contrasto in quest’ambiente. Anche la luce a […]

  4. Humans like dummies, you’re so right. And I had this strange feeling watching the movie that the objects have a life of their own (the purse, the dummies, the diary,…). It reminds me the words of Alphonse de Lamartine : “inanimate objects, do you have a soul that attaches itself to our soul and to the strength to love?”

    1. I fully understand your reflection and can only agree. This philosophy has always intrigued me, that of objects that have a soul. An undoubtedly fascinating interpretation for such a work.

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