Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo abbiamo discusso di un film live-action, un film degli anni ’40 meraviglioso e molto importante in quanto rappresentato uno dei primi e migliori esempi del genere noir, ossia La fiamma del peccato. Walter Neff è un assicuratore che deve rinnovare l’assicurazione auto con un certo Dietrichson, ma quando va a casa sua trova solo la moglie, Phyllis, di cui Walter si innamora perdutamente. Parlando con lei, Walter capisce che la donna vuole uccidere il marito e prima di ciò fare una polizza sulla vita senza che lui ne sappia nulla in modo da intascare i soldi. Inizialmente Walter non ne vuole sapere niente, ma alla fine decide di aiutarla nel piano e a optare per la doppia indennità sulla polizza, così da guadagnare il doppio. Da qui in poi Walter non potrà più tornare indietro e dovrà stare attento a chi indagherà sul caso. Un film ancora oggi impressionante per quanto sia moderno sul lato tecnico, con una regia e una costruzione delle scene molto curata e un ritmo che scorre naturalmente, oltre a una fotografia che usa un bianco e nero perfetto e capace di trasmettere tensione e claustrofobia. Inoltre la storia è un lungo flashback che sa affascinare proprio per il modo in cui è narrata e soprattutto per i suoi personaggi, personaggi caratterizzati in maniera ottima, molto tridimensionali e verosimili e interpretati in maniera altrettanto stupenda. Lo consiglio assolutamente!
E adesso torniamo a parlare del mondo dell’animazione e questa volta torniamo in casa Pixar per discutere di un’opera che sicuramente avrà scaldato il cuore di parecchie persone e che ancora continua a sorprendere.
Ecco a voi Toy Story 3 – La grande fuga (Toy Story 3), pellicola animata del 2010 scritta da Michael Arndt e diretta da Lee Unkrich.

Trama:
Andy (John Charles Morris) è cresciuto, ha 17 anni e tra non molto partirà per il college. Ormai è da diverso tempo che non gioca più con Woody (Tom Hanks), Buzz (Tim Allen) e Jessie (Joan Cusack) e gli altri e tutti loro sono relegati in un baule. Dato che andrà via a breve, la madre di Andy gli consiglia di pulire la stanza e dividere gli oggetti che dovrà buttare, dare in beneficenza e mettere in soffitta. Nonostante tutto, Andy è ancora affezionato ai suoi vecchi giochi e li mette tutti dentro un sacco della spazzatura per portarli in soffitta, mentre decide di portare Woody al college. Mentre Andy è distratto, sua madre confonde il sacco dei giocattoli per spazzatura e li butta, ma i giocattoli riescono a salvarsi prima dell’arrivo degli spazzini. Feriti da gesto, Jessie e gli altri decidono di farsi donare all’asilo Sunnyside Daycare per giocare ancora con i bambini, nonostante Woody cerchi di spiegare loro come stanno le cose. Quando arrivano lì vengono accolti calorosamente dall’orsacchiotto Lotso (Ned Beatty), che comanda il posto e li mette nell’Aula Bruco. Qui però i bambini sono molto piccoli e trattano mali i giocattoli mentre Lotso e i suoi compagni sono nell’Aula Farfalla, dove i bambini sono più grandi e li trattano con cura. Ben presto i nostri protagonisti scopriranno che Lotso governa il tutto con il pugno di ferro ed è molto spietato con tutti gli altri.
Eccoci arrivati al terzo capitolo e quello che poteva essere la conclusione perfetta per questa storia e questi personaggi (prima che decidessero di continuare ancora, ma un giorno arriveremo anche a quello). Un capitolo che vidi al cinema, rivelandosi un’esperienza magnifica e che a distanza di anni, riguardandolo in maniera più matura e oggettiva, rimane ancora stupendo. Quindi iniziamo subito con la recensione.

C’è una cosa da specificare riguardo ai seguiti della Pixar. Dopo l’accordo che Steve Jobs stipulò con la Disney, tutti i personaggi creati dalla Pixar divennero di proprietà della Disney che poteva anche decidere di farci dei seguiti, come accadrà poi in seguito. Questi negoziati durarono per molto tempo e vennero molto criticati, tanto che nel 2004 si credeva che l’accordo iniziale tra Disney e Pixar potesse saltare. In quel periodo tra l’altro la Disney aveva in mente di fare un terzo capitolo di Toy Story, ma senza la Pixar. Pr questo l’allora presidente della Disney, Michael Eisner, fondò la Circle Seven Animation, una divisione della Disney specializzata nella CGI che doveva occuparsi dei seguiti sui personaggi Pixar e non solo Toy Story ma anche Nemo e Monsters & Co. Diciamo che questa divisione non godette di buona fama (e per ovvi motivi), ma soprattutto tutte le sceneggiature che fecero per i seguiti non vennero mai utilizzate dalla Pixar e alla fine, nel 2006, dopo soli due anni, chiuse i battenti. Anche perché nel 2006 la Disney acquistò la Pixar e questa fu la sua salvezza visto che John Lasseter, messo dalla stessa Disney a capo della Walt Disney Animation, aiutò molto lo studio a entrare nel mondo animato della CGI.
Inizialmente il regista del sequel ideato dalla Circle Seven Animation doveva essere Bradley Raymond, un nome che purtroppo ricordo bene visto che aveva diretto i seguiti home video di Pocahontas e Il Gobbo di Notre Dame, tra i seguiti peggiori in assoluto di quel periodo oscuro. La storia iniziale vedeva Woody e gli altri stare nella casa della nonna di Andy, doveva dovevano scoprire chi stava rapendo i giocattoli. La storia venne cambiata molto e si arrivò a una nuova sceneggiatura (che venne anch’essa scartata), ma che divenne abbastanza famosa. In questa nuova versione Buzz si rompeva e veniva spedito a Taiwan nella fabbrica in cui era stato creato per essere riparato e Woody e gli altri andavano a recuperarlo. E onestamente sono felice che abbiano scartato quest’opzione, visto che alla base la storia era molto simile a Toy Story 2, con Buzz al posto di Woody. Alla fine, quando la Disney acquistò la Pixar, la produzione di questo terzo capitolo tornò a quest’ultima, dove John Lasseter, Andrew Stanton, Pete Docter e Lee Unkrich cercarono di usare delle idee che avevano in mente da tempo, ma nei primi tempi le cose non funzionavano ed erano vicini ad abbandonare il progetto, fino a quando Stanton non riuscì a scrivere un soggetto e Unkrich venne scelto come regista. Un altro problema che incontrarono riguardava i modelli. Infatti alcuni vecchi modelli dei film precedenti funzionavano ancora, ma altri davano continuamente errori e inoltre erano abbastanza datati e quindi dovettero ricreare il tutto da capo. E vedremo quanto questo sforzo sarà enorme.

Partiamo come al solito dal lato tecnico e appunto da qui non possiamo far altro che ammirare l’enorme sforzo fatto con i modellini. A distanza di anni quei modellini non mostrano il minimo segno di invecchiamento, sono ricchi di dettagli interessanti, pieni di profondità sia nei vari accessori che nei tessuti e il tutto fatto con alta qualità. Hanno fatto inoltre un lavoro eccellente con i nuovi giocattoli, creandone un’enorme quantità e tutti quanti con le loro unicità, basti pensare solo a Lotso e a come hanno reso il suo pelo, che sembra molto morbido anche se si vede che ne ha passate tante. Ed è anche questo un dettaglio ottimo perché si vede subito la differenza tra giocattoli nuovi e vecchi e quelli tenuti meglio e altri no. Si vede la differenza e ciò è dovuto anche ai piccoli dettagli, come la presenza dello sporco, colori più sbiaditi, tessuti usurati e così via. E inoltre anche l’animazione riesce a valorizzare questi giocattoli in quanto tutti loro hanno un modo di muoversi unico, come Lotso che ad esempio zoppica su una gamba e si muove lento, o anche bambole di plastica come Barbie (Jodi Benson) e Ken (Michael Keaton) che hanno movimenti più limitati e scattosi che risultano verosimili per quei tipi di giocattoli. E non dimentichiamoci dei personaggi umani che qui appaiono spesso anche perché, grazie all’evoluzione della tecnologia, adesso hanno dei modelli meravigliosi e quindi non devono essere nascosti attraverso diversi mezzi, mostrando dei capelli realistici e ben illuminati, una pelle dettagliata e movimenti facciali ottimi, e mi ha fatto piacere vedere le interazioni tra Andy e la sua famiglia.
Quindi avremo personaggi curati nel design e nei movimenti, ma anche le varie ambientazioni sapranno sorprendere, soprattutto l’asilo che da luogo di gioia si trasforma in una gigantesca prigione dove elementi che per noi umani sono normali, per i giocattoli diventeranno degli ostacoli non da poco. Tra l’altro ci sono tanti piccoli dettagli e oggetti che rendono questo mondo ancor più verosimile e ricco e che riescono a dirci molto sul luogo in cui si trovano i personaggi, che sia l’asilo, la camera quasi vuota di Andy o la stanza di Bonnie (Emily Hahn). Tutto ciò viene valorizzato da una regia grandiosa che sa destreggiarsi molto bene tra commedia, drammaticità e azione e a dare il giusto ritmo ai vari elementi e creando atmosfere ottime che vanno dalla malinconia al divertimento fino ad arrivare perfino alla tensione e con quest’ultimo caso mi riferisco in particolar modo alla scena dell’inceneritore, una scena magnifica con una quantità immensa di piccoli modelli che però stupisce non solo per l’enorme impatto visivo, ma per le emozioni che riesce a trasmettere, forse uno dei momenti più commuoventi del film. Tecnicamente il film è un ulteriore conferma delle grandi abilità della Pixar e lo stesso vale anche per la sceneggiatura.

L’idea alla base è stupenda e perfetta per la storia e le tematiche di Toy Story. Andy è cresciuto e non giocherà mai più con Woody e gli altri. Era una cosa di cui erano consapevoli, ne erano consapevoli anche nei film precedenti, ma il fatto che quel giorno sia arrivato è comunque duro da accettare per tutti quanti, soprattutto dopo aver avuto un bambino come Andy che ha giocato tanto con loro ma soprattutto che li ha amati molto. E questo senso di malinconia che si sente per buona parte del film funziona benissimo e non va a soffocare altri elementi come l’avventura e la commedia. Questa pellicola riesce a destreggiarsi bene in tutto ciò, riuscendo a impostarsi come film di fuga e a omaggiare quell’opera incredibile che è La Grande Fuga, con un piano d’evasione davvero ottimo, e a farci ridere con i suoi personaggi e le sue gag, come ad esempio Mr Potato (Don Rickles) in versione tortilla o Buzz versione spagnola che ancora oggi trovo esilarante. In tutto ciò però rimangono forti le tematiche dei precedenti Toy Story, sull’importanza di essere accanto al bambino fino alla fine e aiutarlo nella sua crescita, sull’amore che nasce tra il bambino e i giocattoli ma anche la paura di quest’ultimi di essere abbandonati e dimenticati. Tematiche che troviamo sempre e che si riflette in maniera perfetta sui personaggi, sia quelli che conosciamo sia quelli nuovi. L’esempio migliore di tutti è sicuramente Lotso.
Diciamo che lui è l’evoluzione del personaggio di Stinky Pete, un giocattolo che amava profondamente la propria bambina e voleva starle accanto ma, quando è stato rimpiazzato, in lui qualcosa è cambiato, rendendolo un giocattolo cattivo nei confronti degli altri. Lui rappresenta perfettamente la paura dell’abbandono e la sofferenza che si prova nell’essere dimenticati dal proprio bambino, una cosa che anche Jessie sperimentò nel secondo capitolo e dove qui viene data la giusta forza attraverso eventi differenti. E in generale tutti i nuovi personaggi sono stupendi e, oltre i giocattoli di Bonnie e quelli dell’asilo, anche Barbie sorprende parecchio, dimostrandosi un personaggio ottimo e importante, oltre che ad avere una sua crescita e a dimostrarsi un’ottima amica. In generale il film ci dona una lezione veramente importante con l’addio tra Andy e i suoi giocattoli. Lui è cresciuto, non è più piccolo ed è assolutamente giusto che vada avanti, ma è anche importante che non si dimentichi che cos’ha significato per lui essere un bambino e tutti quei bei momenti passati insieme ai suoi giocattoli. Un addio perfetto, malinconico, ma anche gioioso e perfetto, che andava a chiudere in maniera incredibile la storia di Toy Story e l’avventura che tutti noi abbiamo vissuto con quei film. Poi è arrivato il quarto capitolo, ma quella è un’altra storia.

Per concludere, Toy Story 3 – La grande fuga è un film d’animazione stupendo, un capitolo magnifico che mostra ancora una volta la maturità e la crescita della Pixar sul lato tecnico, con una regia stupenda, dei modelli e delle animazioni curate così come il ritmo. La storia e i suo personaggi sono meravigliosi e riescono a rimanere fedeli alle tematiche dei primi due film senza risultare ripetitivi e riuscendo a commuoversi e farci ridere. Lo consiglio assolutamente!
Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!
[The Butcher]
Buongiorno.
Per non sembrare invadente agli occhi di tutto, segnalo quanto sotto, privatamente.
“messo dalla stessa Disney ha capo della Walt Disney Animation,”
“Poi è arrivato il quarto capitolo, a quella è un’altra storia.”
Saluti. Cinzia.
Grazie per avermi segnalato gli errori. Li correggerò il prima possibile!
Che poi non è privato … :-) … Oltretutto ho fatto un errore anche io …. Che rimbambita che sono … :-(
Non c’è nessun problema, non mi da alcun fastidio se mi qualcuno mi fa notare gli errori.
…un bel periodo, che bei ricordi
ps: piccolo refuso “messo dalla stessa Disney ha capo della Walt Disney Animation,”
Il periodo migliore della Pixar. Riusciva a raggiungere delle vette artistiche magnifiche e pochi dei loro film recenti possono competere con le opere di quel tempo.
Mi spiace dirlo ma l’epoca Jobs + Lasseter e poi Lasseter con non ricordo più chi… ma diciamo in quell’intorno, aveva un qualcosa in più.
Adesso sembra solo un esercizio di stile, come se le idee siano ormai fare +1 dei vecchi films… Monsters & Co. 25 per dire :D
Le cose invecchiano … Le cose poi non sanno più di nulla e si riducono al solo collage di gag che vabe’ strappano due risate ma poi, non c’è niente.
Il periodo che va da Toy Story a Toy Story 3 è quasi perfetto (se escludiamo Cars che è il film più debole). Da quel momento in poi abbiamo avuto alti e bassi. Non credo che la Pixar abbia mai fatto un film veramente brutto, ma c’è stato un calo di qualità in special modo per quanto riguarda la scrittura di queste opere. Ci sono stati dei film molto validi come Inside Out, Coco, Soul e così via, ma il resto è buono, ma non eccezionale e pieno di inventiva come in passato. Tra l’altro l’unico dei membri originali della Pixar rimasti è Pete Docter. Uno degli ultimi ad essersene andato è stato proprio Unkrich.
Piace molto anche a me, ma se posso evito di rivederlo perchè mi fa toppo piangere. Mi commuovo tantissimo non solo nella citata scena dell’inceneritore, ma anche nel finale.
Ti capisco perfettamente. Questo film è riuscito a commuovermi la prima volta e riesce a fare lo stesso effetto anche adesso. Però è un pianto di felicità quello nel finale. Un addio dolce e pieno di calore.
I lunedì feels! Non si fa così!
Comunque Latso villain migliore di tanti altri.
Non volevo trasformarlo in un lunedì feels, ma a quanto pare è stato così. È un film che sa commuovere per i motivi giusti e tratta con amore e rispetto lo spettatore. E sì, Latso è un villain davvero ottimo!
“Eccoci arrivati al terzo capitolo e quello che poteva essere la conclusione perfetta per questa storia”
é tutto perfettamente riassunto in questa frase: era la conclusione perfetta.
E questo pensiero non cambierà mai. Il quarto capitolo per molti versi è stato un vero tradimento e non ha affatto la forza dei primi tre capitoli. E onestamente, visto com’è messa la Pixar, non ho grandi aspettative per il quinto capitolo.
Probably my favorite. Thanx for the review.
For me it’s my favorite. A perfect ending, a movie full of soul and amazing characters. It was perfect.
Grazie per il bellissimo racconto di questo film. Forse è il mio capitolo preferito della saga. Comunque l’idea di mandare Woody nella fabbrica dove era stato fatto, non sarebbe stata male, se avessero mostrato nello stabilimento la manodopera era composta da bambini e bambine (in stile Couch Gag dei Simpson ideada da Banksy). Ma scommetto che per la Disney/Pixar sarebbe stato darsi la zappa sui piedi. Comunque, tornando al film, al netto delle perplessità che risalgono al primo capitolo, è un’opera matura, ma fruibile da chiunque. La scena della fornace è tra le più ricordate da chiunque.
Grazie mille per questo bellissimo commento. Magari la storia originale della fabbrica avrebbe funzionato, ma non avrebbero mai avuto il coraggio di mostrare una cosa così coraggiosa (il mondo del merchandising è troppo importante per la Disney). Questo terzo capitolo è magnifico, una conclusione perfetta e un film fatto con amore e abilità. L’ultimo vero film della vecchia Pixar.
Ancora non mi capacito come il quarto abbia vinto l’oscar. È uno dei film peggiori di una major che abbia mai visto.
Forse non è uno dei peggiori, quel primato spetta ad altri lavori (ad esempio Emoji Movie… ancora non capisco come una cosa simile possa esistere). Però anch’io non capisco come abbia fatto a vincere l’Oscar. Totalmente immeritato.
E quell’anno esclusero Frozen II dalle nominations, con l’eccezione della miglior canzone. Ma se proprio doveva vincere uno di quelli della lista delle candidature, meritava Klaus.
Su questo ti do assolutamente ragione. Klaus cercava anche di portare avanti un nuovo tipo di animazione tradizionale basandosi molto sulle ombre e inoltre aveva una storia molto umana e ricca di calore, molto più rispetto a Toy Story 4. Avrebbe meritato molto quel premio, nonostante a me non importi tanto degli Oscar (l’unica cosa che trovo utile per queste statuette è i soldi che danno ai film vincitori e lo studio che ha animato Klaus li avrebbero usati decisamente molto bene). Sono felice però che Klaus sia diventato subito un cult e venga ancora amato da molti.
Era un’idea geniale, anche se utilizzata in altro tipo di narrazione, hanno saputo adattarla al meglio, creando qualcosa di nuovo. È questo ciò che manca oggi, non nell’animazione, ma in pratica in quasi tutta la cinematografia: idee nuove.
E anche su questo punto ti do assolutamente ragione, anzi stanno facendo di tutto per NON puntare su storie nuove. Basti vedere che adesso la Disney farà solo sequel dei suoi film animati e continuerà con la strada dei live-action. C’è un problema con le sceneggiature, non puntano più sulla scrittura e questa carenza si fa molto sentire. Per questo mi fa rabbia vedere film come Super Mario e Deadpool & Wolverine guadagnare così tanto. Sono film non scritti sono solo fan service eppure hanno guadagnato miliardi di dollari. Non è un bel segnale se film simili guadagnano tanto (e lo dice uno che ama molto Super Mario e adora tantissimo gli X-Men e il personaggio di Wolverine).
Concordo. Purtroppo sono film che rispecchiano l’epoca in cui viviamo, fatta di contenuti frivoli, veloci e di facile fruizione, in quanto l’attenzione è davvero limitata, a causa di quegli schermettini rettangolari che quasi tutti hanno in mano. E mi sento sempre più fiera di non averne posseduto mai nemmeno uno.
Mi hai fatto venire in mente una cosa che stava facendo Netflix in cui spronava i propri sceneggiatori a far dire ai personaggi quello che stanno facendo e quello che faranno. Praticamente spiegoni continui come le peggiori fiction Rai/Mediaset. Il punto è che ormai escono tanti film di questo tipo e il pubblico si sta abituando a questo tipo di superficialità e questo mi preoccupa da morire.
Ormai anche i vecchi cinepanettoni anni ’90 hanno più spessore di molte produzioni moderne. Il che è davvero molto triste.
Questo perché continuano a puntare solo sulla quantità, a creare tantissimi film ma senza concentrarsi veramente sulla qualità. Io spero sempre che questo sia un periodo di transizione e che prima o poi si giunta a un cambiamento anche perché mi pare il momento adatto per fermarsi un attimo e pensare a come migliorare le cose.
L’ho sempre pensata anch’io così. Come te spero che sia un periodo di transizione, ma ho anche il terrore che invece sia solo l’inizio della discesa.
In generale il mondo del cinema rispecchia molto i tempi che stiamo vivendo tra incertezze e mancanza di punti di riferimento seri. Per il momento bisognerà aspettare e continuare a supportare in un modo o nell’altro quegli artisti che invece vogliono dire qualcosa.
Infatti, c’è ancora qualcuno che ha molto da dire.
Per fortuna. A livello animato per esempio continuo ad avere molta fiducia nella Laika e nella Aardman. Nel primo caso non vedo l’ora di vedere il loro nuovo film animato!
L’animazione europea continentale, anche senza troppi clamori, sta producendo ottimi prodotti, anche se spesso si piega troppo alle esigenze di esportazione, anche se posso capire i motivi.
Capisco perfettamente cosa intendi dire. Il mercato americano è di gran lunga più forte di quello europeo, questo dovuto anche al fatto che le produzioni europee non hanno una grande distribuzione e in certi casi certe opere possono uscire in altri Paesi europei dopo tantissimo tempo (ad esempio a inizio febbraio uscirà da noi Nina e il segreto del riccio, un film animato francese che attendevo da molto e che in patria è uscito due anni fa). Sotto questo punto di vista dobbiamo cercare di rendere più forte le distribuzioni e la campagna pubblicitaria.
In questo gli americani sono un passo in avanti, così come i giapponesi. Gli inglesi se la cavano, ma l’Europa continentale è ancora carente sotto questo aspetto.
Anche questo è vero. Dobbiamo cercare di unirci. Da soli non possiamo fare niente contro questi colossi.
Forse è anche un fatto culturale. Per molti l’animazione è qualcosa di legato SOLO all’infanzia, quindi anche di MINOR VALORE. Già sai come la penso sul considerare così i prodotti rivolti ad un pubblico giovane, e comunque non è così. L’animazione è una miriade di generi diversi, ma questa mentalità fa sì che, almeno in Europa, non si investa molto sulla produzione di altri generi.
In realtà anche in america per la maggior parte c’è questo pensiero, ma ci sono anche in tanti che in realtà tentano in tutti i modi di valorizzare l’arte e lì hanno molte più possibilità in quel senso. Comunque continuo a odiare questi due concetti: l’animazione è per bambini e i prodotti per bambini possono essere superficiali. Come hai giustamente detto, l’animazione può essere una miriade di cose e avere generi totalmente diversi. Non credo che film come Akira e Aladdin possano essere messi insieme. Il primo è un film fantascientifico con tematiche molto pesanti e un mondo abbastanza pessimista, il secondo è un musical che si basava sull’azione e sulla commedia. Inoltre mi ha sempre fatto arrabbiare il fatto che, se è un’opera è fatta per i bambini, non c’è motivo di impegnarsi. Poi penso a Totoro o Ponyo, che sono opere dedicate ai bambini, e penso a quanto queste due opere mettano in ridicolo la maggior parte dei film nominati agli Oscar per la loro bellezza.
Su questo aspetto il Giappone è forse il più avanti di tutti gli altri paesi. Riescono a produrre opere per l’infanzia estremamente dignitose, che rispettano il loro pubblico. Negli Stati Uniti ci sono proprio due generi diversi, l’animazione e l’adult oriented, anche se trova più spesso posto nei prodotti televisivi, in quanto le produzioni cinematografiche sono rare e a volte di cattivo gusto.
Sto notando che ora come ora in Occidente si sta puntando molto sull’animazione indipendente. Ad esempio la creatrice di The Owl House dirigerà una serie animata con il supporto dello studio animato che ha creato The Amazing Digital Circus, quest’ultima un’opera davvero interessante in cui tentano nuove strade con l’animazione e la storia. Ormai le grandi produzioni sono veramente deludenti per quanti riguarda la qualità.
Non sapevo questo, grazie, anche se non sono tanto per le serie. Ho sempre preferito i lungometraggi, o, al massimo, le miniserie, anche se ho avuto diverse eccezioni con serie lunghe. Tornando al caos generale mondiale, fatto di produzioni a catena di montaggio (sono certa che Walt ne sarebbe inorridito, malgrado i lauti guadagni) mi soprendo che la Warner non cerchi di approfittarne per tornare ai fasti di un tempo, visto che, obbrobri a parte (Space Jam 2 e Tom e Jerry), ha saputo regalarci piccole perle come Storks e Small Foot.
Fidati, la Warner in questo momento è uno dei peggiori per quanto riguarda l’animazione. Pensa che per evitare di pagare certe tasse hanno tolto diverse serie animate sui loro canali di streaming. E inoltre non ha trattato affatto bene Cartoon Network e i suoi dipendenti.
Allora sono anche poco furbi. Non sapevo di questo aspetto, notavo solo che non producevano più come in passato. Ora ne so il motivo. Grazie per avermelo detto.
Non sai per quanto tempo ero arrabbiato con loro per questa cosa. Tra l’altro qui da noi ovviamente non è per niente sentito, ma negli USA la gente online stava facendo molto casino per questo trattamento.
Capitalismo.
E non posso darti torto. Stiamo raggiungendo una sorta di estremizzazione enorme del concetto di capitalismo in questo periodo e infatti la qualità ne sta pagando le conseguenze in maniera molto pesante.
Che meraviglia leggere questa recensione, mi ha fatto rivivere tutte le emozioni di Toy Story 3! Devo ammettere che l’ho visto innumerevoli volte perché mio figlio era (ed è ancora) un grande fan di tutti i film di Toy Story. Alla fine mi sono affezionata anch’io, forse anche più di lui! 😂 Ogni volta è un mix di risate, tensione e lacrime – l’inceneritore e l’addio finale mi devastano ogni volta. Lotso, poi, è un cattivo così ben costruito che non riesci neanche a odiarlo del tutto. Grazie per avermi fatto tornare con la mente a quei momenti sul divano, con mio figlio accanto, a condividere questo capolavoro.
Sono veramente felice che questa recensione ti sia piaciuta così tanto. Questo film mostra una forza incredibile a livello emotivo, sa intrattenere, far ridere e commuovere ed era un finale incredibile per la loro storia. Ancora oggi continuo a pensare che sarebbe stata una delle conclusioni migliori mai viste al cinema.
L’ho visto solo una volta, quello che razionalmente mi sembra il migliore è il secondo (anche se il primo è senza dubbio il mio preferito, per i motivi che ho esposto quando ne hai parlato), ma anche di questo ho un ottimo ricordo; per altro, conferma una vecchia battuta di Hitchcock: se è riuscito il cattivo, è riuscito il film. Scena dell’inceneritore capolavoro.
Il secondo era un’ottima evoluzione di alcuni elementi del primo e l’introduzione di atri che poi il terzo avrebbe migliorato (come ad esempio il villain). Il primo rimarrà sempre nel mio cuore ed è un’opera importante perché ha rivoluzionato il mondo dell’animazione. Di questo terzo capitolo sono profondamente innamorato. E sì, se il villain funziona, funziona gran parte del film.