Momo alla conquista del tempo

Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Ormai siamo arrivati alla fine di questo difficile 2021 e inoltre siamo molto vicini al Natale. Quindi, in questi tempi ardui, vorrei quantomeno augurarvi di passare dei giorni piacevoli e di passarli con le persone che amate o facendo ciò che vi fa sentire meglio. So quanto possa essere difficile e vi auguro ogni bene.
Dopo questa piccola introduzione, vorrei dire che l’articolo in questione sarà l’ultimo del 2021, almeno da parte mia. Mi prenderò un po’ di tempo per me stesso ma ciò non significa che smetterò di leggere tutti quanti. In ogni caso l’ultimo articolo dell’anno dev’essere qualcosa di speciale, qualcosa che sia molto importante sia per il blog che per noi. Ci sono stati veramente tanti candidati, ma nessuno ha potuto rivaleggiare con la pellicola che avevo in mente e il motivo è molto semplice: quest’opera compie ben 20 anni!
E no, non sto parlando di Harry Potter e la Pietra Filosofale (di cui ho anche avuto l’opportunità di vedere al cinema . Una bellissima esperienza). No, il film che compie vent’anni è decisamente molto meno famoso e probabilmente sono pochi quelli che lo conoscono. In realtà ne avevo parlato sul blog quasi tre anni fa, ma ho deciso di parlarne nuovamente. Non perché non fossi felice di quel che avevo scritto, ma perché ci tengo particolarmente a quell’opera e voglio far conoscere questa pellicola italiana che, tra le altre cose, porta degli insegnamenti molto importanti che sono più attuali che mai. Quindi, senza perdere ulteriore tempo, iniziamo con la recensione.
Ecco a voi Momo alla conquista del tempo (conosciuto all’estero come Momo, the conquest of time o semplicemente Momo), pellicola d’animazione del 2001 scritta da Enzo D’Alò e Umberto Marino, diretta da Enzo D’Alò e basata sul romanzo Momo di Michael Ende.

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Trama:
Momo (Erica Necci) è una bambina orfana di nove anni che un giorno arriva in un piccolo paesino. Qui lei viene accolta a braccia aperte dal dolce Beppo (Michele Kalamera) e dai ragazzini del luogo, specialmente Gigi (Giulio Renzi Ricci). Questo nuovo gruppo diventa subito affiatato e si divertono molto insieme, ma il momento idilliaco non dura a lungo. Nella cittadina infatti si aggirano degli strani uomini con addosso dei completi in nero, una bombetta, una ventiquattrore e fumano costantemente un sigaro che emette grandi quantità di fumo. Questi sono i Signori Grigi (chiamati così per la pelle grigia come la cenere dei propri sigari) e il loro scopo è solo uno: rubare il tempo agli uomini, convincendoli a risparmiarlo, depositandolo nella loro Banca del Tempo. Gli adulti vengono assoggettati al loro volere quasi subito ma, mentre un Signore Grigio tenta di fare la stessa cosa con Momo, quest’ultima riesce a metterlo all’angolo e scopre del loro piano. Spetterà a Momo e agli altri bambini cercare di avvertire gli adulti, ma i Signori Grigi non staranno certamente a guardare. Momo avrà bisogno di tutto l’aiuto possibile per salvare tutti quanti.

Come ho già detto, di Momo ne ho parlato tempo fa (QUI, se vi interessa) cercando di sottolineare tutti i lati importanti. In realtà sono abbastanza felice di come sia venute quella recensione ma, come sempre, mi sono interrogato se e come potevo fare un lavoro migliore. E sempre dopo la pubblicazione. Certo, potevo fare di più, ed è quello che ho intenzione di compiere oggi. Partiamo dal lato tecnico.

Come ben sapete, Momo è una produzione italiana e quindi fin da subito potete capire che il budget non raggiunge minimamente quello di molte produzioni americane (e non parlo delle grandi case d’animazione). Quindi partiamo già con alcuni limiti ma, come ben sappiamo, noi siamo molto bravi nell’arte dell’arrangiarci ed è una cosa che D’Alò ha fatto fin dai tempi de La Freccia Azzurra.

In generale l’animazione è molto buona, riesce a esserci un buon equilibrio nelle varie scene e anche nei movimenti dei personaggi (ad esempio Mastro Hora si muoverà con lentezza e calma, mentre i Signori Grigi, sempre di fretta, andranno molto veloci ed è anche per questo che finiscono a scontrarsi gli uni con gli altri). L’animazione è molto buona, ma ci sono dei punti in cui ci sarà uno studio ancora più attento non solo nei movimenti ma ance sulle luci e sulle ombre. Prendiamo come esempio una delle scene più famose del film, l’incontro tra Momo e il Presidente dei Signori Grigi (Giancarlo Giannini) all’anfiteatro. Qui i movimenti sono ancora più fluidi e complessi e notiamo che l’illuminazione è interessante. Tutto è ambientato di notte e le uniche luci vengono dalle macchine dei Signori Grigi, che si riflettono sul volto dei vari personaggi.
Un altro elemento da non sottovalutare sono i colori. In questo caso sono luminosi e accesi, vivi, ma è interessante vedere come questi colori accesi siano quasi aggressivi sui Signori Grigi, come il rosso che appare sui loro sigari accesi, a sottolineare in maniera negativa quell’elemento.

Una cosa che ho sempre amato però sono le ambientazioni. Il paesino in cui è ambientata la storia è un tipico borgo italiano, per poi trasformarsi in una metropolitana caotica quando i Signori Grigi prenderanno il potere. In questo caso la città verrà rappresentata come un mostro di cemento senza alcun senso logico, con le varie strutture costruite l’una sopra l’altra, come se fossero stati realizzati in fretta e furia e senza alcuna considerazione per la sicurezza o i cittadini.
Adoro anche i luoghi legati al Regno del Tempo e sicuramente quello che ha destato la mia attenzione è la struttura in cui finisce Momo prima di arrivare da Mastro Hora. Questo luogo ha un’architettura squadrata e mi ha molto ricordato l’opera di René Magritte, Architecture au clair de lune, tra le altre cose fonte d’ispirazione per la scena finale di The Truman Show (sono riuscito a mettere Momo, Magritte e The Truman Show insieme. Mi sento realizzato).

Volevo anche parlare delle musiche presenti nella pellicola. Devo fare una premessa, io non sono mai stato un fan di Gianna Nannini e le sue musiche non mi hanno mai trasmesso nulla. Tranne in questo caso. Penso che queste siano le sue canzoni più ispirate, capaci di trasmettere un senso di meraviglia e malinconia e soprattutto di affascinare (Romantica guerriera e la colonna sonora dei Signori Grigi sono davvero stupende per me). Da sottolineare anche come queste canzoni siano state composte con l’ausilio di Isabella Santacroce, un aiuto che fu fondamentale in questo caso.

E ora parliamo delle tematiche del film. Leggendo la trama e guardando la pellicola, sarà evidente a tutti che Momo è una forte critica al capitalismo e al consumismo. Il libro parla delle stesse tematiche e il film riesce a trasporle con grande fedeltà, senza risultare didascalico o monotono. I Signori Grigi arrivano, spiegano agli uomini come loro stiano sprecando inutilmente tempo e li convincono con dialoghi fuorvianti a utilizzarlo in maniera “migliore”. La scena emblematica (e più famosa del film) è quando uno di loro parla con il barbiere Fusi (Riccardo Rossi). mostrandogli il tempo che gli resta, ovvero nulla, e come poi il signor Fusi, convinto, inizia a diventare nervoso, arrabbiato, sempre di fretta, chiuso in sé stesso e senza più tempo da dedicare alle persone che ama, concentrato così com’è sul suo lavoro.
Attraverso questa metafora dei Signori Grigi, Ende e D’Alò mostrano come il consumismo più sfrenato possa portare le persone a perdere di vista le cose importanti della vita, a diventare delle vere e proprie macchine che devono solo produrre e produrre. Come mi aveva detto una mia amica, guardando il film, questa non è più vita ma una vuota sopravvivenza.
Qui si critica il consumismo, non il progresso, perché un progresso che prevede una costruzione senza freni e le persone ridotte a delle macchine automatiche non può definirsi tale.

In tutto questo i bambini sono coloro che riescono a resistere di più ai Signori Grigi, ma anche loro cadranno vittime di quest’ultimi. Momo invece diverrà il loro nemico numero uno per un semplice motivo: lei ha la capacità di tirare fuori il meglio da una persona ed è proprio con questa capacità che porta uno dei Signori Grigi ad “umanizzarsi” e a rivelare il segreto. Momo rappresenta tutto ciò che c’è di positivo in noi e protegge tutti quei valori umani come amicizia, amore, ascoltare gli altri, valori che si permettono di volerci bene e di comprenderci a vicenda, di restare insieme nonostante le diversità.

Come avrete sicuramente capito, il film insegna anche il valore del tempo, di come le persone siano libere di usarlo come vogliono e quanto sia fondamentale per tutti noi.
Se c’è una cosa che ho sempre amato di tutti i film di D’Alò, anche quelli non grandiosi, è che il regista cerca di mandare un messaggio ai più piccoli ma anche ai grandi e mi sembra uno dei pochi che ci tenga veramente tanto all’eduzione dei giovani (nel panorama italiano non c’è veramente nulla per i più piccoli e quelli che si vantano di fare tutto per loro in realtà s limitano a rinchiuderli in una bolla d’ignoranza).

Per concludere, Momo alla conquista del tempo è un film d’animazione molto bello ed educativo per le persone di tutte le età. Una pellicola che a vent’anni dalla sua uscita riesce ancora a essere moderna e a parlare di tematiche ormai universali. È invecchiato benissimo e riesce ancora a stupire con i messaggi che manda (dimostrandosi fedele al libro del grande Ende) senza essere didascalico ma attraverso una situazione interessante. Per me questo è il miglior film realizzato da D’Alò e probabilmente uno dei migliori film animati italiani. Con questo vi auguro un Buon Natale e un felice anno nuovo e vi consiglio di recuperare questa perla.

Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

74 pensieri riguardo “Momo alla conquista del tempo

  1. Ed eccomi qui a commentare :-). Come ho detto anche da me, dal punto di vista tecnico a volte il film sembra un po’ carente, ma forse solo perché siamo abituati (e lo eravamo anche allora) ad una produzione più patinata e priva di “spigoli”: insomma, questo difetto potrebbe essere anche un pregio, una piacevole via d’uscita dal conosciuto.

    La storia, comunque, salva tutto, una favola nel senso migliore del termine. E sottolineo un aspetto che tu hai solo sfiorato: il film (e il libro) trattano un tema che io trovo tra i più affascinanti e commoventi con cui un autore può confrontarsi, quello del mondo salvato dai ragazzini.

    1. Mi fa piacere leggere il tuo commento! Dal punto di vista tecnico bisogna anche sottolineare il fatto che non avevamo (e non abbiamo) né i soldi né i mezzi dei film animati americani (ma neanche francesi se è per questo) e quindi ci “arrangiavamo” con quello che avevamo. Anche in questo caso ci sono alcuni limiti e alcune animazioni sullo sfondo che hanno problemi. Conosco questo film a memoria e posso dirti alcuni piccoli errori come ad esempio il fumo dei sigari dei Signori Grigi che delle volte si immobilizza oppure, verso il finale, un personaggio che praticamente appare nel nulla come se si fosse teletrasportato. Sono errori che si notano solo dopo averlo rivisto diverse volte, ma nonostante tutto aveva degli elementi nell’animazione davvero interessanti, cercava di dare uno stile naif con poche linee e tratti morbidi che con il passare del tempo è invecchiato molto ma molto bene e da al film un aspetto retrò ma per niente datato. La storia è una favola meravigliosa e con una profondità incredibile che rimarrà moderna con il passare degli anni. E scrivere favole è un’impresa a mio avviso molto difficile. Comunque grazie mille per aver sottolineato questa mancanza nella recensione. Praticamente mi hai dato uno spunto per scrivere in futuro una terza recensione!
      Come ho detto, questo film mi ha influenzato parecchio e mi ha aiutato tanto nell’approciarmi al mondo dell’animazione.

      1. È vero: il film è invecchiato molto meglio di tanto altri che puntavano tutto sull’effetto wow dato dallo stato dell’arte tecnologico dei tempi, e conseguentemente oggi sono anche un poco ridicoli. Qui, invece, la semplicità della forma ha fatto sì che, se vogliamo, il film diventasse un classico. E, come ogni classico, anche Momo non ha mai finito di dire quello che ha da dire.

        1. Ad esempio purtroppo molti film in 3D dei primi anni stanno invecchiando male. Anche Toy Story, un film che amo alla follia e che praticamente è il Biancaneve dei film animati in 3D, purtroppo risente del passare dei tempi. Momo a mio avviso invecchierà bene anche tra 20 anni e lo stesso vale per quelle opere con uno stile simile, capaci di resistere al passare del tempo e ad affascinare. Io spero veramente che diventi un classico e, con i tempi che stiamo vivendo, magari potrebbe diventarlo per davvero.

      2. Ah, ho dimenticato una cosa a proposito di Magritte. Sai che forse Ende avrebbe apprezzato l’accostamento? Sapevi che suo padre era un pittore surrealista (ed anarchico: presumo non sarebbe stato molto felice di sapere che alcuni suoi personaggi danno il nome ai congressi della destra di governo…)?

        1. Sì, lo sapevo proprio perché mi ero informato sulla vita dell’artista per questo articolo XD
          E a mio avviso quella scelta era molto azzeccata per descrivere la via di mezzo tra il nostro mondo e quello del tempo. Tra l’altro penso che questo sia l’unico film in cui D’Alò non usa uno stile di disegno differente per sequenze oniriche o simili (di solito lo fa sempre). Qui ha giocato di più sulle strutture particolari come la città con palazzi costruiti gli uni sopra gli altri o anche il portone gigante. E sì, non credo che un anarchico possa essere felice di essere legato a personaggi di una certa destra XD

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