Avevo promesso qualche tempo fa che avrei cercato di parlare più spesso di anotlogie horror e ho intenzione di mantenere questo obiettivo. In questo caso ho deciso di parlare non di un’altra antologia prodotta dalla Amicus o qualche antologia uscita di recente, bensì di un film degli anni ’80 poco conosciuto.
Ecco a voi Il villaggio delle streghe (From a Whisper to a Scream o conosciuto anche come The Offspring), una pellicola horror del 1987, diretta da Jeff Burr.
Trama:
Il film inizia con l’arresto e la condanna a morte di Katherine White per aver commesso vari ed efferati omicidi. Una reporte che ha assistito alla sua dipartita, Beth Chandler (Susan Tyrell), decide di andare in una piccola cittadina del Tennessee chiamata Oldfield per incontrare il padre di Katherine, Julian White (interpretato dal leggendario Vincent Price). Julian non giustifica le azioni della figlia ma dice anche che è stata influenzata dalla cittadina, Oldfield, la quale sembrerebbe essere il centro del male pure e chiunque nasca in questa città verrà distrutto dalla sua malvaggità. Ed è qui che Julian inizia a narrare quattro storie che mostrano il vero aspetto di Oldfield e dei suoi cittadini.
Oltre al fatto che sia un’antologia, un’altro motivo per cui mi sono precipitato a vedere la pellicola è la presenza di Vincet Price. Adoro Vincent Price e, quando mi è possibile, cerco di recuperare i film in cui è presente. E inoltre chi non sarebbe curioso di farsi raccontare delle storie dell’orrore da Price?
C’è anche da dire che questo fu l’ultima pellicola horror in cui partecipò (anche se fece il ruolo del cattivo in Sbirri oltre la vita, una commedia horror-action-poliziesco). Inoltre fu una delle pellicole con il budget più basso a cui abbia mai partecipato l’attore americano e posso affermare che questo particolare lo si noterà in certe scene.
La cornice di questo film riguarda Julian e la giornalista che discutono di Oldfield e su quanto sia marcia la città neanche fosse la Derry di Stephen King. Beth sembrerà scettica e per questo Julian le narrerà varie storie, per convincerla del contrario.
Partiamo con il primo dei quattro segmenti (che purtroppo non hanno un titolo). In questa storia vediamo un commesso di nome Stanley Burnside (Clu Gulager) innamorarsi del suo capo, una donna chiamata Grace. Soltanto che il suo non è affatto amore ma ossessione e dopo un appuntamento in cui viene rifiutato da Grace, Stanley la uccide strangolandola. Nonostante ciò l’ossessione dell’uomo per il suo capo non accenna a placarsi.
Il primo racconto è uno di quelli che è riuscito a disgustarmi e a farmi rabbrividire. In parte perché sono sensibile all’argomento e in parte perché sia il regista sia l’attore Clu Gulager riescono a farti provare ribrezzo nei confronti del protagonista. E’ un essere viscido che inizialmente potrà sembrare un uomo tranquillo e goffo ma che nasconde desideri e segreti davvero terrificanti. In questo caso è stato molto bravo Clu Glugaer a interpretare un uomo dalla doppia faccia e il regista riesce a dirigere delle scene tutto sommato terrificanti fino ad arrivare a un finale folle che non mi aspettavo ma in linea con la natura maligna della cittadina.
Il secondo segmento, ambientato nel 1950, ha come protagonista Jesse Hardwick (Terry Kiser) che ha dei conti in sospeso con dei pericolosi gangsters. Durante la fuga viene ferito mortalmente da quest’ultimi. Riesce a trascinarsi fino a una palude, dove viene salvato da un misterioso uomo chiamato Felder Evans (Harry Caesar), che vive lì tutto solo. Mentre sta guarendo, Jesse vede Felder fare degli strani rituali e inizia a scavare nel passato del suo salvatore, scoprendo che ha vissuto quasi per due secoli. E ora anche Jesse vuole avere una lunga vita.
Il tema principale di questo racconto,come ci spiegherà anche Price, è l’avidità dell’uomo, insaziabile e spregevole, che spinge l’uomo a commettere atti terrificanti, fino a quando l’avidità stessa non lo distrugge. Detto così sembrerebbe un racconto molto didascalico, quando invece non è così: ci viene ben mostrata l’avidità di Jesse che, nonostante tutti i guai che ha passato, non ha ancora imparato la lezione e decide perfino di rivoltarsi contro l’unica persona che si sia presa cura di lui. E’ una storia che riesce a scorrere molto velocemente sia nel modo con cui parla del rapporto tra i due sia quando Jesse scopre la verità su Felder sia nel finale, dove si raggiunge il climax. Un’ottima storia con degli ottimi attori, non c’è dubbio.
Il terzo segmento è ambientato in un circo nel 1930 dove Amarrillis (Didi Lamer) è innamorata di un artista del circo, Steven Arden (Ron Brooks), che riesce a sorpendere il pubblico mangiando vetri e metalli senza ferirsi. L’amore dei due però è ostacolato dal Snakewoman (Rosalind Cash), il caso del circo, che non vuole che i suoi dipendenti abbian libertà di movimento e perciò li tiene sempre d’occhio.
Dei quattro racconti questo è a mio avviso quello più debole. E mi dispiace dirlo visto che qui sono presenti dei Freaks e che io adorlo vederli sullo schermo (probabilmente tutta colpa di Freaks, il capolavoro di Tod Browning). La prima parte scorre lentamente e, nonostante la storia d’amore non sia niete male, offre ben poco. Ci sono molti personaggi secondari che appaiono spesso sullo schermo i quali potrebbero rnedere il tutto più interessante, ma vengono utilizzati poco e spariscono subito. L’ultima parte riavvia un po’ il tutto e nel finale è presente una delle scene gore più violente delle pellicola che, con il budget risicato che avevano, sono riusciti a gestire bene. Questo racconto poteva essere gestito meglio, dato che aveva paecchio da dire.
Arriviamo così all’ultimo segmento, ambientato durante la fine della Guerra di secessione americana, dove il sergente Gallen (Cameron Mitchell) e i suoi uomini arrivano nella cittadina di Oldfield. Qui vengono catturati da dei bambini che vivono senza adulti, degli orfani di guerra che si rivelano subito molto violenti e senza pietà nei confronti degli adulti. L’unica che dimostra pietà per loro è una ragazzina di nome Amanda, l’unica via di fuga per il sergente Gallen. Questo si rivela un ottimo racconto dove i cattivi non solo solo i bambini, ma anche i saoldati catturati. Li vediamo fin da subito quando uccidono dei nemici che si erano arresi e soprattutto quando Gallen imbroglia la povera Amanda per fuggire, pronto ad abbandonare i suoi sottoposti e a fare del male alla bambina. Qui la tematiche principlai sono la guerra e l’odio, due parole che vanno a braccetto e che non cesseranno mai. La malvaggità dei bambini infatti è nata proprio dal dolore causato dalla guera e che riversano su chiunque sia un adulto. Anche in quest’ultimo segmento abbiamo molte scene truculente che diventano ancor più inquietanti dato che sono perpretate da dei bambini.
Nel complesso Il villaggio delle streghe è un buon film a basso budget che però potrebbe non piacere. Questo perché ha parecchi difetti, alcuni dei quali causati dal budget molto basso. Alcune scene sembrano aver avuto al massimo due ciack e nonostante molti effetti artigianali siano fatti bene, ce ne sono alcuni abbastanza finti come ad esempio un mostro in animatronics (anche se hanno cercato di nasconderlo il più possibile). Ha dei difetti e si vede, ma allo stesso tempo si nota l’impegno del regista e la bravura con cui è riuscito a gestire il film.
E soprattutto riesce a disgustare e a far provare ribrezzo, due obiettivi che un horror dovrebbe raggiungere. Quindi, se volete, date una possibltà a questo film.
Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!
[The Butcher]
Wow grazie mille
Di nulla!
Interessante. Ma come al soito il titolo in inglese stride con la traduzione italiana
Una tradizione molto antica nel nostro paese. Che poi in questo film non c’è neanche una strega.
Non lo conoscevo. Fa ridere che il titolo italiano sembra rifarsi giusto all’ultimo segmento.
Interessante, comunque: bella scoperta mi hai fatto fare. Film a episodi, con morale -diciamo- rimanda un po’ a Racconti della Cripta, Zio Tibia o qualcosa de Ai confini della realtà.
P.s. nel post di ieri da me… c’è qualcosa per te :)
Moz-
Non è ai livelli de I racconti della cripta o Ai confini della realtà. Però ha una sua identità e un suo stile che lo rendono un prodotto valido. Vado subito a vedere nel tuo blog!
Non lo conoscevo, me lo segno.
Non aspettarti chissà che. È un film a basso budget con dei problemi ma che comunque ha un suo stile e una sua identità.
È bello ed assieme bizzarro che molti dei miei amarcord cinematografici ultimamente avvengano leggendo il blog di una persona giovane e con la mente aperta come sei tu, amico mio e non dalle pagine di qualche inutile scribacchino, pieno solo della sua memoria e fermo alle quattro cose viste in gioventù: ciò che intendo è che a volte l’indulgere nel ricordare qualcosa del nostro passato, associata ad altri ricordi piacevoli (come un gelato, un film, una città straniera, la sensualità di un’amica o di un amico), ci può influenzare e farci sopravvalutare cosa siamo chiamati a giudicare… È un meccanismo simile a quello che da bambini ci fa vedere tutto molto alto (tavoli, scale, librerie) e solo perché in realtà eravamo noi bassi.
Leggere invece le tue dissertazioni su film del passato è piacevolmente liberatorio, perché la tua osservazione è sempre scevra da ogni nostalgia, foss’altro per motivi anagrafici, quindi ben vengano pezzi come questo!
Ad ogni modo, conosco ed ho visto a suo tempo il film in questione, che purtroppo per me appartiene a quell’infausta (ma anche molto interessante) categoria da me in genere assai disprezzata dei film ad episodi: intendiamoci, la storia del cinema ne è piena ed alcuni capolavori della settima arte si nascondono tra le pieghe di questa stramba categoria, un po’ cinema ed un po’ televisione (penso a perle rare come il Toby Dammit di Fellini o Four Rooms di Tarantino, ma ci sarebbero tantissimi altri esempi), ma il mio problema è che in genere, almeno nel passato, ad un tempo breve corrispondevano di solito produzioni meno ricche, in cui se mancava un’idea davvero vincente si rischiava sempre di assomigliare ad una puntata di un serial televisivo (tra l’altro in campo mistery ci furono serie TV talmente ben scritte da essere migliori di tanti lungometraggi cinematografici, come le prime stagioni di Twilight Zone).
Faccio fatica a ricordare i dettagli di questo Villaggio delle Streghe, anche perché a suo tempo lo archiviati come una bizzarria: un film che aveva il ritmo di una produzione di altri tempi (in stile Hammer, tanto per capirci) con inserite scene di violenza più esplicita di taglio anni ’80…
Però i bambini killer, anche se non sono assolutamente un’idea originale di questo film, sono sempre un bel vedere.
Capisco bene il tuo pensiero. Il villaggio delle streghe è un film altalenante e penso sia normale che non piaccia. Ha vari difetti e si vede che è costato poco ma si nota l’impegno del regista. Per certe cose si è ingegnato ed è venuto fuori un buon prodotto. E apprezzo che abbia cercato di unire i film antologici della Hammer o della Amicus con lo stile horror anni ’80. Non è riuscito appieno ma è stato comunque un buon tentativo.
Sono d’accordo ed è proprio per questo che seguire il tuo blog è stata una delle mie decisioni migliori!!!
Ti ringrazio mille per il tuo commento. Mi rende molto felice!
Penso di avere un commento nello spam!
Ultimamente WordPress mette in spam molti commenti e non so neanche il perché. Spero che questa storia si risolva perché mi dispiace accorgermi tardi dei commenti delle persone.
Grazie di aver controllato! Infatti mi ero immaginato che fosse finito nello spam… Ne avevo letto da altri blogger che stava valutando loro a ripetizione ed oggi a me sta capitando con tutti coloro a cui posto commenti…
È una situazione abbastanza fastidiosa. Ora devo stare sempre attento.