Incontri ravvicinati del terzo tipo

Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo siamo tornati a parlare di animazione e abbiamo deciso di riprendere con la filmografia della Pixar, portando ancora una volta uno dei loro film migliori ossia WALL-E. Siamo in un lontano futuro e la Terra è stata abbandonata dagli esseri umani perché ormai è diventata invivibile a causa dell’inquinamento e dei rifiuti. Ed è qui che troviamo WALL-E, un robot che dopo tantissimi anni continua a smaltire i rifiuti e che passa il tempo collezionando oggetti d’interesse, ma che sente anche la solitudine. Un giorno sulla Terra giunge un altro robot, EVE, un robot sonda che sta cercando qualcosa. WALL-E riesce a fare amicizia con lei ma quando le mostra una piantina che aveva trovato, lei entra in modalità automatica, prende la piantina e si spegne. In seguito arriverà un’astronave a prenderla e WALL-E la seguirò, dando inizio a degli eventi che cambieranno ogni cosa. Questo film mostra ancora una volta l’evoluzione della Pixar sia a livello tecnico sia a livello di storia. Il film è tecnicamente eccellente, con un design ottimo, una fotografia curata e una regia che riesce a far parlare il tutto più con le immagini che con i dialoghi. La storia nella prima parte è raccontata nel silenzio e sa sorprendere per la maturità con cui affrontano argomenti come ambientalismo, inquinamento e consumismo, ma sapendo sorprendere anche per i suoi personaggi e la loro umanità. Lo consiglio assolutamente!
Questa volta torniamo ai film live-action ma non ci spostiamo dalla fantascienza, andando a parlare di un altro film che ha fatto la storia del cinema e sempre diretto da un regista che abbiamo già portato nel blog non troppo tempo fa.
Ecco a voi Incontri ravvicinati del terzo tipo (Close Encounter of the Third Kind), pellicola fantascientifica del 1977 scritta e diretta da Steven Spielberg.

Trama:
Intorno al mondo stanno succedendo degli strani eventi. Nel deserto di Sonora, in Messico, lo scienziato francese Claude Lacombe (François Truffaut) ha trovato 5 aerei militari americani scomparsi nel nulla nel 1945. Gli aerei sono in ottimo stato, funzionanti e pieni di carburante, ma dell’equipaggio non c’è traccia. Questo non è l’unico evento particolare perché nel cielo vengono avvistate delle strani luci molto luminose e degli oggetti volanti e di questi eventi sono partecipi anche Jillian (Melinda Dillon) e suo figlio Barry (Cary Guffey), dove i giocattoli di quest’ultimo iniziano a muoversi da soli e il bambino, nel cuore della notte, si mette a inseguire qualcuno. Intanto Roy Neary (Richard Dreyfuss), un addetto delle linee elettriche, viene chiamato a notte fonda per un lavoro di manutenzione ma mentre sta guidando ha un incontro con questi UFO e assiste a eventi inspiegabili, come oggetti che si muovono da soli, e il suo volto viene scottato per metà. Dopo questo momento, Roy inizierà ad avere delle strane visioni in cui vedrà sempre una sorta di montagna. Lui non sarà l’unico perché anche altri, come Jillian, avranno la stessa visione e tutti quanti dovranno capire che cosa significa.

Si torna a parlare di Spielberg e anche della Nuova Hollywood, di cui lui fu uno degli esponenti più importanti in assoluto. Già con Lo Squalo aveva sconvolto il mondo del cinema ed era riuscito a portare un grande cambiamento in esso, quindi è incredibile come subito dopo abbia portato sul grande schermo un’altra opera che ha lasciato il segno, ma partiamo con ordine.

Questo film ha molto a che fare con l’infanzia e la giovinezza di Spielberg, in quanto era legato a una pioggia di meteore a cui il regista aveva assistito insieme al padre in New Jersey. Nel 1964, ad appena 18 anni, Spielberg fece il suo primo film, Firelight, un’opera completamente indipendente costata appena 500 dollari e portata in sala solo nel cinema locale, un film dove la storia aveva dei punti in comune con Incontri ravvicinati del terzo tipo. Infatti Firelight divenne la base per la creazione di quest’opera. Inizialmente Spielberg pensava di realizzare una sorta di documentario o un film a basso budget, ma poi decise che questo film, che ai tempi si chiamava Watch the Skies, doveva essere una produzione più grande, ma ottenere più fondi non era per niente semplice. Ed è qui che arrivò in suo soccorso Lo Squalo. Per dirigere quest’ultimo Spielberg dovette mettere in pausa Watch the Skies, ma dopo l’enorme successo commerciale e di critica, non solo il regista poté chiedere una somma più elevata per il suo progetto, ma ottenne una grande libertà creativa.

Inizialmente Spielberg chiamò Paul Schrader per scrivere lo script, ma al regista non piacque per niente le sceneggiatura e neanche quella che riscrisse in seguito John Hill. Uno dei tanti elementi che non piacque a Spielberg era che il protagonista fosse un uomo in divisa, prima un ufficiale dell’aeronautica e poi un poliziotto, quando invece voleva che fosse una persona comune con cui il pubblico potesse identificarsi. E alla fine decise di scrivere la storia per conto proprio e come ispirazione usò la canzone Una stella cade (When You Wish upon a Star) del film animato della Disney su Pinocchio, una canzone che influenzò molto il suo stile di scrittura e Spielberg non mancò di citare il film. Per quanto riguarda le ricerche sugli UFO, il regista si affidò a J. Allen Hynek, un astronomo che aveva lavorato con l’aereonautica statunitense e che diede a Spielberg tutto il materiale che si conosceva riguardo gli UFO.

Parlando invece del lato tecnico, il film si dimostra molto moderno in ogni suo aspetto e in particolar modo nella regia di Spielberg. Non penso che quest’ultimo abbia mai sbagliato un’inquadratura in vita sua e anche in pellicole che non mi sono piaciute è sempre riuscito a fare un ottimo lavoro. In questo caso è stato l’autore di intere sequenze e scene di un forte impatto non solo visivo ma anche emotivo. Basta vedere all’inizio come riesce a costruire il mistero riguardo questi UFO e soprattutto agli strani eventi che hanno loro come protagonisti, realizzando scene davvero particolari, e una di quelle che mi hanno sempre sorpreso maggiormente è il ritrovamento di un enorme nave nel deserto della Mongolia, qualcosa di così assurdo e incredibile da lasciare stupiti. Anche le apparizioni delle astronavi aliene sono molto interessanti perché Spielberg ha deciso di enfatizzare parecchio le loro luci, luci molto accese e forti, ma che riescono ad affascinare con i loro colori che vanno dal blu al rosso e al giallo. Inoltre Spielberg dimostra di costruire un ritmo perfetto per questo film, un ritmo lento che si prende tutto il tempo per farci conoscere i lor personaggi e la loro storia, principalmente Roy, Jillian e Lacombe, e soprattutto come la questione UFO viene affrontata.

E gli effetti speciali riescono a convincere ancora oggi. Inizialmente Spielberg voleva provare a usare il digitale, un’idea che però venne scartata subito anche perché il digitale di quei tempi era molto costoso e in fase “infantile”. Per le astronavi hanno creato dei modellini molto curati, anche se tutti ricordano, giustamente, l’astronave madre, un’astronave piena di dettagli e di elementi che si sviluppano su più piani verticali, ideata da Ralph McQuarrie e costruita da Greg Jein. E questi elementi ancora oggi sono visivamente eccelsi e risultano decisamente moderni. Da sottolineare poi la presenza del grande effettista Carlo Rambaldi, che curò il design degli alieni non solo attraverso costumi di scena ma anche attraverso l’uso di una marionetta e di un pupazzo articolato per due alieni particolari. Per non parlare poi della musica, anche questa volta composta da John Williams, veramente stupenda ma soprattutto fondamentale per la trama, in quanto è un metodo di comunicazione con gli alieni attraverso un motivo a cinque toni di cui scrisse almeno 300 varianti. E il modo in cui la musica viene usata per comunicare, in special modo nel finale è divertente e stupendo, una scena davvero molto originale.

A livello di storia il film riesce a colpire sotto tanti punti di vista, in primis per quanto riguarda i suoi personaggi. Come abbiamo detto in precedenza, Spielberg voleva che il protagonista fosse un uomo qualunque, non una persona importante, e con Roy è riuscito nell’impresa. Un uomo con un lavoro semplice e una famiglia che un giorno come altri si ritrova catapultato in una situazione straordinaria e più grande di lui. Un evento che cambierà tante cose della sua vita, soprattutto per via delle visioni che avrà costantemente, visioni che lo perseguitano e che lo porteranno a realizzare quelle immagini, che sia con il cibo o con la terra, e ciò andrà anche a influire molto sulla sua situazione famigliare. Lo stesso vale per Jillian, una madre singola che si ritroverà il mondo sottosopra dove aver visto gli UFO e soprattutto dopo la scomparsa del figlio e sia lei che Roy saranno più determinati che mai a scoprire cosa significa quella visione, anche se le loro motivazioni sono diverse. La storia in sé riesce a catturare lo spettatore nella sua semplicità. Non è un film complesso, è una storia molto lineare con un segreto da scoprire (le visioni), ma che sa sorprendere proprio per il modo particolare e unico con cui si affronta la questione UFO. Certo, c’è la segretezza e i tentativi dell’esercito di insabbiare tutto agli occhi dei civili, ma la storia viene narrata in modo stupendo, quasi come se stessimo assistendo a una favola. C’è una sorta di magia in tutto ciò e questo verrà mostrato con grande forza nel finale dove, così come tutti i presenti, non potremo far altro che sorridere.

Per concludere, Incontri ravvicinati del terzo tipo è un film di fantascienza stupendo che mostra un lato tecnico che, dopo più di quarant’anni, si dimostra veramente moderno sia negli effetti speciali che nella regia e inoltre ha una storia semplice ma stupenda, che pone il tutto come se fosse una favola. Un film straordinario che vi consiglio assolutamente!

Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

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