Mean Streets

Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo siamo tornati a parlare di cinema e lo abbiamo fatto attraverso un regista che amo profondamente, Steven Spielberg, attraverso quello che a tutti gli effetti è il suo primo lungometraggio per il grande cinema, Sugarland Express. La storia parla di Lou Jean, una donna che va a trovare suo marito in carcere per farlo evadere. Quest’ultimo, Clovis, è contrario visto che gli manca poco tempo prima di uscire da lì, ma Lou Jean gli spiega che i servizi sociali le hanno tolto il loro bambino e devono recuperarlo il prima possibile. Così l’evasione riesce ma un’agente si accorge di loro e cerca di fermarli, finendo però preso come ostaggio. Questo strano trio dovrà quindi raggiungere la cittadina di Sugarland mentre la polizia li insegue. Un film che rappresenta perfettamente la Nuova Hollywood, anche se non è paragonabile a certi film centrali di quel periodo. Eppure si dimostra un film eccellente, con una regia ottima che sa passare con intelligenza ed equilibrio a scene d’azione, a scene comiche, ad altre di riflessione e drammatiche senza mai essere forzato, grazie anche a un montaggio lineare e ben curato dall’inizio alla fine. La storia inoltre è interessante, una storia che parla di due sempliciotti, due giovani adulti rimasti ancora ragazzini che in realtà sono brave persone ma che hanno imboccato delle strade sbagliate. Per amore sono disposti a fare questa follia, una follia che li porterà ad attraversare un’America rurale molto interessante e abbastanza inedita nel cinema di quei tempi. Un film che consiglio assolutamente!
E anche questa volta rimaniamo fermi negli anni ’70, uno dei decenni più affascinanti del cinema e uno di quelli che portò una profonda rivoluzione. E anche un’epoca che ci ha dato dei registi strepitosi che ancora oggi hanno tanto da dire.
Ecco a voi Mean Streets, pellicola noir drammatica del 1973 scritta da Martin Scorsese e Mardik Martin e diretta da Martin Scorsese.

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Trama:
Il film è ambientato a Little Italy e qui assistiamo alla storia di diversi personaggi, tra cui quella dell’italo-americano Charlie Cappa (Harvey Keitel), un uomo che cerca in tutti i modi di aiutare il suo amico Johnny Boy (Robert De Niro) con i suoi problemi di debiti. Questo rapporto però non viene visto di buon occhio dallo zio di Charlie, Giovanni Cappa (Cesare Danova), un boss mafioso che tiene molto al nipote e vorrebbe per lui amicizie migliori. In tutto ciò vedremo la vita a Little Italy attraverso non solo gli occhi di Charlie ma anche di altri personaggi come Tony (David Proval), proprietario di un locale, e Michael (Richard Romanus), uno strozzino con cui Johnny Boy si è indebitato.

Ammetto che dovrei parlare più spesso di Martin Scorsese, visto che lo adoro profondamene come regista e visto anche l’enorme importanza che ebbe e che ha ancora nel mondo del cinema e che ha anche nella mia visione del cinema. Imparai ad apprezzarlo grazie al suo Hugo Cabret, un film che insieme a Lasciami Entrare mi ha fatto scoprire e amare veramente il cinema. Quindi sono anche in debito con lui e vorrei provare a parlare più spesso delle sue opere.

Mean Streets è il suo terzo lungometraggio ed è anche qui che Scorsese raggiunge una sua maturità registica che rivedremo in seguito nelle sue pellicole future (soprattutto nel suo straordinario Taxi Driver) e in cui mostra una forte libertà creativa. Non sento parlare molto spesso di Mean Streets oggi, ma in realtà fu una pellicola assolutamente fondamentale che pose le basi per tante cose nel mondo del cinema, soprattutto quello americano, sia a livello narrativo che tecnico.
Si parte come al solito dal lato tecnico e già da qui possiamo vedere l’enorme qualità della regia, del montaggio e anche della fotografia. La regia di Scorsese è ricca di carrellate, di inquadrature dall’alto, perfino di piani sequenza e zoom usati benissimo e nei momenti giusti, quando deve esprimente qualcosa. In questo caso possiamo vedere come la sua regia non sia fatta per dimostrare le proprie abilità ma sia al servizio della storia e degli eventi, una qualità che nel suo cinema è sempre stato centrale e che ha sempre fatto con grande abilità. In alcuni momenti fa uso anche di tecniche particolari per quei tempi come la soggettiva su Charlie quando si ubriaca, rendendo il tutto ancora più unico.

Il montaggio è ben costruito e aiuta molto la storia che scorre benissimo fino alla fine e riesce a incuriosire lo spettatore su questi personaggi e il mondo in cui vivono. Ciò che apprezzo è anche la decisione di non tagliare alcune parti che certamente avrebbero accorciato il film, parti che non sono veramente fondamentali ma che avrebbero tolto l’atmosfera del film e soprattutto la sua anima e la sua identità (perfino il regista John Cassavetes gli consigliò di non tagliare nulla). Il tutto, proprio grazie al montaggio, non risulta mai come un riempitivo. Anche la fotografia si dimostra interessante grazie a dei forti tagli di luce, specialmente di notte, e in certi luoghi come il locale in cui si riuniscono i protagonisti è affascinante vedere la presenza di un forte colore rosso acceso. Anche il modo in cui riprende Little Italy, un luogo sporco e vivace, è davvero ben fatto ma quello che soprattutto apprezzo è l’uso della musica che passa dai The Rolling Stones e Johnny Ace fino a canzoni liriche e napoletane con Giuseppe di Stefano e Renato Carosone. Musiche usate benissimo che riescono a far immergere lo spettatore nell’atmosfera di Little Italy. Tecnicamente è una pellicola eccellente ma anche nella sceneggiatura mostra una grande forza.

Mean Streets non ha una vera e propria trama lineare. Certamente la storia di Charlie e i suoi tentativi di aiutare Johnny Boy è la parte centrale, ma per buona parte della storia vediamo i quattro protagonisti passare la loro vita a Little Italy attraverso il loro lavoro e ai loro legami. Infatti lo scopo principale di questa pellicola, l’obiettivo di Scorsese, era quella di mostrare Little Italy, il luogo in cui è cresciuto, per quello che è, in maniera realistica e senza peli sulla lingua. Per questo ci ritroveremo davanti a un mondo davvero interessante, un mondo caotico ma molto vivace, un mondo che si è integrato in parte all’America ma che è ancora ancorata alle tradizioni della loro patria (come si vede ad esempio con la festa di San Gennaro). Un mondo fatto di legami e di famiglia, dove c’è molta criminalità organizzata, dove si vive seguendo le proprie regole e dove i pregiudizi sono tanti, come si nota a volte dai commenti che fanno sugli afroamericani e sugli ebrei oppure, esempio migliore, su quello che fanno con Teresa (Amy Robinson), cugina di Johnny Boy e fidanzata di Charlie, vista di malocchio perché epilettica (a quei tempi l’epilessia veniva associata spesso alla pazzia).

Tra i vari personaggi quelli che spiccano maggiormente sono Charlie e Johnny Boy. Il primo un fervente credente, è molto religioso e questa sua fede entra spesso in profondo contrasto con la sua professione nella criminalità, portandolo molto spesso a porsi diverse domande e a fare riflessioni interiori (tra l’altro lui è l’unico di cui possiamo ascoltare i pensieri) ed è anche per questa sua ricerca del perdono che vuole aiutare il suo amico. Johnny Boy invece è la pecora nera del gruppo, un uomo pieno di debiti con chiunque, molto distruttivo verso sé stesso e gli altri che non ascolta mai nessuno e che a volte si lascia trasportare da esplosioni improvvise di rabbia. E inizialmente potrebbe sembrare caotico e antipatico, ma forse nasconde molto di più, una rabbia verso un luogo e un mondo che non gli piace e in cui non si trova bene, un mondo che però non può neanche abbandonare.

Per concludere, Mean Streets è un film eccellente che ha fatto la storia, un film moderno a livello tecnico che riesce a raccontare con maestria una storia, il cui scopo era quello di mostrare con realismo un mondo in cui il regista era cresciuto. Un film da vedere almeno una volta nella vita e da recuperare assolutamente.

Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

40 pensieri riguardo “Mean Streets

  1. Non conoscevo questo film di Scorsese ma mi hai incuriosito, e già solo i tre fotogrammi che hai messo dimostrano perché è uno dei registi più grandi di tutti i tempi. Aggiungo due considerazioni:
    – quanto era giovane Keitel!
    – la locandina è davvero bella.

    1. Scorsese ha sempre avuto un grande occhio per realizzare scene e sequenze indimenticabili. Una singola immagine mostra l’attenzione e l’amore che ci metteva. E sì, la locandina è bellissima!
      Sono contento di averti incuriosito e spero che io film ti piaccia!

    1. Questo a mio avviso vale la pena vederlo proprio per lo spaccato reale che da sul mondo, cercando di dargli un certo realismo e mostrare la vita di queste persone senza dover pernforza seguire una trama ben delineata ma i propri personaggi e le proprie idee. Comunque di che Killers stiano parlando?

        1. Oddio io l’ho adorato! Penso che sia uno dei lavori più belli di Scorsese. Adesso ti dico anche una cosa divertente. La settimana in cui sono andato a vedere il nuovo film di Scorsese sono andato anche a vedere Five Nights at Freddy’s, che praticamente adesso ha guadagnato cifre assurde. Ti giuro, vedere Killers of the Flower Moon è stato molto meno faticoso rispetto a FNAF.

                1. Allora io conosco abbastanza bene i giochi e la loro lore e nel film ci hanno inserito un pò di tutto, facendo anche un casino. A un certo punto c’erano mille colpi di scena legati così tanto al protagonista da risultare impossibile. Ma fosse solo quello il problema.

            1. L’ho visto al cinema. Tra gli ultimi film che ha fatto è quello che ho apprezzato maggiormente. E a Scorsese devo tanto, è grazie al suo Hugo Cabret se mi sono innamorato del cinema (anche grazie a Lasciami Entrare, ma questa è un’altra storia).

                1. Che meraviglia! Questa cosa mi rende molto felice. Io lo vidi quando ero ancora un quattordicenne e ne sono innamorato da allora. Sono veramente felice che questo film abbia ispirato altre persone. Tempo fa ci feci perfino una recensione.

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