Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo, dopo veramente troppo tempo, abbiamo ripreso a parlare dei classici Disney, sperando di continuare con costanza, arrivando al loro 39° film animato, una pellicola davvero molto particolare ossia Dinosauri. La storia parla di Aladar, un Iguanadonte che, quando era ancora un uovo, venne trovato da un gruppo di lemuri e fino ad allora è vissuto con loro, entrando a far parte della loro famiglia. La sua vita tranquilla però viene sconvolta quando un meteorite si abbatte sulla Terra, distruggendo la sua casa e rendendo tutto arido. Aladar e la sua famiglia partono alla ricerca di un luogo fertile dove bere e mangiare ed è qui che incontrano un branco di dinosauri erbivori che si sta dirigendo verso i Terreni di Cova, forse l’ultimo luogo salvatosi dal cataclisma. Purtroppo però sono inseguiti da due Carnotauri. Questo film rappresenta, a mio avviso, un esempio perfetto di quello che è stato il Periodo Sperimentale della Disney, soprattutto per la tecnica usata. Non avendo la tecnologia per l’animazione in CGI come la Pixar, decisero di creare i dinosauri in digitale mentre le ambientazioni era luoghi reali, dando in un certo modo unicità al film. La trama è semplice e lineare, anche se troppo simile Alla ricerca della Valle Incantata, e non tutti i personaggi sanno colpire, mentre invece apprezzo molto il modo con cui le tematiche principali sono state trattate bene e con intelligenza. Un film imperfetto ma che vale la pena di vedere.
E questa volta cambiamo completamente film. Torniamo a parlare di horror e per la precisione un horror degli anni ’60 e per giunta un co-produzione italiana e statunitense. Onestamente non vedevo l’ora di parlare di quest’opera, anche perché è tratta da uno dei miei romanzi preferiti, un libro che ancora oggi continua ad affascinare tanti lettori.
Ecco a voi L’ultimo uomo della Terra (The Last man on Earth), pellicola horror fantascientifica del 1964 scritta da Furio M. Monetti e Richard Matheson, diretta da Ubaldo Ragona e Sidney Salkow e basata sul romanzo Io sono Leggenda di Richard Matheson.

Trama:
Il dottor Robert Morgan (Vincent Price) è un uomo sopravvissuto a una terrificante epidemia che ha contagiato l’umanità e trasformato tutti in vampiri. Sono passati tre anni da allora e in tutto questo tempo lui è sopravvissuto da solo, difendendo la propria casa e la propria vita usando oggetti in grado di impedire ai vampiri di entrare, tra specchi e aglio. Quando però è giorno lui esplora la città, andando a stanare e uccidere i vampiri, ripetendo il tutto ogni volta. In questa situazione lo vedremo ricordare come il tutto è avvenuto e, a un certo punto, vivrà anche degli eventi che non si sarebbe mai e poi mai aspettato.
Non vedevo l’ora di parlare di questo film proprio perché è tratto da Io sono Leggenda, un romanzo stupendo che ancora oggi rimane moderno per come affronta il tema dell’epidemia e dei vampiri. Molti sicuramente conoscono la trasposizione con Will Smith, una versione che non ho mai apprezzato. I motivi sono vari, ma quello più importante è che va a tradire il libro alla base. Non mi danno fastidio i cambiamenti, mi ha dato fastidio come il fulcro della storia e il suo significato sia stato travisato del tutto. Tra l’altro esiste un’altra trasposizione del romanzo ossia 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra, anche questa non proprio fedele. Uno degli elementi che appunto adoro de L’ultimo uomo della Terra è che è la trasposizione più fedele mai fatta finora.

Partiamo dalla produzione che fu alquanto interessante. Infatti il produttore Anthony Hinds aveva acquistato i diritti del libro che doveva essere trasposto dalla Hammer. Purtroppo però la censura inglese dei tempi impedì la produzione del film e quindi i diritti vennero venduti a Robert L. Lippert, un produttore americano. Il progetto venne annunciato nel 1962 e lo stesso Matheson era emozionato in quanto si diceva che il regista della pellicola doveva essere il grande Fritz Lang. Invece poi vennero scelti Ubaldo Ragona e Sidney Salkow e su quest’ultimo punto la cosa interessante è che ci sono discussioni su chi abbia diretto veramente il film. Infatti c’è qualcuno che dice che la maggior parte della pellicola venne realizzata da Salkow e altri che invece dicono che quest’ultimo fosse stato co-regista.
Come ho detto in precedenza, questa è la trasposizione più fedele del libro di Matheson anche se pure qui ci sono delle differenze (com’è normale che sia). Per esempio, una differenza che posso condividere senza fare spoiler riguarda il protagonista. Infatti in questo film è uno scienziato ma nell’opera di Matheson era una persona comune. I cambiamenti, se fatti bene e con un senso, sono sempre i benvenuti e qui sono stati fatti senza stravolgere il significato.
Da subito si può notare una cosa. Il film ebbe un budget molto ridotto e quindi scene più costose e grandi non poterono essere realizzate eppure, con i pochi mezzi a disposizione, la pellicola riesce a interessare dall’inizio alla fine. L’Ultimo uomo della Terra ha una buona regia che riesce a far percepire al pubblico la solitudine del protagonista e soprattutto a dare l’impressione che al mondo non ci sia rimasto più nessuno, riprendendo Vincent Price che si muove in questa città vuota, senza alcun movimento. La messa in scena è molto buona e solo dalle inquadrature possiamo capire molto bene cosa succede. Certo, soprattutto all’inizio c’è anche la voce di Price che condivide i suoi pensieri e spiegandoci cosa sta facendo, ma ammetto che questo espediente l’ho considerato superfluo in molte occasioni, visto che si capisce bene cosa accade, cosa fa Price e come lui si sente.
Il tutto si svolge in maniera lente, con un ritmo calmo che funziona benissimo. Nella prima parte infatti assistiamo alle giornate di Robert, giornate che ormai ripete da più di tre anni in cui continua a creare e sostituire difese per la casa, creare paletti acuminati, cacciare i vampiri e sbarazzarsi dei loro corpi con il fuoco. Una situazione che lo sta portando al limite e lo capiamo attraverso una buona regia e alla prova attoriale di Vincent Price.

Non sarà una storia del tutto lineare in quanto a un certo punto della pellicola ci sarà un lungo flashback che ci spiegherà come sia scoppiata quest’epidemia e tutto quello che è successo a Robert in quei giorni. Una parte veramente drammatica fatta veramente bene sempre grazie alla regia, alla prova attoriale ma anche grazie alla fotografia che, attraverso dei tagli di luce in cui le ombre daranno risalto al volto o ad altri dettagli, riesce a dare un senso di terrore ma anche di claustrofobia. Dell’ultimo e terzo atto non posso parlare, in quanto accadrà qualcosa che cambierà tutto, qualcosa che era geniale nel libro e che qui viene rappresentato altrettanto bene, anche se con qualche differenza.
Quindi ci ritroviamo con un film veramente a basso con budget che però riesce a raccontare bene una storia e soprattutto a farti provare diverse sensazioni grazie alla regia, a un’ottima sceneggiatura e un ritmo ben sviluppato. Questo per dimostrare come l’abilità e l’impegno siano importanti per la creazione di tali opere. Purtroppo ai suoi tempi fu un film abbastanza ignorato sia dal pubblico che dalla critica ma con il tempo venne riscoperto e apprezzato. Perché onestamente parlando, questo film merita veramente tanto.
Per concludere, L’ultimo uomo della Terra è un film horror fatto molto bene, un’ottima trasposizione di un libro stupendo che merita di essere riscoperta. Un film che ha una bella regia, così come un ritmo ottimo e una bella fotografia che riesce a dare giustizia alla storia e un Vincent Price in forma nel suo ruolo. Un’opera che consiglio con tutto il cuore.

Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!
[The Butcher]
Great review.
I saw this film long time ago, after reading the novel. It’s a very close version of Matheson’s story, far more than the Will Smith’s.
There were lots of proxy versions, just as the Omega man or, in a way, the Night if the living dead or some Twilight Zone episodes. Spirit of Matheson is everywhere.
Thank you very much!
I love this film and in its simplicity it manages to show great strength and I am happy that it has been rediscovered in recent times. As for Matheson, his works have become the basis for many works. His work has become important and I think that together with many other science fiction writers such as Bradbury, Dick, Asimov and Herbert, he changed many things.