Noto con un po’ di dispiacere che io tendo a parlare poco di film d’animazione. Fortunatamante c’è Shiki che scrive articoli su di essi, a mio avviso più empatici e meglio scritti dei miei.
Però dato che adoro l’animazione e che mi sentivo particolarmente ispirato, ho deciso di parlare di un film d’animazione giapponese, per la precisione un’antologia composta da tre corti diretti da dei registi straordinari; Rintaro (Metropolis), Yoshiaki Kawajiri (Ninja Scroll) e Katsuhiro Otomo (Akira). Il film è del 1983 ed è intitolato Manie Manie – I racconti del labirinto.
Cominciamo con il primo episodio intitolato Labyrinth e diretto da Rintaro.
Trama:
Una bambina di nome Sachi e il suo gatto (Cicerone) si ritrovano catapultati in un labirinto abitato da esseri particolari in cui succedono eventi straordinari. Dovranno cercare un modo per uscire e sembra che un clown li stia aiutando.
Personalmente questo è il mio episodio preferito. Da come avrete immaginato in molti questo corto sembra ispirarsi al Alice nel Paese delle Meraviglie. E in questo mondo la protagonista inizierà un viaggio particolare dove la realtà che la circonda cambierà spesso passando da un sogno surreale a un incubo a occhi aperti.
La regia è fantastica e probabilmente quella più particolare in quanto atipica ma ben studiata. Anche il disegno è fuori dagli schemi: tratti dolci per i personaggi ma non realistici. Basti guardare il design della bambina. Le animazioni sono stupende e riescono ad essere molto fluide. E’ letteralmente un enorme parco giochi dove Rintaro si diverte a provare cose nuove.
Tra l’altro questo episodio sarà presente sia all’inizio che alla fine del film.
Un corto che ho adorato per il suo coraggio di provare a fare qualcosa di originale e per esserci riuscito appieno, regalandoci così un’esperienza breve ma intensa.
Il secondo episodio si intitola L’uomo che correva diretto da Yoshiaki Kawajiri.
Trama:
Zack Huges è un famoso pilota di macchine che sta per finire la sua carriera. Nel mondo è diventato noto per aver resistito ben dieci anni in uno sport dove al massimo un pilota sopravvive per un anno. Questo perché le macchine che devono guidare richiedono enormi prestazioni fisiche. Nonostante il protagonista sia arrivato allo stremo delle sue forze non vuole arrendersi ed è pronto a rischiare il tutto per tutto pur di continuare a correre.
Diciamo che tra i tre questo è il meno riuscito. Adoro le atmosfere noir del corto, adoro i cartelli al neon che abbondano, le luci delle macchine e quelle che si riflettono su quest’ultime. Però mentre con lo scorso episodio abbiamo visto un lavoro fatto con maestria che sa essere originale e vuole stupire a 360° gradi, qui ci ritroviamo davanti a un corto tecnicamente ottimo ma con una storia che non riesce a prendere il via ma con un’idea di fondo interessante anche se non originale.
Nonostante ciò apprezzo il lavoro che è stato fatto: i personaggi hanno dei tratti curati e riconoscibili, le animazioni sono ottime e in certi punti riesce a creare anche tensione. Il problema è proprio la storia che è molto povera, forse perché dura poco, e il corto ne risente parecchio.
L’ultimo corto è diretto da Katsuhiro Otomo ed è intitolato Interrompete i lavori!
Trama:
Sugioka è un giovane funzionario che viene incaricato di fermare i lavori del Progetto 444 in Amazzonia. Questo luogo è completamente robotizzato e i robot lì presenti continuano a lavorare facendo sprecare preziose risorse. Appena Sugioka arriva lì si accorge di quanto grave sia la situazione e dovrà vedersela con Numero Uno, il robot che supervisiona i lavori.
Questo è un episodio che trovo molto piacevole e divertente. Lo stile di Otomo si riconosce subito e le animazioni che ci ritroviamo davanti sono fantastiche mentre i fondali sono incredibili e ricchi di dettagli (probabilmente i fondali più curati dei tre).
Il corto affronta una tematica che, da come avrete sicuramente capito, non è originale ma riesce ad arrivare dritto al punto ed è resa molto bene: mai affidarsi troppo alle macchine o si finisce per prenderne il controllo.
E’ il più lungo dei tre episodi e, nonostante non riesca a raggiungere la bellezza e la poetica del corto di Rintaro, rimane un lavoro lodevole che conferma ancora una volta la bravura di Otomo.
In totale il film dura cinquanta minuti e lo consiglio a chi cerca qualcosa di affascinante e originale e non a chi vuole svagarsi, dato che è un lavoro abbastanza pesante. Sicuramente piacerà parecchio a chi ama veramente l’animazione e a coloro che adorano i lavori dei tre registi.
E con questo la recensione è finita. Spero di avervi incuriosito con questo articolo a recuperare il film.
Alla prossima!
[The Butcher]
Li ho visti e trovo interessante la proposta per quanto senza alcun legame gli uni con gli altri. Il terzo corto è quello che mi è piaciuto di più perché ha un approccio che ho trovato ironico, quantomeno non “serioso” rispetto ad altre opere che ho visto sul tema.
Una visione consigliata per chi mangia birra e frittatone di cipolle sul divano mentre guarda un anime, un’ottima variazione sul tema. Curiosa (nel senso napoletano del termine, ovvero “strana, stramba, straniante”) variazione sul tema.
A presto, Butch!
L’ultimo corto è molto bello ma per bellezza estetica e animazione per me il primo rimane il migliore. Non avevo considerato la visione del film nel mondo che mi hai consigliato anche se non sono un fan della birra.
Un mediometraggio paradossale, più un esercizio di stile che un’antologia di corti davvero riusciti: la tecnica di animazione e le regie dei tre episodi sono comunque impressionanti nella loro bellezza, considerando che parliamo oltretutto dei primissimi anni ’80, ma di contro alla enorme libertà creativa (Mad House e l’editore Kadokawa avevano di fatto lasciato la facoltà a Rintaro, Otomo e Kawajiri di scegliere addirittura il racconto che ognuno di loro preferiva sceneggiare e dirigere dall’antologia di racconti fantascientifici di Mayumura che porta il nome del film) il risultato finale è modesto, proprio per la mancanza, come hai detto tu benissimo, di veri elementi di novità… Tanto stile ma poca sostanza…
Hai ragionissima anche nel dire che l’episodio di Rintaro è il migliore e lo è nettamente!
C’è da dire che in quel periodo andava così per un po’ tutti i film animati antologici, perché poi anche i tanto strombazzati Robot Carnival e Memories non furono poi questi gran capolavori…
Infine, hai ragione di nuovo ad avvisare i tuoi lettori che trattasi di un prodotto per appassionati di animazione e non per spettatori di passaggio, perché gli estimatori (come tu e Shiki) si divertiranno comunque, riconoscendo gli stili dei maestri e per una certa anarchia visionaria, ma il resto del pubblico resterebbe perplesso.
Fortuna che ci siete voi due che parlate ancora di animazione giapponese…!!
So molto bene che questo film era più un esercizio di stile che altro, ma comunque non posso fare a meno di rimanere affascinato dalle sequenze di ogni corto, notare la particolarità dei disegni, la bellezza delle animazioni. Il tutto mi affascina e mi viene voglia di riguardarlo solo per le sequenze. Mi ricorda un po’ il caso di XX, antologia horror che non aveva un tema centrale (e che per pura casualità 3 di quei 4 corti parlavano di maternità). Memories devo recuperarlo più che altro perché c’era un corto legato a Satoshi Kon (anche se era solo in veste di sceneggiatore. Grazie mille per essere passato, è sempre piacere leggere i tuoi commenti.
È impossibile non leggervi! Siete essenziali per il cervello ed il cuore!
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