Disconnect

E finalmente si ritorna con le recensioni di film!
Questa volta ero indeciso su quale, di quelli visti ultimamente, avrei parlato. Alla fine ho deciso per questo: Disconnect.
Film drammatico del 2012 diretto da Henry Alex Rubin che ha partecipato fuori concorso alla 69ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica a Venezia.

La pellicola è divisa in tre nuclei narrativi:
Nel primo caso abbiamo un ragazzo timido e solo, amante della musica e con un padre così attaccato al cellulare da non aver tempo per la famiglia. Due ragazzi creano un profilo falso di una ragazza per ingannarlo e prendersi gioco di lui.
Il secondo ciclo vede invece una coppia distrutta dalla perdita del loro unico bambino (i due non riescono quasi a parlarsi in faccia) vittima di una truffa che gli ha estinto la loro carta di credito.
L’ultimo invece parlerà di una reporter che, per avere successo, deciderà di fare un servizio su un gruppo di ragazzi che fanno giochi erotici online a pagamento.

Da come avrete potuto capire, uno dei temi principali di questo film è per l’appunto il Web. Grazie a esso l’uomo può parlare con le persone anche se si trovano a chilometri di distanza, può fare ricerche su determinati argomenti in poco tempo, essere sempre informati ecc…
Allo stesso tempo però la rete è un luogo pieno di pericoli dove ognuno di noi può incappare; un luogo in cui ognuno di noi può rifugiarsi per scappare dalla realtà fino a perdere di vista quello che è veramente importante.
Questi ultimi argomenti accompagneranno lo spettatore per quasi tutto il film, ma a un certo punto verrà introdotta una tematica ancor più interessante di questa: la solitudine dell’uomo.
Nonostante i nostri personaggi abbiano delle famiglie o delle persone a loro care, sembrano essere lontane anni luce. Per fare un esempio, la coppia che viene truffata vive il loro dramma senza riuscire ad aiutarsi a vicenda, primo perché il marito tenta in tutti i modi di evitare l’argomento e secondo perché la moglie inizia a sfogare il suo dolore su un sito social.
Stessa cosa vale per gli altri, anche per uno di quei bulli, in quanto il padre, essendo stato un poliziotto, lo fa vivere come se fosse in una prigione e tra i due non si riesce ad avere un normale rapporto padre-figlio.
Tra tutti gli archi narrativi, quella del cyberbullismo è stata in assoluto la mia preferita in quanto si è parlato molto dei vari personaggi, mostrandoci anche una realtà riguardante le famiglie, che sono tutto tranne che unite.

Mi piacerebbe ora anche aprire una piccola parentesi a proposito del cyberbullismo. Ben Boyd, il ragazzo vittima di bullismo, cade nell’imbroglio dei due ragazzi perché è una persona sola che non è mai riuscita ad aprirsi e a socializzare con gli altri. Dopo aver visto qualcuno che inizia a parlare con lui in modo amichevole, che dice di aver i suoi stessi gusti musicali e di apprezzare la sua musica, dopo tutto questo, è normale che Ben si sia fidato di quello sconosciuto. Molti ragazzi e ragazze vittime di queste violenze sono nella maggior parte dei casi come Ben o altre volte solo persone ingenue che non sanno dei rischi che si possono correre parlando con qualche sconosciuto in rete. E questa realtà è stata dipinta tremendamente bene sul film (è anche per questo che ho apprezzato questa storia di più delle altre).

Tornando a parlare della pellicola, il regista Henry Alex Rubin se l’è cavata molto bene nel suo primo lungometraggio. Mi è molto piaciuta l’idea di una regia simile a quella nei documentari, quasi a voler dare maggior realismo alle vicende narrate. Non mi sono tanto piaciute invece certe inquadrature un po’ anonime in certi punti, ma su questo punto si può sorvolare tranquillamente.
Il punto forte di questo film sono senz’altro la sceneggiatura e il cast.
La sceneggiatura risulta essere molto compatta, senza nessun tipo di forzature sopratutto quando le varie storie iniziano a intrecciarsi (questi incontri causeranno sempre una svolta fondamentale nella vita dei personaggi).
Sul cast invece non ho niente da dire, tutti molto bravi e preparati, specialmente Frank Grillo e Jason Bateman.

Bene, penso di aver detto tutto quello che c’era da dire su questo film. Se ne avrete l’occasione, vi consiglio di guardarlo. Ne vale veramente la pena.

Con questo vi saluto e ci vediamo la settimana prossima con un articolo di Shiki!

 

 

[TheButcher]

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