Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo abbiamo cambiato brevemente argomento e dal mondo del cinema siamo passati a quello del fumetto, continuando con l’ormai cara saga fantasy italiana di Kalya, che porto avanti con lentezza e caos, e precisamente con il volume 16. La guerra è scoppiata tra Galador e l’alleanza composta dal Sarabri e Aldelisia, con quest’ultimi che hanno sfondato il Varco e adesso stanno prendendo d’assedio la fortezza di Kalantor. Intanto Kalya si infiltra nel consiglio dei gjaldest per scoprire i veri piani di Ilion. Questo volume presenta dei bei disegni in cui i tratti dei personaggi si riconoscono molto bene e c’è un buon utilizzo delle ombre, oltre che avere delle ambientazioni naturali interessanti, composte da linee ondulate. La storia si divide in due punti di vista dove nel primo caso vediamo la battaglia per la fortezza, molto dinamica e con tattiche di guerra ben rese, mentre nel secondo osserveremo Ilion dichiarare i propri intenti e rivelare il ritorno di Hamon-Dern. Un volume che presenta un bel punto di svolta per la storia e invoglia il lettore a leggere il continuo. Lo consiglio!
Torniamo così nel mondo del cinema e parliamo di un film nostrano diretto da un grande regista che, prima del tracollo che ebbe negli anni 2000, ci ha regalato opere impressionanti che hanno fatto la storia. Nonostante questo film non sia un capolavoro, ha molto da dire.
Ecco a voi 4 mosche di velluto grigio (conosciuto all’estero come Four Flies on Grey Velvet), pellicola gialla del 1971 scritta e diretta da Dario Argento.

Trama:
Roberto Tobias (Michael Brando) è un batterista di un complesso rock che da un po’ di tempo viene pedinato da uno strano uomo con impermeabile, cappello e occhiali neri. Un giorno, stufo di quella situazione, decide di seguirlo, finendo all’interno di un teatro. I due hanno uno scontro con l’uomo misterioso che tira fuori un pugnale e Roberto che accidentalmente lo uccide con quest’ultimo. L’omicidio viene visto e fotografato da una persona con addosso una maschera e da quel momento in poi Roberto verrà perseguitato da questo individuo con telefonate, foto e perfino con visite notturne in cui finisce per aggredirlo, ma senza mai chiedere soldi o altro. Non potendo rivelare la cosa alla polizia per via dell’omicidio, Roberto si confida con sua moglie Nina (Mimsy Farmer) e infine va a chiedere consiglio a Diomede (Bud Spencer), un suo amico eccentrico che gli intima di rivolgersi a un investigatore privato di nome Gianni Arrosio (Jean-Pierre Marielle).Così inizieranno le indagini per scoprire chi è questo persecutore mentre quest’ultimo, con il passare del tempo, diventerà sempre più pericoloso, arrivando a uccidere.
Con questo articolo, dopo tantissimo tempo, concludiamo la Trilogia degli Animali di Dario Argento, composta anche da L’Uccello dalle piume di cristallo e Il gatto a nove code. Una trilogia che ha mostrato fin da subito le abilità del regista in maniera ottima e che con il tempo sarebbe migliorato, portando avanti uno stile unico, ma ora concentriamoci su questo film.

Parlando del lato tecnico, possiamo vedere fin da subito una regia veramente ottima che anche nei titoli di testa dà una messa in scena e una costruzione della tensione veramente stupenda, iniziando proprio con questa inquadratura dall’alto della batteria del protagonista e in seguito mostrandoci l’uomo misterioso osservare il tutto da lontano. Anche in questo caso avremo delle immagini e scene di forte impatto, come ad esempio questo cuore che batte su uno sfondo nero ogni volta che Roberto vede quell’uomo o delle belle inquadrature che riprendono quest’ultimo da lontano e perfino degli ottimi zoom. Perfino quando Roberto lo inseguirà dentro al teatro avremo tante belle sequenze, come la carrellata in avanti sulle tende rosse. Praticamente il film sa rendersi accattivante fin dall’inizio e questa cosa non scemerò con il passare del tempo, anzi non farà che aumentare sempre di più, soprattutto quando la persona in maschera inizierà a perseguitare il protagonista, riuscendo a entrare a casa sua e trovando inquietante la mancanza di un movente preciso per cui si accanisce su di lui. Il film inoltre presenterà a livello registico ed estetico dei momenti incredibili e lo possiamo vedere nelle scene degli omicidi, realizzate attraverso delle ottime soggettive e in certi casi con delle scelte di montaggio e inquadrature degne di nota (l’ultimo omicidio e la scena finale sono le migliori in assoluto).
In questo film però abbiamo anche dei momenti molto interessanti e particolari che vedremo maggiormente in Profondo Rosso: l’onirico. Il nostro protagonista avrà un incubo ricorrente in cui vedrà una persona venir decapitata, ma l’elemento onirico non li limiterà a questo. Infatti avremo delle sequenze quasi surreali che riusciranno a creare disorientamento e tensione, come ad esempio le scene nel parco. Qui il modo in cui il tutto è stato girato lascerà di stucco, come il modo in cui si svuota il parco, come diventa notte ma soprattutto come è stato girato l’inseguimento, sempre in soggettiva quando avremo il punto di vista dell’assassino, in questo enorme giardino dai cespugli alti, quasi che il luogo stesso non avesse un senso logico. Tutto ciò aiuta molto a creare la tensione e a creare anche delle belle idee, come le quattro mosche citate nel titolo. Inoltre il montaggio, la fotografia, le musiche (quest’ultime composte dal grande Ennio Morricone) aiutano molto nella costruzione dell’atmosfera, basti solo pensare agli ottimi tagli di luce nell’oscurità. Il lato tecnico è veramente ottimo e aiuta molto a valorizzare la storia.

Come ho già detto, l’incipit si dimostra molto interessante e il nostro protagonista è fin da subito con le spalle al muro dato che, con le foto in possesso dello stalker/assassino, non potrà neanche andare dalla polizia e dovrà gestire la cosa per altre vie. Le indagini per scoprire chi è che lo sta perseguitando sono ben rese, anche se la curiosità maggiore la troviamo nella motivazione per cui l’assassino sta facendo tutto questo a Roberto, quasi come se volesse vendicarsi. Il film riesce a incuriosire, a creare tensione ma, al momento opportuno, sa anche far ridere e questo senso di comicità è data da qualche personaggio goffo e particolare come ad esempio il postino (Gildo De Marco) e anche da alcune situazione particolari come la scena in cui Diomede, per parlare con Roberto e il professore (Oreste Lionello), li invita a una mostra di pompe funebri con bare di ogni tipo. I personaggi stessi, soprattutto quelli secondari, riusciranno ad arricchire la storia, come appunto Diomede, soprannominato Dio, che si dimostrerà un valido aiuto oppure Arrosio a cui ci affezioneremo. La storia è buona ma quello che rende il tutto veramente stupendo è proprio il lato tecnico che valorizza ogni cosa, che crea un’atmosfera incredibile e gestisce un ottimo ritmo.
Per concludere, 4 mosche di velluto grigio è un ottimo giallo che mostra dei bei personaggi e una buona storia, ma riesce a colpire soprattutto per il lato tecnico e per la sua estetica. In generale l’intera Trilogia degli Animali merita di essere recuperata e vista perché tutti e tre sono delle opere magnifiche anche se, molto probabilmente, L’Uccello dalle piume di cristallo rimane il migliore.

Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!
[The Butcher]
Ne ho sentito parlare, ma non l’ho visto. Quel poco che ho visto di Argento non mi è però mai piaciuto.
Interessante! Che film hai visto di Dario Argento? Un giorno voglio mettermici d’impegno e parlare della sua filmografia, anche degli ultimi brutti lavori che ha fatto.
A parte Profondo rosso, non ricordo i titoli degli altri, spesso lasciati a metà.
Con Dario Argento, le decadi migliori sono quelle anni ’70 e ’80. Negli anni ’90 ha fatto dei buoni lavori anche se già da lì si iniziava a vedere qualche problema. I film degli anni 2000 sono quasi tutti brutti e alcuni dei veri e propri trash, come ad esempio Dracula 3D (che però mi diverte tantissimo). Il film migliore degli anni 2000 di Argento però è Non ho sonno, che è un film molto valido. Che cos’è che non ti piace di lui? Ormai mi hai incuriosito.
Mi sembrano film pretenziosi, ma che non riescono per niente a coinvolgermi, con una fotografia che mi ha sempre dato fastidio, trame insulsamente complicate e reazioni umane poco credibili. Ma questo è solo quel poco che ho visto, ma erano tutti tra anni ’70 e ’80. E oramai sono una ventina d’anni che non provo nemmeno più a guardare un suo film.
Allora ti consiglio Suspiria. Oltre a essere il suo film più bello in assoluto è anche quello con la trama più basilare del mondo. Praticamente è un film che valorizza la sua trama attraverso la regia, la fotografia e l’atmosfera onirica. Secondo me dovresti dargli una seconda possibilità, almeno con film come questo oppure Inferno, Tenebre, Phenomena, Opera e così via.
Potrei dargli una seconda possibilità, comunque non è che non li capivo, anzi, ma le trame mi sembravano, seppur comprensibili, inutilmente contorte solo per darsi un tono, o magari aggiungere minutaggio.
Diciamo che erano più che altro per aggiungere mistero e soprattutto sviare per non farti scoprire subito il colpevole, come succede ad esempio in questa trilogia degli animali. Comunque se vuoi farlo, solo se ne hai voglia e tempo! A me Argento piace, ma il mio cuore batte sempre per Bava e Fulci.
Non escludo una nuova possibilità, ma non credo entro breve.
Nessun problema! E lo stesso vale per me. Non credo che a breve uscirà una nuova recensione su Argento. Un giorno dovrò mettermici seriamente.
Ricordo bene la tensione e i non pochi soprassalti nei film di Dario Argento. Questo con l’’Uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e Profondo Rosso sono fra i mei preferiti
I primi film d’Argento erano dei gialli all’italiana puri che mi sono sempre piaciuti. Con Profondo Rosso ha raggiunto il suo apice nel genere ma anche con La Trilogia degli Animali aveva iniziato perfettamente!
Concordo
Bellissima recensione, grazie: è stato un po’come rivederlo.
Grazie mille per il complimento! È veramente un ottimo film con delle belle idee anche se della trilogia il mio preferito rimane L’uccello dalle piume di cristallo.
Non mi sembra tu l’abbia scritto… l’hai vista nel suo recente ritorno nelle sale? Sono andato a vederlo e ne ho ricavato il disagio tipico di molti altri film di Argento (praticamente tutti, tranne Profondo Rosso): visivamente spettacolari (anche se qui secondo me la vena virtuosistica gli ha un po’ preso la mano), ma con una storia che “si smonta” appena la si consideri con un poco di logica: in fin dei conti, qui i comprimari alla fine sono quasi tutti morti… chi altri potrebbe essere l’assassino? Per altro [SPOILER]
ho trovato davvero insopportabile e gratuita la storia d’amore.
[/FINE SPOILER]
Poi sì, è chiaro che quando non si parla, e ci si limita al visivo, il film è di grandissimo impatto.
Purtroppo no, ho visto questo film in home video e hai ragione nel dire che le sue storie si smontano da sole. Alla fine perfino quel capolavoro di Suspiria ha dei difetti nella trama. Quello che però ha sempre reso ottimi questi film era la capacità di Argento di far tornare tutto quanto attraverso le immagini e non le spiegazioni. Questo è sempre stato un elemento che ho apprezzato di lui anche se purtroppo negli ultimi anni la sua qualità tecnica è andata scemando parecchio.
Be’, Suspiria una trama praticamente non ce l’ha🤣. Però la prima scena, con lei che cade dal lucernaio, e “l’inseguimento” del cieco in quella Monaco spettrale… che paura.
La trama di Suspiria è la più banale del mondo eppure quel film lascia a bocca aperta. Tiene in tensione, fa paura e la fotografia è talmente fuori di testa da dare la sensazione di vivere un incubo. Per questo dico che le storie di Argento erano piene di lacune ma lui sapeva come darle un senso attraverso le immagini.
Ti do ragione, è pieno di idee geniali. Hai presente la storia delle maniglie delle porte? Ma mi dispiace, la trama qui era davvero troppo assurda. Ha ucciso la mia sospensione dell’incredulità: lo stesso effetto che mi ha fatto Phenomena.
Altro film che tra le altre cose adoro. E anche quello è un film con delle cose che non tornano. Almeno se messe in mano a un regista qualunque. Io penso sempre che il modo in cui riesce a mettere una storia può veramente rendere una storia lacunosa verosimile. Poi ci sono delle eccezioni ovviamente, storie talmente brutte che neanche Kubrick potrebbe farle funzionare.
Ricordo nitidamente quando è scoppiato il mio amore per Dario Argento. Erano appena nate le pay tv: ce n’erano 2 (Tele + e Stream), e la mia famiglia si era abbonata a quest’ultima. Su Stream programmarono appunto Profondo rosso, e pensai subito che fosse uno dei migliori film che avevo mai visto. Tuttora, circa 25 anni e migliaia di film dopo, confermo questo mio giudizio.
Dopo aver visto Profondo rosso andai alla ricerca di tutti gli altri suoi film, ma era difficilissimo trovarli. Prima di tutto perché non esisteva l’e – commerce, quindi dovevi fare il giro di tutte le videoteche della città: quelle più moderne avevano un archivio informatizzato e c’era un commesso che poteva cercarti i titoli digitandoli nel motore di ricerca del computer, in tutte le altre eri tu che dovevi rovistarle da cima a fondo alla ricerca dei film che ti interessavano.
Un secondo motivo per cui era quasi impossibile completare la filmografia di Dario Argento è che alcuni suoi film (tra cui proprio Quattro mosche di velluto grigio) erano stati prodotti da delle case cinematografiche fallite: dato che i diritti non erano stati rilevati da nessuno dopo il fallimento, era proibito commercializzarli in videocassetta. Questo almeno è ciò che mi disse il commesso di una videoteca. L’unica speranza era trovare qualcuno che li avesse registrati durante un passaggio televisivo, e fosse disposto a venderti la videocassetta a peso d’oro. Ma era un sogno quasi impossibile: chi ha un simile tesoro se lo tiene e non lo vende per principio, perché sono oggetti senza prezzo.
Qualche anno dopo Dario Argento fece la première nazionale di un suo film proprio nella mia città: ovviamente mi fiondai subito all’evento, perché capii che era un’occasione unica di incontrare il mio regista preferito. Lui prima del film spiegò che aveva scelto di fare la première a Firenze e non a Roma perché Firenze era stata una tappa fondamentale della sua carriera: infatti quando uscì il suo primo film di première ne furono organizzate 2, la prima a Torino e la seconda a Firenze. A Torino non era andato nessuno, quindi il produttore era stato chiaro con Argento: se facciamo il vuoto anche a Firenze, non sto neanche a distribuire il film. Ebbene, a Firenze ci fu il tutto esaurito, quindi il film venne distribuito e da lì partì la meravigliosa carriera di Dario Argento. Per questo motivo lui sarà sempre eternamente grato a Firenze, e aveva deciso di ricambiare in parte l’amore ricevuto dai fiorentini facendogli vedere Il cartaio prima di tutti gli altri.
Al termine dell’introduzione lui fece gli autografi ai fan per qualche minuto: io avevo previsto quest’eventualità, quindi avevo comprato un quaderno apposta per lui. A distanza di anni conservo non solo il quaderno con dentro la pagina autografata, ma perfino la penna toccata dalle dita del maestro: per me è praticamente una reliquia.
P.S.: Ho esplorato in lungo e in largo il genere del giallo all’italiana, andando molto al di là della sola filmografia di Dario Argento. Sulla base delle mie conoscenze, i migliori film di questo splendido filone sono “Il mostro” (quello diretto da Luigi Zampa) e “La casa con la scala nel buio”. Molto belli anche quelli con protagonista George Hilton, che aveva un talento unico non solo nel recitare, ma anche nello scegliere i copioni.
Immagino che in quel periodo fosse più difficile riuscire a reperire certi film per diversi motivi eppure non posso fare a meno di pensare alle videoteche come amore, erano pur sempre luoghi d’incontro tra amanti del genere ed era anche una caccia al tesoro in certi casi. In ogni caso sono molto felice per te e l’autografo di Argento. Dev’essere stata un’esperienza incredibile. In ogni caso La Casa con la scala bel buio è un film eccezionale, d’altronde è stato diretto da Lamberto Bava. Parlando appunto di Bava e del giallo all’italiana, non posso fare a meno di sottolineare il mio amore per Mario Bava. Argento ha avuto il grande pregio di far conoscere bene il genere al mondo intero e di regalarci uno dei giallo all’italiana più belli di sempre, ma Bava ha creato il genere con La donna che sapeva troppo, che tra l’altro ho recensito tempo addietro.
Hai detto bene: nell’epoca pre – social, quando la distanza tra i vip e le persone comuni era davvero abissale, avere la possibilità di incontrare di persona un regista così famoso e ottenere il suo autografo era davvero un’esperienza incredibile.
Ho letto la recensione a cui fai riferimento: hai fatto bene a sottolineare che Bava, Argento e i registi del giallo all’italiana in generale sono tutti in qualche misura debitori di Hitchcock. Dario Argento in particolare non ne ha mai fatto mistero, e la cosa gli fa onore, perché dire di essersi ispirati a qualcun altro significa in una certa misura ridimensionare i propri meriti di artista, ammettendo che non è tutta farina del proprio sacco.
Io credo che non ci sia nulla di male nell’ammettere di essersi ispirati a una certa persona o a un certo genere. Alla fine tutti noi prendiamo ispirazione da qualcosa. Prendiamo per esempio il noir. Oggi non esisterebbe il noir se prima non ci fosse stato l’espressionismo, da cui riprende soprattutto la fotografia e l’atmosfera. Alla fine è quello che fanno gli artisti, prendono da altri, magari artisti del passato, ma con l’andare del tempo ci aggiungono qualcosa di loro, trasformandolo e rendendolo proprio ma soprattutto regalandoci qualcosa di unico.
La filmografia di Dario Argento è stata per lungo tempo qualcosa di unico. Aveva molto in comune con Hitchcock e con il giallo all’italiana, ma chiunque poteva accorgersi che i suoi film erano dei gioielli e non delle volgari imitazioni. Poi purtroppo Dario Argento ha perso totalmente il suo tocco magico, e quindi adesso non sembra neanche il cugino di secondo grado del regista che ci ha regalato Profondo rosso. Ma questo non toglie nulla alla grandezza dei capolavori che ha firmato in passato.
Hai ragione. Nonostante i film degli anni 2000 siano veramente brutti, non toglie che Argento ci ha regalato delle opere incredibili, opere che hanno fatto la storia non solo del nostro Paese ma anche del cinema in generale. Non si possono togliere questi meriti a un regista simile e spero ancora che prima o poi riesca a fare un buon film (anche perché mi pare che con Occhiali Neri, nonostante non sia riuscito come film, abbia fatto un lavoro migliore delle sue ultime opere).
Non riesco a trovare nulla di salvabile in Occhiali neri, ma condivido il tuo auspicio che Dario Argento riesca a tornare sui suoi livelli. Grazie per la chiacchierata, piacevole e stimolante come sempre! :)
Io lo trovo meglio rispetto a opere come Il cartaio, Giallo o Dracula 3D. Ovviamente non si salva, ma vedo qualche miglioramento. Grazie a te per la chiacchierata!
[…] un’opera diretta da Dario Argento e ultimo capitolo della sua Trilogia degli Animali, 4 mosche di velluto grigio. Roberto è il batterista di un complesso rock che da un po’ di tempo viene pedinato da un […]
per me è il peggiore dei suoi primi:
la tecnica non può validare un film concepito male, anche perke di nuovo in quegli anni c’era di meglio
L’uccello dalle piume di cristallo per me è sempre stato il migliore della trilogia. Questo film aveva tanti difetti di trama, come in generale tutti i film di Argento, ma alla fine riusciva a sembrare credibile agli occhi dello spettatore. Sta di fatto che le critiche che hai mosso sono totalmente giuste e valide e dimostrano come appunto in realtà anche i film più amati di Argento fossero pieni di lacune.
L’uccello è l’unico della trilogia che riguardo volentieri. Vedendo tutta la filmografia, lo trovo un regista sopravvalutato
No, sopravvalutato no. Ha fatto dei film che sono entrati nella storia e che ancora oggi vengono studiati. Ci sono stati nella storia del cinema dei registi che hanno azzeccato un film per poi farne altri mediocri, ma Argento ne ha fatti diversi davvero ottimi e alcuni sono dei capolavori (Profondo Rosso, Suspiria, Inferno). Si può discutere su come negli anni 2000 abbia fatto solo film brutti. Ma la decade anni 70 e 80 è stupenda.
Mah. Potremmo dire anche Novanta. E trenta anni sono tanti.
Gli anni Novanta sono stati un periodo così così, ma non era un periodo tremendo o tragico come gli anni 2000. Voglio dire, se riguardo un film degli anni ’90 di Argento e faccio il paragone con quelli degli anni 2000, i primi paiono quasi Quarto Potere. E degli anni 2000 l’unico che si salva è Non ho sonno.
Si. Ma vedendo il tutto, non lo definirei un maestro
No, lo è stato. Questo non lo si può togliere. E ne parla comunque uno che non è un appassionato sfrenato di Argento e che a lui ha sempre preferito Bava e Fulci.