Pompo, la Cinefila

Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo abbiamo deciso di parlare di animazione ma invece che andare avanti con la Disney abbiamo optato per la Pixar, arrivando al loro secondo lungometraggio animato, A Bug’s Life. La storia è ambientata in una colonia di formiche sottomesse da delle spietate cavallette. Ogni inverno le formiche devono preparare una grande quantità di cibo che le cavallette poi mangeranno. Il protagonista della storia è Flik, una formica che adora inventare ma che il più delle volte finisce per combinare guai. Infatti per sbaglio fa cadere tutto il cibo in acqua e le cavallette, furiose, danno alla colonia solo un mese per raccoglierne altro e questa volta raddoppiando la dose. Flik, per rimediare ai propri errori, decide di partire alla ricerca di insetti che possano aiutarli. Trova un gruppo di insetti che scambia per guerrieri ma in realtà fanno parte di un circo. Questo gruppo si ritroverò a dover salvare la colonia dalle cavallette.
La Pixar prosegue nella sua strada nell’animazione dimostrando una crescita nel loro secondo lavoro e lo possiamo vedere anche con le numerosissime comparse che gestiscono, l’ottima ambientazione che riesce a dare questo senso di grandezza che gli insetti provano davanti a luoghi che, per noi, sono piccoli, e altri interessanti dettagli. Inoltre si dimostrano bravi anche nel mettere in scena tanti personaggi e tutti con la propria personalità e molto vari e sanno anche come divertire e intrattenere con il loro umorismo. Un bel film che consiglio a tutti di vedere.
E continuiamo a parlare nuovamente di animazione, ma questa volta non parliamo né di Disney né di Pixar, anzi ci spostiamo in Giappone. Mi sembra giusto cambiare completamente tipo di animazione, d’altronde non esiste solo la Disney al mondo. Questa volta il film in questione ha suscitato il mio interesse per due motivi: la trama e il titolo.
Ecco a voi Pompo, la Cinefila (Pompo: The Cinéphile; 映画大好きポンポさん), pellicola animata del 2021 scritta e diretta da Takayuki Hirao e basato sul manga Eiga Daisuki Ponpo-san di Shogo Sugitani

Trama:
Gene Fini (Hiroya Shimizu) è un ragazzo che ha sempre amato i film e fin da piccolo ha desiderato poter dirigere una pellicola, nonostante la sua enorme insicurezza e ansia. Adesso è diventato assistente di produzione accanto alla signorina J.D. PompettePompo” (Konomi Kohara), una produttrice cinematografica che realizza per lo più film di serie B. Un giorno Pompo affida a Gene il compito di realizzare uno spot per una pellicola e dopo essere riuscito nell’impresa, riceve un nuovo incarico inatteso: diventare il regista del film Meister, un’opera che la stessa Pompo ha scritto e che il regista apprezza molto. La tensione per Gene aumenta sempre di più ma dovrà impegnarsi al massimo per quest’opera non solo perché è il suo primo lavoro ma anche perché è un film ambizioso. Dovrà così guidare una troupe e lavorare con l’attrice esordiente Nathalie Woodward (Rinka Otomi) e l’attore migliore al mondo Martin Braddock (Akio Otsuko).

Quindi, da come avete potuto capire leggendo fin qui, sapete bene perché questo film mi ha incuriosito. Per uno come me il titolo era accattivante, soprattutto se a parlare dell’argomento è un’opera animata ed è appunto la storia che mi ha convinto a vedere il film in questione. Si entra letteralmente nel mondo del cinema e nella creazione di un film, con tutti i problemi e le meraviglie che si possono incontrare. E il mio interesse è aumentato proprio perché a raccontare ciò è un film animato. In un certo modo l’ho visto come un modo per dimostrare al mondo che non solo l’animazione può parlare di questi argomenti ma che anche questa tecnica è arte, ma così sto divagando troppo (soprattutto in Occidente ci sono troppe persone che considerano l’animazione solo per bambini). 

Uno degli elementi interessanti di questo film è sicuramente il ritmo. La pellicola dura solo 90 minuti ma per certi versi mi è sembrata perfino più corta proprio per il ritmo incalzante che non annoia mai e sa come stupire lo spettatore. Oltre a questo elemento ciò che aiuta parecchio è la regia di Hirao. Ogni volta riesce ad aggiungere sequenze o scene particolari e ben costruite che sanno colpire. Prendiamo per esempio il modo con cui Gene immagina di montare o gestire certi momenti della pellicola. Nel primo caso lo vediamo costruirsi nella mente espedienti simpatici e divertenti, come numerose pellicole che rappresentano il girato totale che lui deve tagliare con una spada e poi unire con la sua volontà. Oppure come riesce, nel secondo caso, a guardare il mondo e a cogliere il momento perfetto per una scena, arrivando a costruire nella mente l’illuminazione e i colori migliori per elevare quell’attimo. Gene ha una passione sfrenata per il cinema e tutto questa passione viene fuori certamente tramite i suoi dialoghi ma soprattutto in questi momenti dove sfoga il suo amore e le sue abilità.

Oltre ciò ci saranno momenti assolutamente interessanti a livello di montaggio che rendono le vicende più vivaci. Come quando ad esempio compare un nuovo personaggio in punti specifici, personaggio che in realtà era apparso in precedenza in ruoli marginali e, attraverso dei flashback, vediamo i loro retroscena senza però perdere di vista il fulcro della storia (come è successo per Nathalie Woodward). Le animazioni sono di grande qualità, curate dallo studio CLAP, che riesce a creare grande cura per la messa in scena, passando da momenti veloci e dinamici ad altri più lenti e pesanti nelle scene più serie e riflessive. Il character design sa essere convincente e i personaggi rimangono impressi, sia quelli più simili allo stile da anime come Pompo oppure altri con tratti più occidentali come Martin Braddock (solo a me il suo nome sembra ricordare quello di Marlon Brando?). Dopo aver parlato del lato tecnico, direi che è ora della storia e dei personaggi.

Tutto quanto ruota sulla creazione di questo film e per questo motivo vedremo buona parte della fase creativa da un certo punto in poi. Assistiamo prima di tutto Nathalie che si allena per diventare attrice per poi passare a Gene sul campo. E la cosa ottima è come si sottolinei un elemento importante: la creazione di un film è un gioco di squadra. Non ci sono solo il regista e gli attori ma anche un ampio numero di persone facenti parte della troupe, specializzati in diversi campi (illuminazione, sonoro, ecc…). Quindi si sottolinea questo punto e l’abilità del regista nel saper gestire tutte queste persone, creando anche dei rapporti, ma soprattutto indirizzandoli con precisione verso la visione che ha dell’opera. Seguono una scaletta precisa sulle scene da girare ma arrivano anche a improvvisare. Mi fa piacere che abbiano tenuto conto di questi elementi così come abbiano sottolineato una parte fondamentale dei film che ultimamente molti, perfino i critici, danno per scontato: il montaggio. Il montaggio è importante, riesce a dare anima al prodotto e può esprimere certe emozioni e concetti in maniera intelligente. E incredibilmente sarà uno dei momenti in cui Gene si troverà più in difficoltà sia perché vuole cercare di esprimere al meglio ciò che voleva fare sia perché prova sofferenza nel dover tagliare certe scene che considerava belle (ma che per motivi di ritmo è necessario togliere).

Tra l’altro si parla anche dei problemi legati al budget del film, alle scadenze da rispettare e in particolar modo gli sponsor. Questi saranno i principali problemi che dovranno affrontare i personaggi e mi è piaciuto come ne abbiano parlato. Però c’è una cosa che alcuni potrebbero non apprezzare. Questo film è in un certo qual modo ingenuo. Perché, nonostante certe difficoltà, alla fine riescono a superare ogni cosa e soprattutto non si fanno cenni anche a certi lati oscuri della cinematografia o a problemi che possono nascere con altre persone che fanno parte del progetto. L’ingenuità maggiore però viene raggiunta nel finale (e qui mi fermo). Nonostante ciò riesco ad apprezzarlo molto. Certo, è ingenuo, ma non era l’obiettivo di questo film mostrare certi lati negativi nella realizzazione delle pellicole, voleva essere in tutto e per tutto un’omaggio al cinema, una lettera d’amore dedicata alla settima arte e fatta con occhi sognanti. E non posso far altro che essere felice di ciò, perché questa sensazione mi è stata trasmessa molto bene. 

Per concludere, Pompo, la Cinefila è un film d’animazione realizzato bene nel lato tecnico, con ottime animazioni e design ma soprattutto delle idee molto divertenti e interessanti nel montaggio e nella messa in scena. Si dimostra ingenuo in certe cose, ma riesce a trasmettere bene l’amore per il cinema come un sogno. Lo consiglio assolutamente!

Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

30 pensieri riguardo “Pompo, la Cinefila

    1. Io spero vivamente che possa piacerti perché non sai quanto mi abbia sorpreso quest’opera e quanto mi sia affezionato a essa. Ce veramente un sincero e onesto amore verso il cinema che non mi sarei mai aspettato e che riesce a emergere anche di più rispetto a certe pellicole live action con la stessa tematica. Non me lo sarei mai immaginato e sono veramente felice di averlo conosciuto. Tra l’altro c’è il protagonista che ha come salva schermo del cellulare un disegno minimalista di Taxi Driver. Come si fa a non amarlo?

      1. Ho visto il film e ti ringrazio per avermelo fatto scoprire. Se non fosse stato per la tua recensione, probabilmente non l’avrei mai visto. Come già sai, non sono molto amante degli anime, ma questo può rientrare tranquillamente nella top 10. Anche a me è piaciuto il ritmo. La regia, di tipico stampo giapponese, mi ha un po’ sorpresa, così come la caratterizzazione dei personaggi, visto che alla fine era una megacitazione di Hollywood, ma non le considero come difetti, solo una scelta stilistica che rispetto. A tratti, il protagonista mi ha ricordato me stessa, col mio sogno di riuscire a realizzare, appena i mezzi me lo consentiranno, il mio primo corto animato.

        1. Il tuo commento mi riempie di gioia! Sono veramente contento che il film ti sia piaciuto e soprattutto di abbia sorpreso. Il ritmo è una delle cose migliori della pellicola ma anche la regia riesce a creare dei momenti magnifici. I personaggi sono tutti adorabili, in particolar modo Pompo e anche il protagonista che alla fine si è dimostrato avere in sé molto più di quanto lui immaginasse. È un’opera che cita il cinema e lo esalta con grande passione e io non posso far altro che apprezzare tutto ciò.

            1. Però era un personaggio che riusciva a irradiare grande energia e forza di volontà. Lei è un bel personaggio e lo stesso vale per il resto del cast. Personaggi semplici ma ben delineati.

  1. io trovo i manga molto carini…
    naturalmente ho i miei preferiti…
    uno dei personaggi… mi ricorda Hubber… Capello di Paglia…
    grazie per la tua dettagliata recensione… lo cerco e lo guardo molto volentieri…

  2. Mi hai incuriosito molto, peccato che a quanto vedo sia disponibile solo in DVD/Bluray… se trovo un modo lo guarderò senz’altro!

    P.S.: scrivi
    “la creazione di un film è un gioco di squadra.”
    Ma questo non è vero di tutte le arti? Il romanziere si illude di essere un “eroe solitario”, ma in realtà la sua storia viene fuori da tutte le storie che ha letto prima, e necessita per essere pubblicata del tipografo, del correttore di bozze, del grafico che disegna la copertina… forse dovremmo abbandonare quest’idea romantica per cui l’arte è la creazione irripetibile di un genio solitario e “speciale”.

    1. Io l’ho talmente apprezzato che mi sono perfino comprato l’edizione speciale. È andato anche al cinema da noi, ma solo per un giorno e in un unico cinema a Milano. Peccato.
      Comunque sia sì, quel che dici sul gioco di squadra e sulle esperienze è assolutamente vero, ma di solito se si parla di un film si fa riferimento quasi sempre solo al regista (o agli attori protagonisti). Il regista ha un ruolo fondamentale in quanto deve dare la sua visione, deve mostrare cosa vuole creare, ma è anche vero che dietro ci sono altri professionisti capaci che seguono le due indicazioni. Mi viene sempre in mente la famosa scena di Blade Runner in cui Rutger Hauer fa quel bellissimo prologo improvvisato. Lì Scott è stato veramente fortunato che l’operatore della cinepresa stesse ancora riprendendo perché aveva capito cosa stava facendo l’attore, altrimenti ci saremo persi una delle scene più emozionanti di sempre.

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