Avevo in mente ben altre cose.
Ad esempio dovevo recensire Dark Soul II, ma un po’ di cose mi hanno fatto cambiare idea.
Essendo passato del tempo dall’ultima volta che l’ho giocato, ho deciso di riprendere il mio personaggio per battere gli ultimi boss e iniziare il New Game +, ma il computer ha iniziato a darmi problemi, abbassandomi di brutto i frame rate del gioco, rendendolo ingestibile. Quindi ho smanettato parecchio, facendolo tornare ancor più fluido di prima ma nel frattempo mi è passata la voglia di giocarlo. Successivamente mi sono buttata su un gioco che avevo già iniziato, con l’intento di concluderlo.
Mi è piaciuto talmente tanto da metterlo nel podio dedicato ai miei giochi preferiti, senza pensarci nemmeno due volte. (Ma questo non significa che non abbia riflettuto su di esso, giammai!)
Sto parlando di ICO, gioco per PlayStation 2 del 2001, sviluppato dal Team Ico (fu il primo gioco di questo gruppo), sotto direzione di Fumito Ueda e pubblicato dalla Sony Computer Entertainment.
Trama:
Ico è poco più che un bambino.
Ico ha delle misteriose e appuntite corna che gli spuntano dalla testa.
Ico è stato condotto da delle guardie e un misterioso sacerdote in un antico ed enorme castello. Rinchiuso in una specie di sarcofago, è destinato a morire di stenti, per il bene del villaggio.
Gli uomini lo lasciano lì, riportando il castello nel silenzio.
Ma lui non accetta il suo destino, che sarà legato a qualcosa di molto più misterioso e forte. Miracolosamente la base della sua prigionia cede, facendo cadere il sarcofago. Ico viene sbalzato fuori e nell’impatto sviene.
In sogno si ritrova a vagare per il castello, mentre fuori infuria una tempesta. Camminando su per delle ripide scale a chiocciola, vede una gabbia sospesa nel vuoto. All’inizio è apparentemente vuota ma poi delle ombre nere come l’inchiostro prendono vita, delineando la figura di un’esile fanciulla. Ico, spaventato e incuriosito l’osserva, mentre qualcosa lo afferra, trascinandolo nell’oscurità.
Successivamente il bambino si sveglia.
A questo punto abbiamo il controllo di Ico.
Possiamo muoverlo liberamente (come correre o camminare) e arrampicarci alle sporgenze (infatti scopriremo presto come Ico sia molto bravo ad arrampicarsi). La telecamera è centrata su Ico ma possiamo muoverla molto liberamente, osservando tutto ciò che circonda il personaggio. Sullo schermo non compare HUD. Non c’è sottofondo musicale, ma solo il cupo silenzio che avvolge l’enorme stanza in cui ci troviamo. Le pareti sono piene di sarcofagi e i pensieri diventano subito cupi, facendoci un’idea di quanti innocenti hanno subito il destino di Ico, senza però una via d’uscita.
Esplorando, riusciamo a proseguire, raggiungendo un’altra stanza, dove però la strada viene interrotta da dei pesanti sigilli di pietra. A questo punto l’unica via percorribile è una scala a chiocciola che sembra non finire mai, alla cui sommità è appesa una gabbia. Al suo interno vi si trova una candida ed esile fanciulla. Ico prova a parlare con lei, che però non risponde. Il bambino non demorde e decide di liberarla.
Una volta a terra e fuori dalla gabbia, la ragazza si avvicina a Ico ma i due non parlano la stessa lingua e noi non possiamo capire cosa lei dice ma il problema passa in secondo piano quando delle ombre escono da un’oscura voragine formatasi sul pavimento. Esse tentano di rapirla ma Ico, armato di un lungo bastone di legno, riesce alla fine a scacciarle (in caso facessimo portare via la ragazza dalle ombre avremo una brutta sorpresa).
Ico, incredulo e spaventato, decide di proteggere quella fragile ed esile fanciulla. Prendendola per mano l’avvicina inconsciamente ai sigilli che si animano di una luce splendente, grazie a un misterioso potere della ragazza, liberando così il passaggio.
I due possono quindi proseguire e inoltrarsi nelle maestose stanze del castello.
Il destino dei due ragazzi sembra fin da subito legato. Loro non si conoscono e non si capiscono ma Ico non esita a proteggerla, percependone forse l’innocenza e la fragilità.
Il loro e nostro obbiettivo è portarli fuori da quell’immensa prigione.
Il gioco sarà caratterizzato dal silenzio, la risoluzione di enigmi per proseguire e dal proteggere Yorda (così si chiama la ragazza).
Infatti Ico è in tutto e per tutto un puzzle game. Per andare avanti bisognerà abbassare leve, far esplodere colonne, arrampicarsi, ecc. Ma soprattutto tenere Yorda al sicuro, trovando un via facile per lei da percorrere e allontanarla dalle ombre che ogni tanto tenteranno di portarla via.
Nonostante sia sicuramente più grande di Ico, il comportamento di Yorda ricorderà più quello di una bambina indifesa. Lei risulterà molto lenta, fragile e poco atletica. Spesso dovremmo chiamarla o tenerla per mano per impedirle di restare indietro. (In caso la lasciassimo sola essa verrà attaccata più spesso).
La risoluzione degli enigmi per proseguire a volta risulterà immediata, altre volte invece bisognerà soffermarsi a pensare e a osservare, senza dimenticarsi di salvare spesso la partita. Per chi è alle prime armi è facile morire (ad esempio, cadendo da posti troppo alti, Ico morirà).
Il gioco è volutamente silenzioso. Non ci sono dialoghi, non ci sono musiche di sottofondo (tranne in alcuni casi) ma solo il soffio del vento e il verso dei gabbiani che entrano ed escono dal castello tramite i vetri rotti delle finestre.
Questo è il classico esempio di come una storia silenziosa sappia raccontarsi da sola, se ben costruita, tramite le sensazioni, l’osservazione del paesaggio e il comportamento dei personaggi. In questi casi basta osservare e farsi trasportare dagli eventi e/o determinarli, interagendovi con essi.
Questo è il gioco che dopotutto ha ispirato Hidetaka Miyazaki, l’autore di Dark Souls.
Il gioco non ha necessariamente bisogno di cutscene per sapersi raccontare, non ha bisogno di essere “cinematografico” per funzionare.
Cinema e videogioco sono due mondi diversi, ma spesso la gente se lo dimentica.
Come i libri raccontano le storie in un modo, lo stesso lo fanno i film e i videogiochi.
Raccontano, sì, ma ognuno con un proprio linguaggio.
Ico racconta una storia silenziosa, fatta di coraggio e amicizia.
Ico è il nome del bambino con le corna rinchiuso perché ritenuto pericoloso. Lui è colui che non vuole abbandonare Yorda.
Yorda è la principessa del castello che però è anche la sua prigione. Yorda è indifesa ma indispensabile per Ico. Senza di lei i sigilli che bloccano le porte segnerebbero la morte per il bambino. Yorda parla una lingua che noi non capiamo.
Ico e Yorda sono due bambini legati da un’amicizia silenziosa ma potente.
Quest’opera per me rappresenta cos’è veramente il videogioco, cioè interazione!
Crescendo pian piano con la mia cultura videoludica mi sono resa conto della differenza che c’è tra i vari videogiochi, passando da semplice consumatrice a qualcosa di più “consapevole”. Come mi accadde molto tempo prima con i libri e i film, ho imparato a distinguere i videogiochi non semplicemente tra quelli che ritenevo belli e quelli che ritenevo brutti. Ho imparato a criticare meglio grazie a una cultura che si è arricchita (tanto che adesso cambierei alcune recensioni che ho fatto in passato, aggiungendo dettagli che allora non ero nemmeno capace di vedere).
Come alcuni già sapranno io ho iniziato a giocare ai videogiochi molto tardi.
Da piccola mi venne impedito perché ritenuti non adatti a una bambina.
Da adolescente mi buttai su altro (libri, scrittura e computer).
Ho iniziato la mia strada con i videogiochi intorno ai 18 anni. Ora ne ho 24… Non posso quindi ritenermi un’esperta, ma di certo rispetto a tre/quattro anni fa ne so molto di più!
Nel frattempo mi sono avvicinata a RPG Maker e al come si progetta un videogioco.
Ho capito su cosa soffermarmi quando ho davanti un gioco.
Forse in passato non avrei apprezzato Ico così come l’ho fatto adesso.
Da bambina avevo fame di tecnologia e interazione con un mondo immaginario. Adesso me ne sto cibando avidamente!
Dopotutto io adoro raccontare storie e mi piace vedere in quanti modi diversi esse possono essere rappresentate. Libri, fumetti, videogiochi, film, ognuno di questi ha un proprio linguaggio e confonderli è un errore madornale.
Tornando ad Ico, questo gioco ha raggiunto il podio dei miei preferiti perché ti fa vivere ciò che un videogioco deve fare: trasportati in un mondo con cui puoi interagire, che trasuda una storia, una propria struttura logica e ben costruita.
Il castello, l’enorme prigione dei due protagonisti, è tangibile. Enorme ma non dispersivo e irrealistico. Ogni parte è ben costruita e collegata, visibile in diversi punti e momenti del gioco. Si riesce a percepirlo come qualcosa di reale e non un semplice contesto per un’infinità di stanze, corridoi, passaggi e giardini.
Ico vale la pena di essere vissuto.
Non solo per la sua storia.
Non solo per la genialità del gameplay.
Ma perché è l’esempio di come un gioco debba essere.
Non ci ho mai giocato, ma la prima cosa che ho notato è la similitudine con Shadow of the Colossus, che a quanto pare è stato prodotto dallo stesso team.
Sembra molto particolare, di nicchia, proprio come l’altro titolo ma la cosa che più mi stupisce è l’assenza di una colonna sonora. L’idea di dover risolvere enigmi in silenzio, in effetti, è razionale, eppure dalla mia esperienza di gamer sono certo che non accade quasi mai; c’è sempre una melodia di sottofondo, un susseguirsi anche solo di flebili note per la paura di annoiare il giocatore.
Purtroppo, come ho detto, non ci ho mai giocato, eppure di recente ho scritto in una nota del mio telefono proprio questo titolo, attratto e interessato da qualcosa che devo aver visto su internet senza ben capire evidentemente cosa avessi davanti. Chissà, magari potrei rispolverare la cara, vecchia PS2…
Vedo che ti ha molto toccata questo gioco, forse perché rappresenta i tuoi ideali o forse per il dolce rimembrare (o una combinazione dei due fattori?). Questo potrebbe dire molto di te, lo sai?
A proposito, non sapevo ti fossi approcciata così di recente al gaming, mi era sfuggito o me lo sono scordato…
Shadow of the Colossus è un prequel di Ico, ambientato molti anni prima (non viene specificato da nessuna parte nei due giochi ma le similitudini e i collegamenti lasciano molto a cui pensare e gli stessi autori hanno confermato la cosa).
Sì, è un gioco particolare e può non piacere a tutti proprio perché molto silenzioso e particolare ma a me ha colpito parecchio, ispirandomi anche!
Sull’articolo non l’ho detto un po’ per dimenticanza e un po’ perché non era così importante, che io possiedo il cd per PS3 con entrambi i giochi in HD.
Presto uscirà un seguito (così sembra) chiamato The Last Guardian per PS4.
Per me vale davvero la pena di provarlo. Io l’ho comprato su Amazon…
Comunque mi ha colpita moltissimo, forse per una combinazione dei due fattori, non saprei esattamente dirti perché.
Presto giocherò anche l’altro (Shadow of the Colossus) e sono in attesa per The Last Guardian.
Comunque una colonna sonora c’è, che compare nel menù e nelle scene finali, eccola qui: https://www.youtube.com/watch?v=bNGr6j27ebo
Sul fatto che ho iniziato tardi a giocare ne ho parlato nel mio articolo sugli MMORPG. :)
… indovina cosa ho appena aggiunto alla mia “lista desideri” su Amazon? Cavolo, spero che il Black Friday allenti un pochino il prezzo perché ora mi hai fatto salire una scimmia di Shadow che neanche su Reign Over Me… (l’hai visto, vero?)
Questo legame tra i due giochi non lo immaginavo neppure, ma ora tutto è più bello.
Ah, giusto! Che pessima memoria, scusa.
Non preoccuparti :)
Comunque non l’ho visto ma penso che prima o poi io e The Butcher ci faremo un pensierino.
“Shiki, shiki, shiki…”, ripeto questo tuo nickname dondolando, mentre avanzo verso di te, scossando il capo in segno di negazione.
“Dove sei stata tutto questo tempo? Perché volevi privarci tutti di queste perle, eh?”, oramai ho lo sguardo praticamente incollato al tuo viso, con le facce che quasi si toccano, a pochi centimetri l’una dall’altra.
“Se vuoi che ti sleghi dalla sedia dove ti ho costretta, devi promettere che continuerai a fare post come questo, perché là fuori, c’è un intero mondo fatto di ignoranza, di gente che non ha la più pallida idea di cosa sia un bel videogioco ed abbiamo bisogno della tua voce, cazzo!”
Detto questo, passo al videogame di “ICO”, che personalmente considero non solo uno dei più belli mai realizzati in questo quadrante della galassia (oltretutto in quella splendida fase finale della vita della PS2, in cui i programmatori avevano scoperto come tirare fuori davvero il sangue dalle rape ed ottenevano miracoli grafici da una consolle non ancora next-gen), ma persino un’opera letteraria, un piccolo gioiello di narrativa videoludica al pari di un bel romanzo post-moderno, come “Lo Strano Caso del Cane Ucciso a Mezzanotte”.
Sono ultra felice di questo post, perché hai riempito un vuoto e lo hai fatto benissimo, con una prosa a tratti poetica ma mai retorica: chi non capisse da questo articolo quanto è importante provare almeno una volta questo gioco, perdendosi dietro ad un rapporto affettivo quasi incestuoso, con figure edipiche che affiorano come demoni dalle tenebre e sentire sulla sua pelle la freddezza dei silenzi interrotti dai continui richiami a Yorda, beh, allora non so davvero cosa potrebbe leggere… forse l’elenco del telefono, un grande classico che oramai nessuno più nemmeno scarta quando il postino lo porta a casa.
In conclusione, ben ritrovata Shiki, sei sempre un gran bel leggere!
Che dire? XD
Grazie mille! !
Cercherò di farmi sentire più spesso xD
l’ho ritrovato da gamestop totalmente nuovo qualche anno fa , grande gioco e in relazione a tutti coloro che si considerano “Gamer” pochi sono quelli che apprezzano questo gioco , e io sono tra quei pochi. :D
Io l’ho preso su Amazon e in inglese… che fortuna averlo trovato al gamestop. Lì di solito raramente trovo cose che m’interessano.
Comunque concordo… è un gioco particolare, che pochi sanno apprezzare ;)
[…] di articoli che ho scritto e di cui tutt’ora vado fiera di certo uno di questi è quello su Ico, anche se allora dimenticai di specificare che la versione che possiedo è quella “The Ico […]
[…] è passato molto tempo da quando vi ho parlato di Ico e Shadow of the Colossus. Posso ritenermi fortunata; Shadow of the Colossus venne pubblicato nel […]
[…] ho già parlato di Ico, anni fa, qui.Si tratta di un videogioco del 2001 per playstation 2, creato da Fumito Ueda. E’ un puzzle […]