Il Principe d’Egitto

Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo abbiamo continuato a parlare di animazione, spostandoci però alla Pixar e discutendo del loro quarto lungometraggio animato, un’opera che amo profondamente, Monsters & Co. La storia è ambientata nella città di Mostropoli dove i mostri per avere l’energia necessaria a far funzionare tutto necessitano delle urla dei bambini. Per questo dei dipendenti della centrale elettrica Monsters & Co, attraverso delle porte che collegano il loro mondo con quello degli umani, si intrufolano nelle stanze dei bambini per spaventarli. Tra questi Sulley è lo spaventatore migliore e con l’aiuto del suo migliore amico Mike riesce a fare un lavoro eccellente. Le cose però cambiano quando Sulley trova una porta nella postazione di lavoro che non dovrebbe trovarsi lì. Apre la porta per vedere se c’è un mostro che lavora, ma così facendo permette a una bambina, che chiamerà Boo, di entrare nel loro mondo. I mostri considerano i bambini come un pericolo e soprattutto infetti e ciò causerà scompiglio nel loro mondo. Sulley e Mike dovranno riportare Boo nel suo mondo, ma c’è qualcuno che si sta muovendo nell’ombra. Questo per me rimane uno dei film Pixar più belli mai fatti e in generale un’opera d’animazione straordinaria e tra le migliori del proprio genere. A livello tecnico sa stupire ancora oggi, con il design fantasioso dei mostri, le scene curate e complesse e il modo con cui hanno continuato a evolvere l’animazione 3D (la pelliccia di Sulley ancora oggi rimane un lavoro folle e impressionante). Inoltre è una storia davvero intelligente e divertente, con dei personaggi indimenticabili e soprattutto delle tematiche profonde e attuali, affrontate con maturità e senza un’inutile retorica. Un vero capolavoro dell’animazione che vi consiglio assolutamente.
E dopo aver parlato di Disney e Pixar, si passa infine alla Dreamworks. In questo caso, dato che la scorsa volta avevo parlato del loro primo lungometraggio animato, direi di continuare in ordine cronologico, arrivando alla seconda opera, un’opera ancora oggi incredibile.
Ecco a voi Il Principe d’Egitto (The Prince of Egypt), pellicola animata del 1998 scritta da Philip LaZebnik e diretta da Simon Wells, Brenda Chapman e Steve Hickner.

Trama:
La storia inizia con il faraone Seti I (Patrick Stewart) che dà l’ordine ai suo soldati di recarsi nel quartiere di Goscen abitato dagli ebrei, quest’ultimi schiavi del popolo egiziano, e di uccidere i bambini maschi neonati. Jacobel (Ofra Hara), insieme ai figli Miriam (Sandra Bullock) e Aronne (Jeff Goldblum), scappa verso il Nilo, per poter salvare il suo neonato e, dopo averlo messo dentro una cesta, lo affida alla corrente del fiume. La cesta riesce miracolosamente a giungere al palazzo reale dove la regina Tuya (Helen Mirren) decide di adottare il piccolo, chiamandolo Mosè (Val Kilmer). Mosè cresce e insieme a suo fratello Ramses (Ralph Fiennes) si diverte a causare guai. Un giorno tutto cambia quando Mosè decide di aiutare una prigioniera, Zippora (Michelle Pfiffer) a fuggire dal palazzo. Mentre la segue, giunge nel quartiere ebraico di Goscen e qui incontra Miriam e Aronne. Miriam gli svela la sua identità e inizialmente Mosè non crede a una sola parola, ma inizia a provare dei dubbi quando Miriam si mette a cantare come faceva sua madre Jocabel, facendogli riaffiorare dei ricordi. Confuso, decide di cercare la verità e scopre con orrore quello che il faraone, suo padre adottivo, ha fatto in passato. Questa rivelazione lo porterà a un cambiamento profondo, fino a diventare il messaggero di Dio che libererà gli ebrei dalla schiavitù.

Anche questo era uno di quei film di cui volevo discutere assolutamente proprio come Monsters & Co. Le ragioni sono molteplici, una di queste è che Il Principe d’Egitto ha fatto lungamente parte della mia infanzia ed è un film che ancora oggi risulta mastodontico per quello che è riuscito a portare sul grande schermo. Come al solito partiamo dalla sua produzione.

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L’idea di trasporre una parte dell’Antico Testamento venne in mente a Jeffrey Katzenberg quando era ancora presidente della Disney. Infatti voleva fare un lungometraggio animato incentrato sui Dieci Comandamenti e ne parlò con Michael Eisner, ma quest’ultimo rifiutò e non se ne fece più nulla. Come poi sappiamo bene, Katzenberg se ne andò dalla Disney. Ripropose l’idea nel 199 agli altri due fondatori della Dreamworks, David Geffen e Steven Spielberg, e fu soprattutto quest’ultimo ad incoraggiarlo a farne un film animato. Quando il progetto partì, la Dreamworks are preoccupata che il film potesse non essere accurato a livello teologico e mancare di rispetto a un numero considerevole di persone, per questo Katzenberg chiamò diversi teologi cristiani, ebrei e musulmani per essere il più fedele possibile al materiale d’origine. Lo studio ascoltò le loro idee ma allo stesso tempo cercò di prendersi delle libertà narrative per rendere il film più consono ai tempi moderni e in questo la Dreamworks riuscì nell’intento e gli stessi teologi che avevano chiamato lodarono il lavoro svolto. E visto quanto delicato fosse l’argomento era normale che si impegnassero particolarmente in questo punto, eppure c’è stato qualcuno che ha criticato pesantemente questo aspetto (e non sarà l’unica critica esagerata purtroppo). Nei piani originali ricordo bene che volevano rappresentare Dio come una donna o come un bambino e, se fossero stati fedele a quell’idea, immagino quante persone si sarebbero adirate, nonostante fosse un’idea molto bella (idea che infatti verrà utilizzata in altri film come Dogma di Kevin Smith ed Exodus di Ridley Scott).

A livello tecnico c’è stato uno studio veramente approfondito sia nelle ambientazioni che nei personaggi e i loro tratti. Per quanto riguarda l’ambiente mi ha sempre fatto impazzire l’enorme lavoro di ricostruzione che hanno compiuto con l’Antico Egitto, andando a ricreare sculture, palazzi, pitture e implementandoli nel lavoro finale. Soprattutto è l’architettura a lasciare stupiti per diversi motivi. In primis a colpire è certamente la bellezze degli edifici e la loro complessità, ma soprattutto come tutto l’insieme risulti gigantesco. Per gli sfondi, tutti rigorosamente dipinti a mano, c’è stato un lavoro che ancora oggi risulta impressionante e che riesce a trasmettere la grandezze dell’Egitto come vasto regno. Il film riesce a far percepire questo senso di maestosità dell’intero regno, con costruzioni enormi e ben definite che contrastano parecchio con gli ebrei e i loro quartieri umili e poveri. Anche questo contrasto è reso benissimo, dando l’idea di come quella prosperità in realtà sia stata costruita sulle spalle di poveri innocenti massacrati e umiliati. Oltre a ciò adoro anche le ambientazioni desertiche, che danno una sensazione di solitudine e malinconia ma allo stesso tempo di una bellezza naturale gestita ottimamente.
Le ambientazioni sono ottime così come il design dei personaggi. In quest’ultimo caso hanno voluto dare ai personaggi un aspetto più realistico rispetto ad altri film animati e soprattutto hanno voluto distinguere le diverse etnie presenti. Oltre al realismo hanno cercato anche di renderli vicini alla loro cultura e alle loro ambientazioni. Così hanno dato agli egiziani un aspetto che possiamo definire spigoloso e quadrato mentre agli ebrei un aspetto più realistico.

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Un altro elemento per cui viene ricordato riguarda sicuramente l’animazione. Quest’ultimo punto è davvero curato e ben definito, mettendo in risalto il movimento del corpo dei personaggi, i loro capelli e anche le loro vesti, cercando di essere minuziosi in ogni scena. Basti pensare alla sequenza della corsa dei carri tra Mosè e Ramses all’inizio. Adoro come i carri sobbalzano in continuazione mentre sfrecciano per le strade del regno e soprattutto mi piaceva vedere le ruote alzarsi tra terra e tremare e il carro deviare il percorso a seconda dell’ostacolo che trovava. E inoltre il dinamismo di quella scena era davvero impressionante, riusciva a divertire e a risultare incredibile in ogni suo aspetto. Questa cura la ritroveremo anche in altri punti e con sensazioni differenti. Le animazioni riusciranno a trasmetterci varie emozioni come gioia, divertimento o tristezza e ci saranno momenti in cui saranno uniche, come ad esempio l’incubo di Mosè dove vede cos’è successo agli ebrei e come lui si sia salvato. Il tutto è rappresentato come una pittura egiziana in movimento e il risultato finale è davvero particolare in quanto abbiamo personaggi bidimensionali che si muovono, volutamente con pochi frame, in un ambiente tridimensionale, andando a interagire con colonne e perfino con il soffitto. Un risultato a dir poco eccellente. E ovviamente l’uso del digitale è stato altrettanto ottimo in quanto va a valorizzare l’animazione tradizionale, non a sostituirla, dando così più forza a certe scene complesse, che possono essere le Piaghe o l’intera parte finale. A livello tecnico il film rimane una delle opere più impressionanti della Dreamworks e in generale dell’animazione, ma anche la scrittura sarà molto intelligente e matura.

Se c’è una cosa che adoro sono proprio i personaggi in particolar modo quelli di Mosè e Ramses e il loro legame. All’inizio si vogliono profondamente bene, sono dei veri e propri fratelli che si divertono insieme, si cacciano nei guai ma riescono a tirarsene fuori insieme. Il loro rapporto è molto forte e sincero, ma a un certo punto arriverà una rottura profonda e irreversibile. Prima però dovrei parlare di loro singolarmente. Mosè è il principe, il secondogenito, e passa le sue giornate a godersi la vita e comportandosi in maniera un po’ viziata, ma sempre pronto ad aiutare il fratello quando lo mette nei guai. Quando scoprirà la sua vera identità e tutti gli orrori che il suo popola ha subito, perderà completamente sé stesso ma riuscirà a scoprire una nuova strada e un nuovo IO quando troverà Madian, vivendo con umiltà e semplicità, trovando finalmente la felicità almeno fino a quando Dio non lo sceglierà per liberare gli ebrei. Ramses invece è tremendamente legato al padre e alla sua approvazione. Essendo il primogenito, diventerà il faraone ed erediterà l’intero Egitto e tutto quello che suo padre e i suoi antenati hanno costruito. Già solo questo è abbastanza per metterlo sottopressione ma sarà soprattutto contagiato dalle parole del padre e dal concetto di “Anello debole della catena” che potrebbe mettere in pericolo tutto quanto. Ramses non vuole essere quell’anello debole e farà di tutto per dimostrare di essere migliore anche di suo padre e tutto ciò a discapito degli ebrei che vedrà semplicemente come schiavi e non come essere umani. E tutto ciò li porterà a una dura rotture dove Mosè cercherà di farlo ragionare, mentre Ramses continuerà a non voler vedere, causando poi tutto quello che sappiamo, ma anche in quel caso la sua testardaggine sarà causa di disgrazie.
In generale tutto i personaggi secondari riescono a esprimere una forte e spiccata volontà, dal design, dai loro movimenti e anche dalla loro caratterizzazione. Adoro la forza e la decisione di Zippora e anche quanto siano infidi e servizievoli Hotep (Steve Martin) e Hoy (Martin Short). Tutti hanno qualcosa che li distingue e non vengono dimenticati.

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Soprattutto apprezzo come siano riusciti a trattare bene la poetica inerente all’Antico Testamento e lo dico da ateo che ha letto la Bibbia per capire meglio. Non approfondirò certamente il mio pensiero a riguardo, ma tanti bei passaggi sono stati trasposti con grande cura e rispetto, perfino quelli più spietati. Ed è questo che adoravo della Dreamworks dei primissimi tempi, era molto coraggiosa e non aveva paura di mostrare momenti cruenti (tipo come ha fatto con Z – La formica nella scena delle termiti). Pensiamo solo all’inizio, con gli ebrei fustigati e maltrattati fino allo sfinimento, seguito subito dopo dai soldati che vanno a uccidere i neonati maschi ebrei. Scene presenti nel Libro dell’Esodo e che la Dreamworks ha portato con grande forza, così come le Piaghe, durante una sequenza musicale da brividi, e altre scene di violenza. Il tutto però senza essere fine a sé stesso e onestamente da piccolo guardavo questi momenti con ammirazione e stupore, proprio per il loro coraggio e la loro maturità. E questa cosa in realtà ai tempi fu criticata per il fatto che, secondo alcuni, scene simili non dovevano essere presenti in un film animato. Questo perché allora così come oggi, purtroppo, l’animazione viene vista come opere per bambini, senza capire che è arte e che l’animazione non è un genere (basta capirlo anche solo mettendo a confronto ad esempio questo film con Z – La formica. Il Principe d’Egitto è un musical biblico mentre il secondo è un film d’avventura. Cambiano parecchio).

Per concludere, Il Principe d’Egitto rimane una delle opere più belle della Dreamworks e dell’animazione, un film che mostra una grande forza nell’animazione e riesce a trasporre con rispetto una storia antica e importante, con idee visive stupende e personaggi ben scritti. Un film coraggioso che adoro e che vi consiglio assolutamente!

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Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

32 pensieri riguardo “Il Principe d’Egitto

  1. Un film Dreamworks ma con lo spirito di una produzione Disney. Quando andai a vederlo al cinema ne sono rimasto incantato, nonostante l’argomento fosse stato usato più volte. E poi vale la pena vederlo solo per ascoltare la vocedi Ofra Haza nella prima canzone.

  2. Bonjour
    En cette nouvelle semaine qui commence
    Je te souhaite de la joie
    Des sourires de belles paroles avec tes amis, tes proches
    De belles rencontrent
    De douces pensées dans ton cœur
    Ton AMI Bernard

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