I’m a Cyborg, but that’s OK

Benvenuti o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo abbiamo deciso di parlare nuovamente di horror, spostandoci in Spagna e discutendo di un’opera affascinante ossia Marrowbone. La storia parla di questa famiglia che si trasferisce dall’Inghilterra agli Stati Uniti e vanno ad abitare in una casa isolata. Qui si nascondono da qualcuno o qualcosa e riescono a passare dei momenti felici, fino a quando la madre non si ammala e muore. I suoi figli continuano a rimanere nascosti in quel luogo, temendo di incontrare il padre, la persona da cui stanno scappando. Dopo mesi e nonostante siano rimasti uniti, nella casa inizia ad aggirarsi qualcosa di sinistro e oscuro, qualcosa che rischia di rovinare la loro armonia. C’erano diversi nomi che avevano suscitato il mio interesse, soprattutto il regista che in passato aveva scritto delle opere che apprezzo tantissimo. In questo caso parliamo di un horror che si basa sull’atmosfera e che evita l’uso dei jumpscares, creando scene di tensione ben fatte e altre molto evocative. Quello su cui però si concentra di più è la parte drammatica. Parliamo di una famiglia che si vuole bene ma che non può ricominciare una nuova vita per colpa del loro passato e del padre, che aleggiano nella loro vita e continuano a perseguitarli. I personaggi sono meravigliosi e ci affezioniamo a tutti quanti e il film sa davvero sorprendere. Una pellicola che consiglio a tutti quanti.
Con l’articolo di oggi mettiamo in pausa l’horror per parlare di una commedia drammatica. Diciamo che l’opera in questione mi aveva sempre incuriosito già a partire dal titolo, inoltre mi attirava per via del regista, un’artista stupendo che continua a regalare delle grandi perle del cinema. Quindi spostiamoci nella Corea del Sud e cominciamo con la recensione.
Ecco a voi I’m a Cyborg, but that’s OK (싸이보그지만 괜찮아; Ssaibogeujiman Gwaenchana), pellicola comica drammatica e romantica del 2006 scritta da Park Chan-wook e Jeong Seo-kyeong e diretta da Park Chan-wook.

Trama:
Il film inizia con la giovane Young-goon (Im Soo-jung) che viene ricoverata in un manicomio dopo aver provato a infilarsi dei cavi elettrici dentro il braccio. Fin da quando era piccola ha sempre vissuto con la nonna materna, una donna che mangiava continuamente ravani, ascoltava sempre la radio e soprattutto si credeva un topo. Per questi motivi venne portata in un manicomio e questo evento fu talmente traumatico per Young-goon che da quel momento in poi ha iniziato a credere di essere un cyborg. In questo manicomio lei incontra diverse persone con patologie particolari, ma fa amicizia solo con le apparecchiature elettriche e, visto che si crede un cyborg, cerca di staccarsi da tutte le emozioni umane. In questo luogo però incontra anche Park Il-sun (Jeong Ji-hoon), un ragazzo che ruba in continuazione ma non solo oggetti, ruba anche la personalità e altre caratteristiche delle persone. Con il tempo tra i due nascerà una strana amicizia e Il-sun farà di tutto per aiutare Young-goon.

Penso che in molti conoscano Park Chan-Wook, uno dei migliori registi attualmente in circolazione e che nella sua carriera ci ha regalato delle opere d’arte magnifiche. Molti lo conoscono sicuramente per la Trilogia della Vendetta, composta da Mr Vendetta, Old Boy e Lady Vendetta, pellicole che hanno fatto la storia. E anche dopo la Trilogia ha continuato a sfornare opere incredibili e intelligenti, ma meglio non dilungarsi oltre. Riguardo a questo film, devo fare una premessa: è la sua opere più peculiare e forse non a tutti potrebbe piacere, nonostante la sua bellezza.

Partiamo come sempre dal lato tecnico e in questo punto potrei riassumere tutto dicendo che è assolutamente curato, dettagliato e folle. La prima cosa che salta agli occhi sono i colori presenti nelle varie ambientazioni. Ci sono tantissimi colori nella pellicola che vengono messi molto spesso in risalto e danno ai luoghi un aspetto surreale, come se non ci trovassimo nella realtà. Trovo soprattutto interessante il modo con cui hanno abbinato certi colori, creando un contrasto affascinante e una fotografia eccelsa. Pensiamo ai corridoi del manicomio con i colori blu e verdi, la sala caldaia con i tubi di colore rosso, giallo e viola, la stanza d’isolamento completamente verde e altri numerosi luoghi ricchi di altrettanti colori accesi e vivi. Tutto ciò aiuta molto lo spettatore a immedesimarsi nella follia di questa pellicola, ma su questo ci torneremo dopo.

Un altro elemento stupendo, e anche uno dei punti di forza della pellicola, è senza alcun dubbio la regia. Basti solo pensare ai primissimi minuti del film, in cui viene mostrato l’incidente di Young-goon e sua madre che parla con un medico. Tralasciando l’ottimo utilizzo del montaggio alternato che regala al momento grande ritmo, qui assistiamo a delle scene e movimenti di macchina da presa davvero molto precisi e quadrati, che riescono a creare un’estetica incredibile insieme a quell’accostamento di colori così particolari. Inoltre il regista è capace di creare scene uniche e assurde che possono essere comiche, drammatiche e perfino grottesche. Una delle più emblematiche è quando la protagonista immagina di essersi ricaricata completamente e inizia a crivellare di proiettili tutti i “camici bianchi” che incontra, in una scena molto violenta, folle e in certi momenti esilarante. Ovviamente tutto ciò avviene nella sua mente, ma è uno dei momenti che rimane più impresso. E ora parliamo della sceneggiatura, probabilmente uno dei elementi più belli, insieme alla regia, ma anche folli.

Qui c’è una cosa che bisogna comprendere della storia: tutto quello che vediamo ci viene presentato dal punto di vista dei protagonisti, dei pazienti nel manicomio. Quello che fa Park Chon-Wook è raccontare una storia rompendo qualsiasi schema classico, rompendo la nostra stessa logica. Non dobbiamo guardare gli eventi seguendo i nostri ragionamenti ma quello dei protagonisti, accettando la loro realtà. In quest’opera ci sono numerosi personaggi, ovviamente la storia si concentra principalmente su Young-goon e Il-sun, ma non manca di parlare anche degli altri, ognuno unico e con la propria particolarità. Abbiamo per esempio una mitomane che, dimenticandosi parte dei suoi ricordi ogni volta che le fanno l’elettroshock, si inventa nuove storie assurde, c’è un uomo talmente umile che si scusa con tutti e si dà la colpa per ogni cosa, una donna che crede di poter volare se sfrega i calzini rossi e blu e così via. Tutti loro riescono a dare più vita a questa storia e a essere caratterizzati molto bene.

Le vicende di Young-goon e Il-sun sono incredibili. La prima è impazzita dopo essere stata separata dalla nonna, crede di essere un cyborg e come obiettivi vuole liberarsi della compassione e altri sentimenti umani, uccidere i camici bianchi che vede come il male e soprattutto restituire la dentiera a sua nonna, senza la quale non potrebbe mangiare i ravani.  Essendo un cyborg non può permettersi di fare certe cose umane e questo la metterà in serio pericolo. Il-sun è un ladro, lui ruba qualunque cosa e ruba perfino cose astratte come la gentilezza o la compassione. Indossa spesso delle maschere di cartone che ricordano un coniglio e passa dall’essere molto maturo a molto infantile. Ho trovato interessante il motivo per cui ruba, ossia la sua paura di sparire ed è affascinante vedere come in certi momenti in cui è spaventato o sperduto lui si rimpicciolisca e tutto intorno a lui sembra molto più grande. La relazione che nascerà tra i due sarà davvero molto particolare e strana ma allo stesso tempo dolce e inoltre Il-sun si dimostrerà un grande supporto per Young-goon, aiutandola molto di più rispetto ai medici.

Per concludere, I’m a Cyborg, but that’s OK è un film davvero molto particolare e fuori da ogni schema. Un film incredibile a livello tecnico, con una fotografia stupenda, una regia curata e un ottimo ritmo. Inoltre la storia è scritta molto bene, sa essere folle, divertente, drammatica e anche dolce. Probabilmente non è un film per tutti, ma è una pellicola che consiglio caldamente.

Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

14 pensieri riguardo “I’m a Cyborg, but that’s OK

    1. I sincerely hope you like it. This film is very particular, but manages to express great beauty not only on a technical level but also when speaking of its characters who, in their particularity, prove to be very human.

    1. Mi fa piacere! È un film veramente particolare e fuori da ogni schema, ma se si riesce ad accettare il mondo in cui si muovono questi personaggi risulta un film davvero dolce e interessante.

Scrivi una risposta a The Butcher Cancella risposta