Il mostro della laguna nera

E’ arrivato il momento. E’ da tantissimo, anzi, troppo tempo che dovevo comppletare il ciclo di pellicole dei classici mostri della Universal. Giusto per dire, il primo articolo che pubblicai su Dracula risale a novembre del 2017. Quasi tre anni! Penso che sia giunto il momento di concludere tutto ciò, altrimenti rischio di portarmi questo progetto ancora per le lunghe.
Quindi, senza perdere troppo tempo, iniziamo con il parlare de Il mostro della laguna nera (Creature From the Black Lagoon), pellicola horror fantascientifica in bianco e nero del 1954, diretto da Jack Arnold.

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Trama:
Lungo il Rio delle Amazzoni un gruppo di esploratori scopre i resti di un’antica creatura del periodo Devoniano. Tutto ciò incuriosisce il Dottor Carl Maia (Antonio Moreno) che corre subito dall’ittologo David Reed (Richard Carlson) e la scienziata Kay Lawrence (Julie Adams) per aiutarlo con la spedizione. David riesce a convincere così il suo capo, il Dottor Mark Williams (Richard Denning), a finanziare questa spedizione nell’Amazzonia. Arrivati sul luog scoprono che i due assistenti del Dr. Carl Maia sono stati attaccati e uccisi brutalmente da una creatura feroce. Nonostante ciò continuano le loro ricerche, finendo in una laguna rimasta immutata fin dalla preistoria. Ed è qui che i nostri protagonisti incontrano il mostro, Gill-Man, un ibrido metà uomo e metà pesce. I nostri ricercatori faranno di tutto per riuscire a catturarlo ma la creatura si dimosterà molto forte e intelligente e rischierà di metterli in serio pericolo.

Una cosa che vorrei dire è che io adoro questo film. E’ un film che mi ha sempre appassionato e insieme ai due Frankenstein di James Whale è una delle pellicole sui mostri dell’Universal che apprezzo di più. C’è anche da dire che sono un grande stimatore del regista, Jack Arnold, regista famoso soprattutto per le sue pellicole fantascientifiche horror che diresse negli anni ’50, pellicole che hanno ispirato tanti registi e che mi affascinano sempre. In particolar modo ho scoperto il regista grazie a Tarantola! Un giorno ne parlerò ma non ora.

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Una cosa interessante da dire su questa pellicola è che uscì in sala in 3D, che negli anni ’50 era una tecnologia che stava avendo un grande seguito e che venne utilizzata per vari film. La novità è che fu uno dei primi film in 3D fatti sott’acqua. Per riuscire a ottenere quel risultato non fu affatto semplice, vennero utilizzati due macchine interlock che riprendevano ogni scena da prospettive diverse. Ciò venne ideato dall’operatore Scotty Welbourne. Invece per proiettarli in cinema utilizzarono dei proiettori sincronizzati che sovrapponevano le immagini e in questo modo diventavano tridimensionali.

La pellicola si ispira in parte a The Lost World del 1925 di Harry Hoyt, film in cui un gruppo di scienziati parte per raggiungere un luoog sperduto nell’altopiano brasiliano e qui scoprono l’esistenza di animali preistorici. Il produttore William Alland, apprezza molto l’idea di The Lost World e decise di integrarla con una presunta storia vera, che aveva sentito a cena, su una creatura mezzo uomo e mezzo pesce che viveva nel Rio delle Amazzoni. Per la sceneggiatura vennero scritturati Maurice Zimm per ampliare il copione mentre Harry Essex e Arthur Ross revisionarono la sceneggiatura e la chiamarono The Black Lagoon. Ovviamente alla regia fu scelto Jack Arnold, dato che aveva già diretto per l’Universal diverse pellicole fantascientifiche come ad esempio il bellissimo Destinazione…Terra.

Per quanto riguarda la storia c’è un cambiamento molto importante e interessante da sottolineare: in questo film gli scienziati con cui avremo a che fare non sono personaggi negativi. A qualcuno ciò potrà sembrare un nulla di che ma provate a guardare alcune vecchie pellicole, anche quelle dei mostri Universal, e noterete come lo scienziato sai sempre caratterizzato come un folle che vorrebbe superare tutti i limiti possibili con ogni mezzo, mentre qui ciò non accade e non solo rappresenta la figura positiva, ma è anche il protagonista. Infatti i protagonisti saranno scienziati che fanno il loro lavoro, fanno ricerche e sono incuriositi e affacinati dal luogo e dalla creatura. Ovviamente tra loro ci sarà anche chi è interessato più al guadagno che alla scoperta, come per l’appunto il Dottor Mark Williams. I personaggi sono tutti molto credibili e sembrano proprio persone comuni, brave nel loro lavoro, che si ritrovano davanti a una situazione e a un essere fuori dalla norma e devono cercare di affrontare lo stato delle cose come meglio possono, anche se ci sono dei dubbi se riportare il mostro alla civiltà vivo oppure distruggerlo.

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Ed è qui che Jack Arnold dimostra tutta la sua bravura come regista e soprattutto dimostra quanto fosse avanti per quei tempi sia a livello di messa in scena ma soprattutto per quanto riguarda le tematiche sociali. A livello registico il film è invecchiato bene e in molti punti è anche moderno e all’avanguardia, ma sono gli argomenti sociali che ci interessano di più. In un certo senso Il mostro della laguna nera ha tematiche di tipo ambientaliste. In particolare ci sono due scene che mostrano questa sensibilità ambientale: la prima è quando la scienziata Kay fuma la sigaretta in barca e poi vediamo che butta il mozzicone in acqua . Una scena semplce ma che mostra come l’uomo stia invadendo e oltraggiando un luogo rimasto puro per millenni. L’altra invece ha come protagonisti David e Mark che, per catturare Gill-Man, buttano in acqua una quantità ingente di polvere che dovrebbe addormentarlo, uccidendo così parecchi pesci del luogo. Tutto ciò non fa che aumentare l’impressione che siano gli umani in un certo senso i cattivi. Arrivano in un luogo che non hanno mai visto e la prima cosa che fanno è distruggere la vita che c’è intorno per riuscire a ottenere quello che vogliono.

Ciò dà al mostro un che di affascinante, visto che non fa altro che proteggere l’habitat in cui vive, come farebbe qualsiasi animale. Ed ecco uno dei motivi per cui adoro Gill-Man, nonostante le sue sembianze, riesce a trasmettere un grande senso di umanità nello spettatore. Ciò viene sottolineato ed enfatizzato in una delle scene più belle e famose della pellicola: il mostro che nuota insieme a Julia Adams. E’ una scena tecnicamente fatta bene, vediamo l’attrice che nuota e sott’acqua il mostro che la segue creando una sorta di nuoto sincronizzato. E’ bellissimo come l’illuminazione si modifica ogni volta che cambia il punto di vista. Quando si inquadra Julia Adams c’è la luce del sole e la situazione sembra pacifica e idilliaca, mentre quando si inquadra Gill-Man c’è una certa oscurità.
Il mostro è incuriosito dalla donna e la segue affascinato ma non si avvicina mai troppo, come se avesse paura di rovinare quel momento magico. Se la si guarda con un minimo di attenzione in questo momento della pellicola, si possono vedere varie implicazioni sessuali, cosa che lo stesso Arnold ha ammesso. Ovviamente il tutto non è mai esplicito ma lo si può intuire molto bene ed è incredibile come questo regista sia riuscito ad aggirare il Codice Hays, che non faceva altro che censurare tutto. In verità mi sono sempre chiesto come la censura abbia approvato il costume da bagno che indossava la Adams. Oggi non è nulla di che, ma per quei tempi era un vestito abbastanza sexy e mi sorprendo che la censura non abbia bombardato il film per questo (per dire, ne La moglie di Frankenstein fecero un casino enorme per la scollatura di Mary Shelley all’inizio della pellicola).
Tornando all’argomento principale, la nuotata in questo senso ricorda una danza di amore e riesce a trasmettere una carica erotica quasi simile a quella del King Kong degli anni ’30.

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Per girare il film si divisero in due troupe. Una andò in Florida per le riprese subacque e per la precisione a Wakalla Springs mentre l’altra stava negli studios dell’Universal. Per il mostro non venne utilizzato un solo attore ma due (più due controfigure per entrambi gli attori). Per le scene con il mostro sulla terraferma utilizzarono Ben Chapman per la sua stazza mentre nelle scene subacque usarono Ricou Browning per le sue doti di nuotatore. Ricou Browning era molto più basso di Chapman ma non fu un problema per niente visto come la prospettiva nel cinema può far sembrare le cose più grandi o più piccole.

Passiamo ora invece alla colonna sonora. Per la colonna sonora si utilizzarono tre compositori (che, se non erro, non furono neanche accreditati): Henry Mancini, Hans J. Salter e Herman Stein. Ognuno di loro era specializzato in certi campi e si divisero i ruoli. Mancini si uccupò della musica leggera e allegra, Stein si occupò dei titoli di testa e di coda e anche delle scene silenziose senza dialoghi (come la scena della nuotata), mentre Salter si occupò dei momenti di tensione e dell’ultima parte della pellicola. Il loro lavoro riuscì ad amalgamarsi alla perfezione senza stonature o cambi improvvisi nella colonna sonora. Da sottolineare come Gill-Man abbia un tema musicale tutto suo che viene ripetuto ogni qualvolta appaia sullo schermo.

E ora passiamo alla parte più interessante della storia ovvero la creazione del costume. Prima di tutto bisogna dire che l’aspetto originale era veramente diverso da quello che conosciamo ora. Ed Mull, l’allora capo della Universal, aveva idee molto differenti. Il mostro doveva assomigliare a un’anguilla, la faccia e la testa non erano ricoperte di branchie e protuberanze ma erano completamente liscie. Il design era molto essenziale e poco dettagliato. Aveva però delle pinne sulla parte posteriore. Realizzarono il costume che però venne scartato quasi subito. L’aspetto del mostro che tutti noi conosciamo fu realizzato da Millicent Patrick, truccatrice (ma anche attrice e specialista negli effetti speciali) che lavorava nell’Universal e che creò molti modelli per vari film. Realizzò lei i disegni per la creatura e partecipò alla campagna pubblicitaria della pellicola. Gill-Man era la creatura dei suoi sogni, l’adorava e quando venne realizzato il costume ne fu veramente contenta, visto che era identico a come l’aveva rappresentato. La cosa brutta è che ai tempi fu Bud Westmore a prendersi il merito per il mostro. Westmore era il capo truccatore della Universal e non solo si prese il merito per il design della creatura ma si prese anche quello di Jack Kevan, che dall’inizio alla fine lavorò a tutte le parti del corpo di Gill-Man. Molti si lamentarono per questo comportamento ma alla fine il tempo diede ragione a Millicent Patrick, che venne riconosciuta come la vera creatrice del mostro e infatti in rete potete trovare tantissime foto di lei mentre disegna Gill-Man o mentre si trova davanti al costume. E di ciò non posso che esserne felice.

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Il mostro della laguna nera è un classico senza tempo che riesce a essere moderno anche oggi e ci mostra una creatura piena di umanità con cui riusciamo in certi momenti perfino a empatizzare. E’ un film con tematiche attuali che riesce a narrare una storia più profonda di quel che sembra grazie alla sottigliezza e alla bravura di Jack Arnold.

Con questo si conclude il ciclo dedicato ai mostri dell’Universal. Probabilmente di tanto in tanto parlerò anche dei seguiti che ebbero queste pellicole e di altri film “minori” con mostri sempre della Universal, ma per il momento mi concentrerò su altro.

Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!

[The Butcher]

21 pensieri riguardo “Il mostro della laguna nera

  1. Non so se te l’ho mai detto, Butcher, ma io ho da sempre una vera e propria venerazione per Jack Arnold, a giusta ragione definito da qualsiasi cinefilo come il James Whale degli anni ’50, da cui ha veramente preso con grande maestria il testimone, nella continuazione della gloriosa storia dei mostri della Universal!

    Al ritmo medio di due film all’anno, Arnold è stato per me il campione assoluto dell’horror e della fantascienza di quello straordinario decennio, ma anche se non riuscirei a scartarne nessuno dei suoi film (almeno di quelli precedenti agli anni ’60), è indubbio che quel Creature from the Black Lagoon da te recensito sia il suo capolavoro, come un apice raggiunto già all’inizio della sua carriera, imitatissimo e citatissimo da tanto cinema fantastico anche contemporaneo.

    Hai scritto un pezzo davvero bello, appassionato e zeppo di informazioni utilissime per capire la pienezza dell’operazione fatta a suo tempo, per un film che si fa fatica ad etichettare come Serie B, fatto salvo che alcuni dei migliori lavori cinematografici in campo horror e fantastico siano decisamente dei b-movies

    Quando a suo tempo ho visto apparire suo Reader di WordPress il tuo articolo, sono andato a prendermi dalla biblioteca il mio Boxset da 7 bluray della Universal in versione italiana (quello che contiene Dracula, Frankenstein, Bride of Frankenstein, The Wolf Man, The Mummy, The Invisible Man ed ovviamente il nostro film) e me lo sono rivisto…

    Che spettacolo, ci sarebbe così tanto da dire…

    1. Una volta mi avevi detto di apprezzare tantissimo Jack Arnold e i suoi lavori. E sinceramente lo ammiro tanto anch’io. Un giorno mi piacerebbe tanto dedicare un mese a parlare solo dei suoi lavori come sto facendo adesso per il tema dell’acqua. Sarebbe anche la scusa ideale per riguardare tutti i suoi film.

    1. Non importa il budget, conta l’idea e chi ci lavora. E se il regista è veramente bravo si possono ottenere lavori stupendi. Guarda One Cut of the Dead per esempio. Costato una miseria è un film di metacinema divertente e intelligente.

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